Prima il ricorso al tribunale amministrativo, poi l’esposto in procura a Roma. E adesso, dopo le rivelazioni di Domani, il sospetto di plurimi conflitti di interessi all’ombra del ministero delle Imprese e del Made in Italy guidato da Adolfo Urso.

La nostra inchiesta ha svelato le pressioni di Urso sui tre commissari incaricati di gestire l’amministrazione straordinaria di Condotte d’acqua e infine la loro sostituzione, il 6 settembre scorso, con una nuova terna di professionisti. Pressioni che comprendono anche una mail con cui Elisa Lo Monaco, dirigente del ministero, chiedeva ai commissari di prendere in considerazione la candidatura come perito di Ignazio Pellecchia che “si ritiene – si legge – possa essere idoneo all’incarico”. In un’altra mail Lo Monaco suggerisce tre società di consulenza: Steer Davbies & Gleave, Mott Mc Donald e Clifford Chance. Alle mail i commissari hanno risposto ricordando che la gara per l’affidamento delle perizie si era già svolta nel rispetto delle norme in materia.

La terna dei nuovi professionisti a capo della gestione commissariale comprende anche Francesco Paolo Bello, un avvocato che vanta un consolidato rapporto d’affari e di amicizia personale con il ministro delle Imprese. Al nostro articolo, Urso ha reagito con una nota del suo ministero: parla di tentativo di “intimidire” l’azione di governo, e minaccia azioni legali contro gli autori dell’articolo e contro il giornale colpevoli di aver pubblicato la registrazione della riunione al ministero in cui Urso affrontava la terna commissariale. La nota del ministero, però, non smentisce nulla di quanto pubblicato.

Renzi all’attacco

Tra sospetti e dubbi alimentati dai documenti citati nell’inchiesta di Domani, un fatto appare fin d’ora evidente: il fedelissimo della premier Giorgia Meloni si è esposto di persona in una vicenda dagli esiti per lui imprevedibili, a maggior ragione dopo che nei giorni scorsi il Tar e poi il Consiglio di Stato, in attesa di pronunciarsi nel merito, hanno accolto il ricorso d’urgenza presentato da Giovanni Bruno, messo alla porta dal ministro insieme agli altri commissari Gianluca Piredda e Matteo Uggetti.

Sulla vicenda è intervenuto via social Matteo Renzi che su X ha scritto di “strani commissariamenti al ministero di Urso”.

Un affondo che è già preso la forma di un’interrogazione parlamentare sul caso da parte di Italia Viva a firma di Ivan Scalfarotto. Lo scontro sull’amministrazione straordinaria di Condotte, uno dei colossi nazionali delle costruzioni prima della crisi di sei anni fa, si è consumata sul prezzo di vendita della quota del 15 per cento in Eurolink, la società che dovrà costruire il Ponte sullo Stretto di Messina. A fine marzo del 2023 quel 15 per cento è stato ceduto dai commissari alla holding Tiberiade, dell’immobiliarista romano Walter Mainetti. Urso ha deciso di allontanare per decreto i commissari in ragione, come ha dichiarato a questo giornale, della «scarsa diligenza dimostrata nella gestione della vendita della quota in Eurolink».

Non solo Condotte

La chiamata del ministero non era esattamente una novità per Bello. Negli ultimi sei mesi, per tre volte il Mimit guidato da Urso ha scelto Bello per incarichi al vertice di grandi imprese in crisi. Oltre a quella più recente che riguarda Condotte, c’è la nomina a commissario dell’azienda bolognese La Perla, a cui fa capo l’omonimo marchio di abbigliamento intimo. Risale a marzo invece l’ingresso di Bello nella terna di professionisti che fanno parte del comitato di sorveglianza di IT Holding, un altro gruppo commissariato.

Tre incarichi in pochi mesi, quindi. Un salto di qualità per Bello, professionista di grande esperienza che però finora non era mai approdato al vertice di un’azienda commissariata. «Lo conosco da tempo e lo stimo per la sua professionalità e dirittura morale», ha dichiarato Urso interpellato da Domani sui suoi rapporti con Bello. In effetti, negli ultimi vent’anni il percorso professionale del neo commissario di Condotte ha più volte incrociato quello del fedelissimo di Giorgia Meloni.

Bello, 49 anni, origini pugliesi, console onorario dell’Eritrea, nel 2005 e il 2006 ha esordito a Roma come “consigliere giuridico” del ministero delle Attività produttive, presso la direzione generale per l’internazionalizzazione delle imprese. Il viceministro del governo Berlusconi con delega al commercio estero era proprio Urso.

Il rapporto tra i due amici si è consolidato negli anni in cui il futuro ministro era ancora alla guida della società di consulenza di famiglia, la Italy World Services (Iws) controllata insieme al figlio Pietro. Risulta a Domani, infatti, che già una dozzina di anni fa Bello ha avuto rapporti con la società di Urso. Interpellato a questo proposito, Bello ha preferito non commentare. Un collega che lo stima spiega che l’avvocato pugliese «in virtù dell’amicizia che lo legava agli Urso potrebbe aver svolto un supporto legale, ma in amicizia».

Oggi il capitale di Iws è intestato per intero al figlio del ministro, che è anche presidente del consiglio di amministrazione. In passato la Iws di Urso ha goduto di buone entrature per portare il Made in Italy in Iran. E anche l’avvocato Bello conosce bene il paese degli ayatollah: nel 2015 è volato a Teheran in compagnia di un gruppo di professionisti per sondare le nuove opportunità per le imprese italiane. Erano gli anni in cui Iws puntava sullo stato islamico, tanto che aveva aperto persino una sede nella capitale iraniana. Nel 2015, lo studio legale Polis di Bello ha organizzato insieme alla società degli Urso un convegno a Bari dal titolo “Le nuove rotte del Levante”. Presente Urso senior, Bello ha moderato un panel con imprenditori e manager pubblici.

Da allora la carriera del professionista pugliese ha preso il volo. Nel 2019 è diventato partner di Deloitte Legal Italia, a capo del dipartimento che si occupa di vertenze amministrative. Proprio come quella che ora Urso è chiamato ad affrontare per giustificare la revoca dei tre commissari di Condotte. Un decreto del ministro che ha aperto le porte alla nomina del suo amico Bello.

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