Il colosso internazionale Unilever ha deciso di fare a meno di un terzo dei dipendenti della propria sede romana. I tagli sono stati comunicati a inizio settembre e fanno parte di in un piano internazionale di riduzione del personale che preoccupa dipendenti e sindacati nel silenzio della politica.

I tagli

I lavoratori coinvolti sono oltre 3mila in Europa e 143 in Italia, tutti a Roma. Un taglio che non ha alcuna giustificazione produttiva, accusano i sindacati. «Prima dell’estate abbiamo appreso dei piani dell’azienda dalla stampa internazionale, ma mai avremmo pensato a una procedura di questo tipo», dice Stefano Morea, segretario generale di Flai-Cgil Roma e Lazio.

«Eravamo certi – spiega Morea – che il piano annunciato dalla società avrebbe avuto una ripercussione nel nostro paese, ma non di questa portata». Perderebbero il lavoro un terzo dei 473 dipendenti della sede di Roma. «Numeri inaccettabili», accusa Morea.

Unilever ha spiegato gli esuberi con la «complessità dello scenario socio-economico a livello europeo e la crescente competizione sui mercati locali ed internazionali», con il mancato rispetto delle previsioni del piano di business 2023/2026.

Algida addio?

Univeler, tra i gruppi più grandi al mondo nei prodotti di largo consumo per la cura della casa e della persona, è presente anche nell’alimentare. Nella primavera scorsa la multinazionale britannica ha separato dal resto delle attività il settore ice-cream, che vale quasi 8 miliardi di euro di ricavi annui. Secondo molti analisti il riassetto sarebbe il preludio a una vendita del business dei gelati, una vendita che coinvolgerebbe anche il nostro paese, dove la multinazionale possiede tra l’altro il marchio Algida. In Italia, Unilever ha circa 3.500 dipendenti, con uffici e stabilimenti, oltre alla sede di Roma, anche a Milano e Casalpusterlengo in Lombardia, a Caivano in Campania, a Mappano in Piemonte e a Pozzilli nel Molise.

Nelle prossime settimane entrerà nel vivo la trattativa tra azienda e sindacati. Le prime comunicazioni della società elencano le posizioni in cui si concentreranno i tagli, che i sindacati proveranno a ridurre tenendo conto dell’anzianità e del carico familiare. L’obiettivo è allontanare il rischio licenziamenti e favorire uscite incentivate. «Siamo alle prime battute, superati i 45 giorni ci sarà l’interessamento della regione Lazio come prevede la legge, al momento non c’è stata alcuna richiesta di intervento da parte della politica», conclude Morea. Intanto i sindacati hanno proclamato lo stato di agitazione per rispondere a una strategia aziendale che va inserita in un contesto globale che vede in questi ultimi mesi un netto cambio di strategia della multinazionale.

Chi ci guadagna

Le grandi manovre ai vertici di Unilever hanno preso ufficialmente il via nel marzo scorso quando il gruppo, che ha chiuso il 2023 con quasi 60 miliardi di giro d’affari, ha annunciato una ristrutturazione delle proprie attività che prevede 7.500 esuberi, su una forza lavoro di 128mila persone in tutto il mondo. A luglio, come detto, l’azienda ha comunicato che in Europa i tagli riguarderanno 3.200 lavoratori.

La riduzione di personale fa parte di un piano messo a punto dal ceo Hein Schumacher, al timone del gruppo dall’estate dello scorso anno. Messo sotto pressione dagli azionisti per via dei conti giudicati poco brillanti e della quotazione dei titoli fiacca, Schumacher punta a concentrare gli investimenti sui marchi più profittevoli del gigantesco portafoglio di Unilever, che spazia dalla cura della persona (Dove, Rexona, per citare due tra i più noti) e della casa (Cif) all’alimentare (Knorr). La possibile vendita dell’intera divisione gelati sarebbe un primo passo in questa direzione. Sarebbe in dirittura d’arrivo, dopo oltre due anni dall’annuncio delle sanzioni, anche la cessione delle attività in Russia, dove il gruppo ha raggiunto un accordo con un investitore locale.

Nel primo semestre dell’anno Unilever ha presentato conti con utili di 4 miliardi di euro in crescita del 3,5 per cento rispetto ai primi sei mesi del 2023. In Borsa invece è bastato l’annuncio della ristrutturazione per far partire al rialzo i titoli. Dal 19 marzo scorso, quando è stata pubblicata la notizia del riassetto, la quotazione di Unilever ha guadagnato quasi il 30 per cento, mentre l’indice del listino londinese è salito del 5 per cento. Ne ha approfittato il finanziere Nelson Peltz, che con il suo Trian Fund un paio di anni fa ha preso posizione nel capitale della multinazionale con una quota dell’1,5 per cento, facendo pressioni sul management per un riassetto delle attività. Tra il 9 e il 13 agosto scorsi Peltz, che nel frattempo è anche entrato nel board del gruppo, ha venduto titoli Unilever per un valore di 215 milioni di euro, con un guadagno stimato in oltre 50 milioni di euro.

© Riproduzione riservata