Smentita la notizia che aveva placato le polemiche sulla diffusione delle riprese utilizzate per colpire la magistrata del tribunale di Catania Iolanda Apostolico. Nessun militare si è mai accusato di sua spontanea volontà davanti ai superiori. Ma il suo nome è stato segnalato da alcuni suoi colleghi ai superiori, che hanno inviato una relazione in procura. Il militare si difende: «Non c’entro niente con questa storia». Il giallo si infittisce e resta la domanda: chi ha registrato e poi diffuso le immagini?
C’è finalmente una certezza nella storia sempre più dai toni spy del video sulla giudice Iolanda Apostolico pubblicato sui social dal vice premier e ministro dei Trasporti e leader leghista, Matteo Salvini. Il carabiniere che tra sabato e domenica scorsi tutti descrivevano come l’autore del filmato e che, secondo alcune veline, si era auto denunciato ai suoi superiori, esclude categoricamente di essere lui il regista di quelle immagini della manifestazione del 25 agosto 2018 al porto di Catania in cui è immortalata la giudice Apostolico, all’epoca alla sezione misure di prevenzione, oggi all’Immigrazione e firmataria delle ordinanze con cui ha smontato i decreti immigrazione del governo e per questo finita nel mirino della macchina del fango della propaganda della Lega di Salvini. Salvini ha chiesto le dimissioni della magistrata, colpevole secondo il vicepremier di aver preso parte all’iniziativa e che alla protesta ( dove ci sono stati anche alcuni manifestanti manganellati dalla polizia) applaudiva al coro “siamo tutti antifascisti”.
Chi ha girato quel video? È la domanda che in molti si sono chiesti fin dall’inizio. Perché dalle caratteristiche delle immagini, la qualità dello zoom sul viso della giudice, tutto lasciava pensare a una telecamerina di quelle in dotazione alla Digos o alla Scientifica della polizia usate per riprendere i cortei, immagini archiviate e necessarie per eventuali approfondimenti sui manifestanti facinorosi. A rafforzare questa ipotesi il fatto che le riprese sono state effettuate dalla “zona rossa”, dietro il cordone di agenti in tenuta antisommossa, vietata ai giornalisti, che infatti stavano o tra i manifestanti o alle spalle del cordone in alto sopra una balaustra. In effetti c’erano ben due agenti armati di telecamerina, uno di questi con tanto di elmetto si trovava in corrispondenza dell’angolo dalla quale sono state effettuate le immagini finite sui social del ministro Salvini.
Cortocircuito
Nessuna conferma ufficiale, tuttavia, che si trattasse di un poliziotto. Anzi, nella tarda serata di sabato 7 ottobre il colpo di scena. Un lancio dell’agenzia Ansa batte questa notizia: «È stato girato da un carabiniere con il suo cellulare il video postato sui social dal vicepremier...Ora il militare rischia di finire iscritto nel registro degli indagati. Tra i reati ipotizzabili: abuso d'ufficio e rivelazione e utilizzazione di segreti d'ufficio...sarebbe stato lo stesso militare, si apprende, a riferire spontaneamente ai suoi superiori che cinque anni fa aveva girato quelle immagini con il cellulare senza alcuna finalità. Video che non sarebbe mai stato allegato ad atti interni o a informative all'autorità giudiziaria e che, solo alcuni giorni fa, sarebbe stato condiviso con una ristretta cerchia di persone. I superiori del militare hanno già informato l'autorità giudiziaria di Catania».
