Il ministro della Difesa è intervenuto per spiegare la sua dichiarazione sulla “opposizione giudiziaria” e ha letto le parole pronunciate da alcuni magistrati nel corso del congresso di Area
Dopo essere stato ascoltato anche dal procuratore di Roma Francesco Lo Voi, il ministro della difesa Guido Crosetto è di nuovo intervenuto in aula alla Camera in una informativa per spiegare il senso delle parole usate in una intervista in cui parlava di «opposizione giudiziaria».
Nel suo intervento è tornato a ribadire che le sue sono state «preoccupazioni e riflessioni riguardo alcune tendenze che vedo emergere nelle discussioni dei magistrati», poi ha letto alcune delle parole che erano state pubblicamente pronunciate al congresso di Palermo del gruppo associativo progressista di Area. In particolare, il ministro ha citato il passaggio in cui si evocava «una evidente insofferenza nei confronti della magistratura, nella sua costituzionale e fisiologica funzione antimaggioritaria» e quello in cui un magistrato diceva che «nella mediocrità di una politica impegnata ad assecondare gli istinti della folla, prigioniera delle sue pulsioni da social, dobbiamo assumerci la responsabilità della saggezza» e «la magistratura deve essere consapevole della posta in gioco».
Secondo il ragionamento di Crosetto, il senso dell’espressione «funzione antimaggioritaria» sarebbe stato che i magistrati della corrente progressista si sentirebbero politicamente opposti alla maggioranza di governo. In realtà, la locuzione di «funzione antimaggioritaria» è spesso utilizzata nella dottrina per riferirsi alla funzione degli organi di garanzia – primo tra tutti la Corte costituzionale – che non possiedono legittimazione elettorale ma sono istituzioni indipendenti con il compito di controbilanciare le altre a tutela del pluralismo, come ricordato poi anche nella replica dalla dem Debora Serracchiani.
In ogni caso, il ministro ha confermato che a suscitare la sua preoccupazione è stato appunto il congresso di Area e ha sottolineato che «la rappresentanza appartiene solo al parlamento, non alla magistratura e nemmeno al governo». Poi ha dato una sua definizione dei compiti della magistratura, definendola «un gruppo di alti funzionari selezionati per la loro competenza tecnica, dotati di specifiche garanzie in funzione della funzione che svolgono» e con il compito di «garantire i diritti e accertare i reati previsti dalla legge e riconosciuti in contraddittorio tra le parti» ma non di contrapporsi all’esecutivo.
Il ministro, che nei giorni scorsi ha anche avuto un incontro definito «cordiale» con il presidente dell’Anm, Giuseppe Santalucia, ha concluso il suo intervento con una nota che è suonata come un tentativo di pacificazione, dicendo che nessun potere dovrebbe sentirsi attaccato da un altro e «sarebbe l'ora di costruire un tavolo di pace nel quale si definiscono le regole per la convivenza nei prossimi anni. Non è possibile che ci sia uno scontro che continua dal '94 a oggi».
In realtà, l’esito è stato l’opposto e i toni si sono immediatamente alzati nel dibattito d’aula, soprattutto con gli interventi della Lega e di Fratelli d’Italia, con anche la sponda di Azione con Enrico Costa, secondo cui «la magistratura tenta da anni di condizionare il parlamento».
Gli attacchi
Se Fratelli d’Italia, nell’intervento di Gianluca Vinci, sembrava disposta a smorzare i toni puntando più sulla rivendicazione del «diritto di parola e di espressione del pensiero del ministro», ad affondare il colpo contro i magistrati delle correnti progressiste sono stati Lega e Forza Italia, capitalizzando l’occasione offerta da Crosetto.
Simonetta Matone, ex magistrata e oggi deputata della Lega, ha attaccato citando il libro e le chat di Luca Palamara e poi riprendendo stralci del congresso della corrente progressista di Magistratura democratica. Matone ha parlato di «proclami» e paventato il rischio che a questi «seguano scientificamente provvedimenti di rigetto delle richieste formulate dal prefetto in base decreto in materia di migrazione, motivati in modo scorretto, fazioso e non intellettualmente onesto», «con magistrati che si allineano con il passaparola». Anche l’azzurro Giorgio Mulè ha puntato contro Md, citando il caso Apostolico e parlando di «manipolo di magistrati che si sentono superiori alla legge», per poi chiedere al ministro della Giustizia Carlo Nordio di «approvare ora, prima che sia troppo tardi» le riforme che riguardano la magistratura.
Se sia Area che Md hanno scelto di non raccogliere provocazioni – «preferisco cogliere gli inviti al dialogo del ministro», ha detto il segretario di Md, Stefano Musolino – il clima rimane comunque tesissimo. Crosetto non è tornato sui suoi passi ma si è limitato ad ammettere che le sue parole non nascondevano allusioni a incontri segreti. Tuttavia, l’occasione è stata utile al centrodestra per rilanciare nella dialettica del nemico che è anche l’arma retorica preferita della premier Giorgia Meloni. Anche in vista della scadenza di oggi, dove il governo sta cercando l’intesa per introdurre alla legge di delegazione europea l’emendamento di Costa, che vieta la divulgazione letterale delle ordinanze di custodia cautelare.
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