Pileri, uno dei soci di Tommaso Verdini, è stato in società fino a ottobre con il figlio dell’ex terrorista nero. La fidanzata del ministro ha venduto le sue quote della Inver pochi giorni prima dell’inizio delle indagini
In una Lega già scossa da scandali giudiziari o politici recenti, Matteo Salvini ora deve affrontare la tormenta giudiziaria che ha travolto il suocero e il cognato, i Verdini, Denis e Tommaso. Cioè la sua nuova famiglia acquisita per via del fidanzamento con Francesca Verdini.
La questione, tuttavia, non può essere ridotta alla sola parentela del ministro delle Infrastrutture. Va oltre perché l’indagine della procura di Roma e della guardia di finanza punta dritto al comparto delle società di stato controllate dal ministero guidato dal leader leghista.
E, come scoperto da Domani, alcune delle aziende, secondo i pm, favorite dal rapporto con i Verdini hanno ottenuto affidamenti diretti e commesse anche nel periodo in di Salvini alle Infrastrutture. Scavando ancora, inoltre, nella rete societaria sotto inchiesta affiorano collegamenti con aziende di consulenza in cui il socio di Verdini, anche lui indagato, è stato azionista insieme al figlio di Massimo Carminati, l’ex terrorista nero a capo dell’associazione criminale che a colpi di mazzette ha fatto il bello e il cattivo tempo nella Capitale.
L’imbarazzo per Salvini nasce anche dal ruolo del sottosegretario all’Economia, Federico Freni (leghista pure lui), non indagato ma citato ampiamente nelle carte: gli indagati, intercettati, lo definiscono a «disposizione» del gruppo. L’affresco di una Lega avvicinabile dal gruppo di Verdini potrebbe rivelarsi una millanteria, certo. Freni dal canto suo ha precisato di aver «visto alcune di queste persone qualche volta...in ogni caso nessuno mi ha mai formulato richieste inopportune». Ma tant’è.
Il peso politico
Il punto è che ora Salvini dovrà per un attimo pensare meno al Ponte sullo Stretto e capire come uscire dalla strettoia in cui lo hanno spinto il suocero e il cognato. Perché dall’indagine in cui i Verdini sono indagati emerge la capacità di controllare nomine in Anas e Ferrovie dello Stato.
A tal punto da far scrivere al giudice per le indagini preliminari, che ha firmato gli arresti domiciliari per Verdini jr., come il padre Denis sia «in grado di far valere il peso politico sui referenti pubblici di Anas e di attivarsi, al contempo, per garantire a questi ultimi, con reciproca soddisfazione, in termini di adeguati posizionamenti o nuove collocazioni lavorative in concomitanza con lo spoil system attuato con il cambio del governo».
L’esecutivo nell’arco delle indagini è cambiato due volte, nel 2021 con Mario Draghi, nel 2022 con Meloni. La Lega occupava caselle importanti (con Giancarlo Giorgetti e Federico Freni) nel primo e le occupa nel secondo con molti più ministri, tra cui quello delle Infrastrutture da cui dipendono le nomine in Anas e Ferrovie. Ecco perché l’indagine sui Verdini tocca politicamente Salvini.
E per questo le opposizioni vorrebbero andasse a riferire in aula. Federico Cafiero De Raho, 5 stelle ed ex procuratore nazionale antimafia chiede «un’informativa urgente del ministro Salvini per riferire sul sistema di consulenza e appalti pubblici banditi da Anas, indagini che hanno coinvolto Tommaso Verdini. È gravissimo quanto sta accertando la procura di Roma». Anche Angelo Bonelli, Verdi – Sinistra, invita il leader leghista a spiegare al Parlamento. Il Pd con Debora Serracchiani invoca «spiegazioni» per «la necessità di dare trasparenza».
C’è chi parla di questione morale. Altri rilevano l’opportunità politica di condurre il ministero con cui, si scopre, hanno fatto affari i Verdini e gli amici loro. Non è peraltro la prima volta che le attività imprenditoriali dei Verdini creano difficoltà alla Lega: Domani aveva scoperto che la casa di produzione cinematografica della fidanzata del ministro aveva ottenuto affidamenti diretti da Sport e Salute, società controllata dal ministero dell’Economia, ai tempi del governo Draghi con la Lega nell’esecutivo.
Le quote di Francesca
Quella dei Verdini è una storia italiana. L’hanno definita una dinasty fiorentina. Una saga familiare e politica, sempre orientata verso l’orizzonte del potere. Ora dalle carte dell’indagine della procura e della guardia di finanza di Roma quella dinasty assomiglia più a un Sistema, quanto lecito o illecito spetterà ai giudici stabilirlo. Di sicuro emerge l’abilità nel gestire affari, nell’offrire consulenze in cambio di «utilità» e nel mettere a disposizione il proprio capitale relazionale nella politica e nelle istituzioni per ottenere nomine dei manager organici a questo Sistema.