Storia chiusa, quindi. Macché. A inizio settimana un nuovo colpo di scena G. B. (le iniziali del militare) ingaggia l’avvocato Cristian Petrina, specializzato in diritto militare, e si rivolge al Sim, il “Sindacato italiano militari carabinieri”: «Esclude categoricamente che lo stesso abbia mai comunicato ai propri superiori di esserne l’autore». Fonti vicine a G. B. riferiscono che il militare non sappia nulla di questo video, che non è certamente lui l’autore delle riprese e che è una vera bufala che sia andato ad autodenunciarsi ai superiori per qualcosa che non ha fatto. Può darsi che G.B. lo dica per difendersi, ma c’è anche l’altra ipotesi: qualcuno lo ha incastrato? E se sì, per coprire chi? Persone molto vicine al militare spiegano che ha saputo di essere lui il sospettato da fonti certe, che non vuole rivelare, ma non in via ufficiale. Insomma, nessuna carta bollata ricevuta da G.B.
Potrebbe allora essere un altro carabiniere l’uomo che si è autodenunciato? No. Perché a Domani, fonti qualificate dell’Arma dei carabinieri, confermano la filiera che ha portato G. B. a doversi confrontare con l’accusa di essere lui la manina che ha girato e poi inoltrato il filmato sulla giudice. I fatti sono questi: G.B. si sarebbe vantato con alcuni suoi colleghi di essere l’autore del video e di averlo inviato su alcune chat, i custodi di questa confidenza hanno, però, deciso di segnalarlo al comando provinciale dei carabinieri di Catania, i quali hanno inviato una nota in procura. In pratica G.B. è stato segnalato dai altri carabinieri, tra questi anche un superiore, che hanno considerato quella confessione poco goliardica e molto compromettente. Così per tutelarsi hanno attivato i più alti in grado. Solo in seguito alla segnalazione, e senza sentire la versione di G.B, il comando ha scritto tutto in una relazione ora sul tavolo dei pm. Il sindacato Sim dei carabinieri, tramite il segretario Antonio Serpi, dice: «Pretendiamo di scoprire da dove è uscito l’attacco a questa persona». Serpi poi conferma che «non esiste alcun carabiniere che si è autodenunciato, incluso il militare che si è rivolto a loro, figuriamoci se dietro un cordone di polizia poteva esserci un appartenente a un altro corpo peraltro con una telecamera, non avrebbe potuto, non esiste».
L’indagine
La procura di Catania ha un fascicolo sulla vicenda a modello 45, cioè senza ipotesi di reato e senza indagati. I pm hanno anche la relazione su G.B proveniente dall’Arma. Inoltre a breve potrebbero ricevere gli atti relativi all’esposto presentato alla procura di Roma dai parlamentari di Verdi e Sinistra che chiedono di indagare sull’origine del video per escludere che al ministero dell’Interno o nelle Questure esista una sorta di centrale di dossieraggio.
G.B. non è ancora stato convocato dai magistrati né lui si è presentato. Chi lo conosce bene è convinto che sarà in grado di smontare il castello di accuse. è nota poi l’amicizia con uno dei protagonisti di questi giorni caldi a Catania, Anastasio Carrà, il leghista catanese, deputato e sindaco di Motta Sant’Anastasia nonché ex carabiniere come G.B. Carrà in passato a è stato a capo del comando di Piazza Dante, cioè tribunale. Il leghista è stato fin da subito il primo indiziato per la diffusione del video: è stato il primo a fare il nome della giudice ripresa alla manifestazione, mentre il suo leader si era limitato a scrivere «riconosco un volto familiare...». Carrà ha sempre negato, anche in una intervista a Meridionews, di c’entrare qualcosa o di essere parte della catena di diffusione del girato della manifestazione.
Una cosa è certa: il giallo di Catania non è stato risolto dalla versione trapelata e telecomandata (da chi?) secondo cui un carabiniere si è autodenunciato e fine della storia. Forse qualcuno pensava di archiviarla così senza altre conseguenze. Ma la pezza è certamente peggio del buco. E riporta a galla l’ipotesi che la manina possa anche essere di un poliziotto in servizio con in mano una telecamera di servizio. Ma su questo i pm lavorano già per capire e risolvere una volta per tutte il papocchio al cui principio c’è solo lui, il Capitano Salvini.
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