Per l’Oms è una «emergenza sanitaria globale». Era già successo nel 2022, ma poi l’epidemia declinò. Ora un nuovo ceppo spaventa, ma quanto dobbiamo preoccuparci? È impossibile che il virus provochi una pandemia come quella del Covid-19. Ecco perché
Il 14 agosto, al termine della riunione del Comitato di emergenza dell’Organizzazione mondiale della sanità, il direttore generale dell’Oms Tedros Adhanom Ghebreyesus ha dichiarato che “Mpox” – acronimo che sta per Monkey Pox, cioè vaiolo delle scimmie - è una «emergenza sanitaria di preoccupazione internazionale», ovvero un “Public health emergency of international concern”, il grado più alto di allarme diramato dall’agenzia.
«L’emergere di un nuovo clade di Mpox, la sua rapida diffusione nella zona est della Repubblica democratica del Congo e i casi riportati in svariate nazioni vicine sono molto preoccupanti», ha spiegato Ghebreyesus, invitando i paesi del mondo ad adottare immediatamente misure di sicurezza per contenere l’epidemia.
il precedente
L’Oms aveva dichiarato il vaiolo delle scimmie una emergenza sanitaria internazionale già nel luglio del 2022, perché in quell’anno sempre in Congo era scoppiato un focolaio della malattia che si era diffuso prima nei paesi confinanti - con oltre 20mila persone infette - e poi in 111 altri paesi del mondo – in Europa, in Asia e in America.
Alla fine, i casi segnalati erano stati oltre 87.500, dei quali poco più di 400 in Italia. Quasi tutti gli individui infettati erano di sesso maschile. Nel mondo si erano contate 141 vittime. Tenendo conto del fatto che nei decenni precedenti in tutto il mondo si erano verificati sì e no una ventina di casi in totale, la situazione era allarmante. Ma per fortuna l’epidemia declinò e a maggio 2023 l’Oms dichiarò la fine dell’emergenza sanitaria globale.
Il nuovo ceppo e il nome corretto
Dall’inizio di quest’anno, l’epidemia di vaiolo delle scimmie è esplosa di nuovo, sempre a partire dal Congo, alimentata da un nuovo ceppo di virus. Solo nel 2024 nei paesi africani si sono contati più di 15.600 casi, con 573 morti, un tasso di letalità dieci volte più elevato rispetto al focolaio del 2022.
Il vaiolo delle scimmie si chiama così perché fu per la prima volta identificato nel 1958 in alcuni esemplari di scimmie da laboratorio, ma sarebbe più giusto chiamarlo “vaiolo dei roditori”, perché in natura gli ospiti più frequenti del virus sono alcuni roditori – scoiattoli, ratti, ghiri - dell’Africa centrale e orientale. La stessa Oms consiglia di utilizzare il termine Mpox, visto che "vaiolo delle scimmie" viene considerata un’espressione potenzialmente stigmatizzante e fuorviante.
Il virus si trasmette più di frequente da animale ad animale, molto raramente dall’animale all’uomo e ancor più raramente da uomo a uomo. Nell’uomo provoca una malattia che può essere grave: dopo un tempo di incubazione che può andare dai 6 ai 14 giorni, si manifesta con sintomi generali quali febbre, dolori muscolari, stanchezza, ingrossamento dei linfonodi e soprattutto provoca la comparsa di lesioni cutanee che hanno l’aspetto di vescicole simili a quelle del vaiolo, spesso localizzate sulle mani, nelle zone genitali o intorno all’ano.
Queste lesioni cutanee hanno un’evoluzione caratteristica: all’inizio si forma una vescicola ripiena di liquido sieroso, che poi diventa pus, quindi si forma una crosta, che infine cade.
Come detto, il contagio da uomo a uomo è raro. Il virus del vaiolo delle scimmie si trasmette per contatto diretto, cioè un essere umano per contagiarsi deve entrare in contatto con i liquidi corporei che contengono il virus - come la saliva, il muco nasale, lo sperma o il siero delle vescicole di un infetto. Quindi, un individuo si contagia toccando la pelle di un altro individuo malato, più spesso durante un rapporto sessuale, o manipolando oggetti - vestiti, asciugamani o lenzuola - infetti.
Del vaiolo delle scimmie si conoscono due “clade”, cioè due ceppi: il clade I, detto anche CB – che sta per Congo Basin, cioè Bacino del Congo - è assai letale e può uccidere tra il 3 ed il 5 per cento delle persone che colpisce; il clade II, detto anche WA - che sta per West Africa, cioè dell’Africa occidentale – provoca una malattia più lieve, letale in meno dell’1 per cento dei casi e che in genere guarisce spontaneamente nel giro di poche settimane.
