La decisione è stata assunta dal tribunale di sorveglianza di Firenze che ha accolto il ricorso della procura generale aggravando la misura degli arresti domiciliari
«La più brutta di tutte è la presenza del babbo a cena, perché questa può creare un problema al babbo grosso, (inc.le) andare in carcere». A parlare così, nell’ottobre 2021, era Tommaso Verdini, figlio di Denis, in passato potente plenipotenziario di Forza Italia e poi stampella politica del governo di Matteo Renzi.
Parole intercettate dagli inquirenti che anticipavano nuovi guai in vista per Verdini senior, già condannato in via definitiva in due processi, all’epoca in detenzione domiciliare e talvolta in libera uscita. Il rischio paventato dal figlio si è materializzato, martedì, con il padre che è tornato in carcere, nell’istituto di pena di Sollicciano.
La decisione è stata assunta dal tribunale di sorveglianza di Firenze che ha accolto il ricorso della procura generale aggravando la misura degli arresti domiciliari. L’ex coordinatore di Forza Italia stava scontando a villa di Pian dei Giullari la condanna definitiva a 6 anni per il crac del Credito cooperativo fiorentino.
A inguaiare il suocero del ministro Matteo Salvini sono state le sue “fughe” romane con tanto di cene alla presenza di imprenditori, politici e affaristi. Incontri che avevano causato due nuovi guai giudiziari a Verdini, un’indagine per evasione, era autorizzato andare a Roma per recarsi dal dentista vista la penuria in Toscana, e un’altra per corruzione dove è indagato insieme al figlio Tommaso, e al socio di quest’ultimo, Fabio Pileri.
A rovinare la serena vita da detenuto domiciliare di Verdini è stata l’indagine per evasione, i cui atti sono stati trasmessi da Roma a Firenze proprio a gennaio azionando la richiesta della procura generale.
I domiciliari
Verdini era finito in carcere nel novembre 2020 per scontare la seconda condanna definitiva. Si era costituito nel carcere di Rebibbia, a Roma, dove era rimasto poche settimane, in tutto meno di novanta giorni perché a gennaio era riuscito a ottenere i domiciliari per motivi di salute, nell’istituto di pena c’era un focolaio Covid.
Una scelta, con pratiche tempestive e veloci, che aveva provocato la reazione della battagliera garante dei detenuti di Roma, Gabriella Stramaccioni, che aveva evidenziato una profonda contraddizione tra il noto detenuto e i poveri Cristi.
«Penso sia giusto che una persona di 70 anni non sconti la sua pena in carcere, ma faccio difficoltà a rispondere ai tanti nella stessa condizione che continuano a rimanere dentro», scriveva la garante, poi non confermata nel suo ruolo per volere del Pd romano.
Poco dopo, in luglio, venivano confermati i domiciliari visto che Verdini aveva compiuto i 70 anni, ma la sua situazione è cambiata quando, durante i permessi per recarsi dal dentista a Roma, si è intrattenuto in alcune cene. Tre sono quelle contestate tra ottobre 2021 e gennaio 2022, con politici, affaristi e imprenditori.
Cene che sono state anche monitorate dalla guardia di Finanza che indagava sulla presunta cricca degli appalti in Anas, indagine per corruzione che ha coinvolto i Verdini. E proprio in una delle intercettazioni, agli atti del fascicolo, Verdini junior palesava il rischio di quelle spericolate evasioni: «Eh si ...è evasione del decreto domiciliare, quella è la cosa».
A quel punto il socio Pileri chiedeva la soluzione per evitare il peggio e il figlio dell’ex senatore forzista rispondeva: «La salvi con la speranza che il pm non faccia richiesta al giudice e che non sia rilevante, però è...abbiamo una bomba esplosa nel cassetto che potrebbe esplodere».
Le cene
Le cene al quale ha partecipato l’ex senatore sono state riportate dalle informative della guardia di Finanza perché d’interesse investigativo. La prima si è svolta a Pastation, il ristorante di famiglia, alla presenza dei due Verdini, l’imprenditore ed ex senatore, Vito Bonsignore, Pileri e l’ex numero uno di Anas, Massimo Simonini, indagato in un filone dell’inchiesta.
Alla seconda cena con i Verdini partecipava anche il sottosegretario, Federico Freni, estraneo all’indagine, ma considerato interlocutore politico della presunta cricca, il leghista è tornato sottosegretario anche nel governo guidato da Giorgia Meloni. Un terzo banchetto vedeva partecipare Bonsignore e Simonini oltre i Verdini e Pileri, cene tra amici che si sono rivelata una ‘bomba’ per il pregiudicato amico di destra e sinistra.
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