Secondo l’indagine dell’Associazione Luca Coscioni, nei Comuni si è registrato un +52,5% nel 2023 rispetto al 2022. Per Uaar (Unione degli atei e degli agnostici razionalisti), la maggior parte degli uffici di stato civile non ha trasmesso alla Banca dati le Disposizioni anticipate di trattamento (Dat) depositate dai cittadini, nonostante ciò sia un preciso dovere e obbligo di legge
Grazie alle battaglie dell’Associazione Luca Coscioni, il 14 dicembre 2017, in Italia è stata approvata la legge che dà valore legale al testamento biologico. Le Dat, Disposizioni anticipate di trattamento, dette anche testamento biologico, sono dunque normate dalla legge e possono essere depositate presso l’ufficio di stato civile del Comune di residenza.
Il Dm 168/2019 del ministro della Salute ha reso operativa la Banca dati nazionale delle Dat per renderle fruibili al personale medico che abbia in cura pazienti non in grado di esprimersi perché, ad esempio, versano in stato vegetativo persistente. Secondo Uaar, “Unione degli atei e degli agnostici razionalisti”, la maggior parte degli uffici di stato civile non ha, però, trasmesso alla Banca dati le Dat depositate dai cittadini, nonostante ciò sia «un loro preciso dovere e un obbligo di legge».
Indagine dell’Osservatorio Dat
Per l’indagine dell’osservatorio Dat dell’associazione Luca Coscioni, presentata a luglio 2024, è «positivo l’aumento del 52 per cento delle nuove Dat depositate nel 2023 rispetto al 2022. Un dato che si deve a chi continua a fare iniziativa politica e informazione a livello locale su questo strumento. Ma a livello istituzionale non è mai stata condotta alcuna campagna informativa sul tema e anche in questo caso, come già accade in tema di morte volontaria medicalmente assistita, tocca a un’associazione sostituirsi allo stato nel garantire alla popolazione diritti civili fondamentali».
Anche al numero bianco dell’Associazione Luca Coscioni, infatti, si è visto un aumento delle richieste di informazioni sul fine vita: negli ultimi 12 mesi sono arrivate 15.559 richieste di informazioni, con una media di 43 richieste al giorno e un aumento del 28 per cento rispetto al 2022. Particolarmente gravi, secondo l’associazione, sono i dati che «abbiamo ottenuto circa il mancato inserimento delle Dat nella Banca dati nazionale. A una persona su dieci tra quelle che hanno depositato le Dat, senza l’inserimento non è garantito il rapido rispetto delle proprie volontà. Un malfunzionamento dovuto alla mancata formazione del personale da parte dei ministeri competenti».
Che fine hanno fatto le disposizioni anticipate di trattamento?
Adele Orioli, responsabile iniziative legali per Uaar, spiega a Domani: «Chi ha provveduto a depositare, anche prima della legge sul testamento biologico, presso il proprio comune le disposizioni anticipate di trattamento (Dat), si è reso conto che queste ultime non risultavano più da nessuna parte e che, spesso, i comuni sono del tutto inadempienti non solo nel registrarle ma perfino nel predisporre la banca dati che ormai dovrebbe essere dovuta, per legge».
Dal punto di vista di cittadine e cittadini, spiega Orioli, è molto complesso capire come fare per poter rivendicare questo diritto, a fronte della mancata registrazione delle proprie volontà, tramite Dat: «Se ci troviamo a pensare che l’unico modo di avere delle Dat efficaci sia quello di depositarle da un notaio, è evidente che non sia un diritto garantito ma un diritto solo per ricchi», mentre dovrebbe essere a disposizione di tutte le cittadine e i cittadini.
Proprio per questo, Uaar ha lanciato la campagna “Che fine hanno fatto le nostre Dat?”, per «invogliare la cittadinanza che aveva già provveduto a depositarle, a verificarne la loro attuale sussistenza. In molti casi non c’è neanche un registro e abbiamo verificato discrasie tra il numero delle Dat depositate e le persone che avrebbero dovuto risultare».
Uaar, dunque, sta cercando di iniziare un censimento per «rendersi conto della gravità del fenomeno» e, continua Orioli, «stiamo studiando l’idea di un'iniziativa legale sul punto, perché ci sembra molto grave una inadempienza totale delle disposizioni di legge».
Disposizioni mediche e fine vita
In tema di fine vita, afferma Orioli, in Italia «già non siamo avanzatissimi. Quel poco che è riconosciuto da una legge, ci sembra il minimo che venga garantito».
Secondo Uaar c’è bisogno di una ricognizione seria ed efficace della funzionalità, comune per comune, di questa banca dati; che avrebbe già dovuto essere completamente operativa. Come spiega Orioli a Domani, però, «questo è un governo che ci ha messo dieci mesi per rilasciare il report sui dati dell’applicazione della 194. Non sappiamo quanto, su questi temi, possa davvero essere sensibile».
Uaar, nell’avviare la campagna, chiede alla cittadinanza di segnalare, tramite il sito internet, la mancanza delle proprie Dat «e di segnalarlo anche allo stesso Comune, tramite l’Ufficio relazioni con il pubblico, via email».
Le Dat sono una guida importante sia per il personale medico che per i propri familiari, in termini di volontà a cui ottemperare: «Sono varie le disposizioni in tema di cure mediche che si intendono accettare o rifiutare, sulla donazione degli organi, il rifiuto dell’accanimento terapeutico e così via».
Un medico, dunque, dovrebbe essere informato sulle volontà dei pazienti, e «dovrebbe trovare la Dat caricate all’interno del fascicolo sanitario elettronico ma, finora, nei casi che abbiamo verificato noi, questo non sussiste: delle persone che ci hanno contattato, 60 non trovano le Dat: il 45 per cento del totale verificato da Uaar, tramite le segnalazioni dei cittadini».
Foia al ministero della Salute
Massimo Maiurana, responsabile della campagna, afferma a Domani che Uaar ha eseguito un accesso agli atti al ministero della Salute quattro mesi fa, domandando quante Dat ci fossero in banca dati: «Dalla risposta del ministero emerge che le Dat depositate fino a quel momento in tutta Italia erano 367.586. La maggior parte di queste sono trasmesse dai comuni ma ce ne sono tante anche arrivate per altre vie, immagino principalmente dai notai, tant'è che ci sono diversi comuni dove risultano trasmesse più Dat di quelle che i comuni hanno dichiarato di aver trasmesso».
Ben 2300 comuni su 7896, in larga parte del Sud, «non risultano proprio in banca dati nonostante molti dei loro uffici di stato civile abbiano dichiarato di averne ricevute, e anche parecchie: spiccano i comuni di Gela (Caltanissetta) con ben 508 Dat ricevute dal comune e Pozzuoli (Napoli) con 340 Dat ricevute. 3559 sono i comuni per cui risultano in banca dati più Dat di quelle che il comune ha dichiarato di aver ricevuto».
Per l’Unione degli atei e degli agnostici razionalisti, dunque, è necessario «verificare se le nostre Dat siano realmente presenti nella Banca dati e, qualora non lo fossero, è necessario chiedere ai nostri amministratori perché ciò non sia stato fatto. Perché non abbiano ottemperato a quanto la legge chiede loro di fare. Solo così potremo garantire i nostri diritti e rendere realmente funzionale l’intero sistema: facendoci sentire, spargendo la voce, incalzando i nostri amministratori e sensibilizzando l’opinione pubblica in generale. Per essere realmente e completamente libere e liberi di scegliere».
© Riproduzione riservata