Altrettanto certo è che in casa Verdini i guai giudiziari si tramandano da padre in figlio. Ed è un fatto che nella famiglia del potente Denis, abile tessitore di trame politiche e affaristiche, la cronaca giudiziaria è scritta sui muri della dimora nella quale l’ex senatore, berlusconiano prima e trasversale poi, sta scontando i domiciliari per due condanne definitive. Ai domiciliari ora c’è anche il figlio Tommaso socio della Inver, società di consulenza fondata nel 2017 insieme alla sorella Francesca, fidanzata del leader leghista nonché ministro delle Infrastrutture.
La compagna di Salvini ha venduto il suo 50 per cento di azioni nel luglio 2021, giusto in tempo per schivare la bufera abbattutasi sulla compagine societaria sottoforma di indagine per corruzione. Il periodo in cui Francesca Verdini ha ceduto le quote è lo stesso in cui, secondo i detective della finanza, sono iniziate le fatturazioni delle consulenze agli imprenditori coinvolti nel sistema: «Tra il luglio 2021 e l’aprile del 2023, Inver ha emesso fatture nei confronti degli imprenditori citati per complessivi euro 301.950,00 con la generica causale consulenza», è scritto negli atti dell’inchiesta, che ha quasi 10 indagati, Verdini padre e figlio.
La compagna di Salvini ha venduto le quote Inver per un totale di 2mila euro: il 20 per cento le ha cedute a Francesco Rizzo (imprenditore che uscirà dalla società a maggio 2022), il 20 per cento a Fabio Pileri, e il 10 per cento a Holdver. Quest’ultima è una holding sempre dei fratelli Verdini, costituita a luglio del 2017: dal 2018 detiene una piccola quota di Pastation, il ristorante di famiglia. Infine, Francesca, ad agosto 2021, ha ceduto al fratello Tommaso il 50 per cento delle sue quote in Holdver per 500 euro.
Con l’uscita della donna, in Inver fa il suo ingresso il socio Pileri. Il protagonista insieme a Verdini padre e figlio dell’ultima inchiesta dei pm di Roma. Il “pagamento” dei servizi offerti dai due Verdini e da Pileri sarebbe avvenuto attraverso somme di denaro «camuffate sotto forma di compensi per consulenze fittizie», scrivono i magistrati. E sarebbero state pagate alla Inver, di cui Denis Verdini sarebbe «socio di fatto e artefice delle strategie».
Il figlio di Carminati
Pileri, umbro classe 1977, nel 2022 ha aperto anche un’altra società di consulenza, Pica Consulting. Il socio al 50 per cento era Andrea Carminati, 33 anni, figlio di Massimo, “er Cecato” che dal 2020 sta scontando ai domiciliari i 10 anni di condanna per l’inchiesta “Mondo di mezzo”, che ha travolto il potere romano, con accuse pure di mafia poi cadute negli ultimi due gradi di giudizio. Carminati è un ex dei Nuclei armati rivoluzionari, erede di una storia che affonda le radici nella banda della Magliana e arriva all’oggi segnato da rapporti con i boss della camorra romana.
Il figlio, invece, è incensurato. Lo ritroviamo nella Pica insieme al socio di Verdini. Costituita il 26 gennaio 2022 con un capitale sociale di 100 euro è stata liquidata il 19 ottobre 2022, a pochi giorni dal giuramento del governo Meloni. Carminati jr, un mese prima di aprire la Pica, aveva costituito, sempre dallo stesso notaio, un’altra società di consulenza: la 10 A&C. Capitale sociale di 100 euro, sede ai Parioli. La 10 A&C, ancora attiva, nell’ultimo bilancio ha ricavi per quasi 55mila euro e un utile di quasi 7mila.
Appalti e Infrastrutture
Al di là dei circuiti relazionali del socio di Verdini, l’inchiesta dei detective della finanza si concentra sulla galassia aziendale attorno a Inver. Le indagini hanno documentato che sono quattro gli imprenditori che pagavano la società di Verdini. C’è chi non si fidava di firmare consulenze per «paura dei controlli» e preferiva pagare in nero, come Stefano Cicchiani della Se.Gi. Lui Avrebbe dato alla Inver almeno 500mila euro in diverse tranche e regalato dei lavori a casa di Verdini.
Gli altri, invece, in due anni hanno versato a Inver, circa 300 mila euro. Tutti in cambio, grazie all’intermediazione dei Verdini e di Pileri con gli uomini di Anas, avrebbero ricevuto ricchi appalti: il valore totale delle gare vinte dalle società dei quattro imprenditori supera i 200 milioni di euro. Alcuni di questi affidamenti sono arrivati da Rete Ferroviaria italiana quando Salvini era già ministro: Se.Gi di Cicchiani nel 2023 ha avuto commesse per quasi 3 milioni di euro.
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