L’epidemia del 2022 era stata alimentata da un virus del clade II, meno aggressivo. Il 99 per cento dei contagiati erano individui di sesso maschile e il 98 per cento erano MSM, ovvero “Men who have sex with men”, cioè uomini che avevano rapporti sessuali con altri uomini. Per esempio, il primo focolaio rilevato in Spagna era costituito da MSM o persone transgender che frequentavano una sauna di Madrid e che poi avevano partecipato a un gay pride alle isole Canarie; in Belgio, molti casi erano legati a un festival gay che si era tenuto ad Anversa.
Il Mpox che si sta diffondendo quest’anno, invece, appartiene al clade I, ed è più contagioso e letale. Un gruppo di scienziati internazionali – che fanno parte delle università del Congo, del Canada e degli Usa – ha studiato il virus responsabile dell’epidemia ora in corso pubblicando i risultati in un articolo comparso sulla rivista Nature Medicine, dal titolo “Una prolungata epidemia umana di un nuovo virus Mpox del clade I nella regione est della Repubblica democratica del Congo”.
Gli studiosi hanno scoperto che questo nuovo virus Mpox appartiene al clade I, ma possiede due nuove mutazioni nel suo Dna che hanno modificato le sue proprietà (per questo sostengono che appartenga ad un nuovo sotto-clade del virus, che hanno denominato IB): ha una mutazione del gene APOBEC3F, presente in tutti i Mpox che si trasmettono più facilmente da uomo a uomo; e una grossa delezione di circa 1Kb - cioè rispetto al virus originario gli manca un tratto di DNA lungo circa 1000 basi, i mattoncini che lo costituiscono.
Il rischio contagio
Gli scienziati ipotizzano che la prima mutazione abbia reso il virus molto più contagioso, facilitando la trasmissione da uomo a uomo e rendendola più rapida. Quasi tutti gli infetti in Africa sono giovani di vent’anni o poco più, colpisce in eguale misura uomini e donne - le donne rappresentano il 51 per cento dei casi, e di loro il 29 per cento sono prostitute - il che suggerisce un ruolo predominante della trasmissione per via sessuale. La seconda mutazione è probabilmente alla base dell’aumentata letalità del nuovo virus.
Ci dobbiamo preoccupare? Il vaiolo delle scimmie sarà la nuova pandemia globale? La risposta a entrambe le domande è no, non ci dobbiamo preoccupare, anche se questo nuovo virus è da tenere sotto controllo. Intanto, il 15 agosto è stato segnalato il primo caso di Mpox di clade I al di fuori dell’Africa: «Si tratta di una persona che si è infettata durante un soggiorno in una delle zone dell’Africa dove vi è un vasto focolaio della malattia», hanno dichiarato le autorità del paese.
«Il virus del vaiolo delle scimmie non è neanche lontanamente paragonabile al SARS-CoV-2, responsabile della pandemia di Covid-19», ha affermato Jay Hooper, virologo del Centro ricerche malattie infettive dell’esercito americano di Ford Derrick, nel Maryland. A differenza del SARS-CoV-2, che si diffonde attraverso le minuscole, invisibili goccioline emesse dai malati ma anche da portatori asintomatici, il virus del vaiolo delle scimmie si trasmette solo per contatto ravvicinato e diretto, cioè un essere umano per contagiarsi deve toccare le lesioni o i liquidi corporei di un infetto, e difficilmente le lesioni di un infetto da vaiolo delle scimmie passano inosservate.
«Ciò significa che una persona infetta dal vaiolo delle scimmie probabilmente infetterà molti meno individui di qualcuno infettato dal SARS-CoV-2», spiega Hooper. E se anche ci infettassimo, contro il vaiolo delle scimmie abbiamo già a disposizione farmaci e vaccini efficacissimi.
I vaccini contro il vaiolo umano di terza generazione - basati su un virus MVA-BN non replicante – proteggono in maniera efficace anche contro l’Mpox della nuova clade IB. La vaccinazione antivaiolosa di vecchio tipo non conferisce un’immunità sicura contro il virus Mpox, quindi chi è stato vaccinato anni fa ma è a rischio, per stare sicuro, dovrebbe vaccinarsi di nuovo.
Invece, chi non è stato vaccinato in passato dovrebbe fare due dosi a distanza di un mese. In questo modo, il vaccino è immunogeno, protettivo e sicuro. Quindi, nessuna paura.
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