Anche lo jamón iberico de bellota, prodotto di punta nel mondo dei prosciutti crudi, patisce gli effetti del cambiamento climatico: querce sempre più secche possono faticare a produrre ghiande sufficienti per i maiali, a tutto vantaggio degli allevamenti intensivi dove i suini vengono nutriti con i mangimi. «Se dovesse continuare questa situazione, c’è il rischio di estinzione» racconta Rafael Muñoz, veterinario e titolare di un’azienda di allevamento in Andalusia
Anche il prosciutto può soffrire il cambiamento climatico. Lo jamón iberico de bellota, conosciuto in Italia come “pata negra”, per via dello zoccolo nero dei suini iberici, è uno dei prosciutti crudi più apprezzati al mondo e ha quotazioni che possono raggiungere cifre molto alte a seconda della stagionatura, che può durare anche diversi anni. Lo jamón iberico viene prodotto in diverse zone della Spagna, ma le più rinomate sono la provincia di Salamanca, in particolare Guijuelo, Extremadura e Andalusia, soprattutto la località di Jabugo.
Le regole da seguire per l’allevamento di un suino sono molto rigide e riguardano soprattutto la sua alimentazione, fatta di ghiande ma anche di erba: un’eventuale mancanza può incidere nella produzione. «Il nostro bestiame vive liberamente in un ecosistema naturale chiamato dehesa, presente in tutto il sud-ovest della penisola iberica. Il pascolo è un bosco di lecci e sughere con abbondante erba e ghiande. Il maiale 100 per cento iberico vive in libertà dai 4 mesi di età fino alla maturità a 20-22 mesi, in uno spazio di minimo 20 mila metri quadri, che viene allargato a 60 mila quando la montañera, la raccolta delle ghiande, non è particolarmente fruttuosa» racconta Maria Castro Bermudez, responsabile della comunicazione di Cinco Jotas, uno dei marchi più noti di prosciutto iberico che ha sede proprio a Jabugo.
La possibilità di allargare il campo da pascolare a disposizione del maiale è una fortuna che non tutti hanno. «In questa stagione a causa della grave siccità che stiamo subendo, conseguenza diretta del cambiamento climatico, stiamo producendo meno della metà dei maiali che solitamente produciamo. Le querce rischiano di essere prosciugate e sia loro che il maiale iberico che si ciba di ghiande sono in pericolo di estinzione» dice Rafael Muñoz, veterinario, titolare dell’azienda Mio 1898 in Andalusia, e premiato come “Miglior giovane allevatore sostenibile” nel 2018.
«Il risultato può variare da annata ad annata: il bilanciamento tra erba e ghiande è fondamentale. L’erba, che fornisce antiossidanti nel grasso, è fondamentale perché permette stagionature lunghe e il maiale non può mangiare solo ghiande, un alimento iperproteico. Se manca uno dei due elementi si rischia di avere un prodotto totalmente squilibrato» dice Mirko Giannella, uno dei cortador de jamón (espressione che indica i “tagliatori di prosciutto”) più apprezzati a livello internazionale e titolare della Jamón Experience a San Cesareo, nei Castelli Romani.
La produzione
Lo jamón iberico viene prodotto dalle cosce posteriori dei maiali, lì dove si accumula la maggior parte del grasso intramuscolare, che deriva dall’acido oleico assunto con le ghiande. «La differenza negli allevamenti la dà proprio l’alimentazione: i maiali da ingrasso vivono in un metro quadrato, nutriti con mangimi in una stalla. I maiali che si cibano di ghiande hanno invece a disposizione 10 mila metri quadrati di dehesa all'aperto dove si cibano anche di erba. La qualità dei secondi non è paragonabile ai primi» spiega Muñoz. Le differenze sono presenti anche nella macellazione.
«Dopo il pascolo per 14 mesi e l’ingrasso, che dura circa 3-4 mesi, c’è la macellazione, che per i suini allevati all’esterno avviene solitamente a inizio anno, tra gennaio e febbraio, mentre per quelli nutriti con il cebo, cioè il mangime, avviene in qualsiasi periodo dell’anno» sottolinea Muñoz. Il gusto e la consistenza che si attribuiscono allo jamón iberico, che lo rendono diverso da tutti gli altri prosciutti, sono legati a tutte queste fasi a cui si aggiunge, naturalmente, anche la stagionatura, che può arrivare fino ai 5 anni e avviene in contesti naturali: «Le nostre cantine, quelle dove si svolge l’intero processo produttivo, hanno quasi 150 anni e si trovano a Jabugo (Huelva) nel Parco Naturale di Aracena e Picos de Aroche. È un'area naturale circondata da pascoli secolari con un microclima unico che permette di mantenere le ancestrali cantine naturali» racconta Castro Bermudez.
Accanto alla produzione sono presenti, inoltre, una serie di professioni e ruoli, il cui valore è molto diverso tra la Spagna e l’Italia. «Qui si vede come un lavoro secondario, un modo per arrotondare; lì invece ha tutta un’altra visione, anche se soltanto quest’anno è stata ufficialmente riconosciuta come professione. Tagliare in modo professionale lo jamón iberico è un aspetto fondamentale: in questo modo non perde nemmeno un dettaglio del suo repertorio organolettico» sottolinea Giannella. Saper trattare lo jamón iberico significa anche comprenderne le diverse proprietà. «L’alimentazione dà un gusto diverso: un jamón de cebo è differente da uno de bellota. Nel primo si apprezza certamente l’infiltrazione di grasso, con note non molto forti e un gusto uniforme, mentre nel secondo si avvertono toni più intensi, che però variano a seconda anche della zona di produzione» dice Giannella.
Il problema
La differenza non è casuale e dice molto anche di quello che potrebbe essere il futuro di tutto lo jamón iberico. «Abbiamo molti allevatori che collaborano, distribuiti in tutto il sud-ovest della penisola. Nei pascoli dove c’è una produzione di ghiande peggiore a causa delle condizioni meteorologiche, il nostro team agricolo aiuta a ridurre il carico di bestiame ampliando la superficie in cui vive l'animale» sottolinea Castro Bermudez che evidenzia, inoltre, gli effetti del cambiamento climatico sull’allevamento di suini.
«La siccità degli ultimi anni ha avuto un impatto su tutti gli ecosistemi naturali, compresa la dehesa. Il pascolo è una massa forestale naturale dove la copertura di alberi e arbusti è stata ridotta per garantire l'abbondanza di pascoli naturali per l'allevamento di maiali iberici al 100 per cento. Poiché non si tratta di colture, la quantità di ghiande ed erba disponibile per l'allevamento di suini è determinata dalle condizioni meteorologiche».
Un fattore di cui è consapevole anche Muñoz. «Ci sono altre zone produttrici che hanno più varietà di ghiande, nel mio caso c'è una quantità molto limitata disponibile per ingrassare i maiali». Ma cosa potrebbe succedere se l’assenza di ghiande dovesse protrarsi? Per Muñoz non ci sono dubbi. «È probabile che lo jamón de bellota, il più pregiato, si riduca e diventi sempre più difficile da trovare. I maiali allevati con il cebo, però, continueranno ad esserci e non è difficile immaginare che molti consumatori continueranno a consumare jamón iberico pensando a un prodotto di qualità quando in realtà non sarà così».
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