Il voto a scrutinio segreto è finito con due astenuti, sei contrari e 22 favorevoli. Natoli ha già annunciato che impugnerà la decisione e ha attaccato la procura di Roma e il Csm, sostenendo di essere sottoposta a un procedimento sommario sulla base di un atto di parte non asseverato dal consulente. Natoli è accusata di aver violato il segreto della camera di consiglio
Il plenum del Csm ha votato a scrutinio segreto la sospensione della consigliera laica in quota Fratelli d’Italia Rosanna Natoli. Il voto per la sospensione si è concluso con due astenuti, sei contrari e 22 favorevoli. Tra i contrari sicuramente c’è il togato Andrea Mirenda, che nei giorni scorsi si era espresso in questo senso, e con tutta probabilità i cinque laici di centrodestra (Natoli non ha partecipato alla votazione). Così, i togati rimanenti hanno presumibilmente votato per la sospensione di Natoli, come anche i due membri di diritto Margherita Cassano e Luigi Salvato.
Una delle due bianche corrispondono probabilmente al vicepresidente del Csm, Fabio Pinelli e a uno dei tre laici di minoranza.
Alla prossima seduta si è rinviata la nomina del consigliere laico per integrare la composizione della sezione disciplinare, in seguito alle dimissioni di Natoli.
Politicamente, tuttavia, il dato è che il Csm a maggioranza si è mosso – per quanto poteva fare – nella direzione auspicata dal presidente Sergio Mattarella, che aveva esercitato la sua moral suasion nella direzione di togliere il consiglio dall’imbarazzo del caso. Natoli, infatti, è indagata dalla procura di Roma per rivelazione di segreto per aver rivelato a una magistrata sottoposta a procedimento disciplinare dei contenuti delle decisioni della camera di consiglio della sezione disciplinare. Tuttavia la spaccatura nel plenum mostra una frattura sempre più consolidata: da una parte i togati, compresi quelli della corrente conservatrice di Magistratura indipendente, dall’altra i laici di centrodestra che però ora – rimasti in cinque – rischiano di essere meno determinanti.
La sospensione, però, non è certo una soluzione ottimale per il funzionamento del Csm: la speranza sia dei togati che del Colle, infatti, sarebbe stata quella delle dimissioni della consigliera Natoli. Invece la sospensione per ora a tempo indeterminato lascerà il plenum nel limbo con un componente in meno, lasciando presagire che la vicenda non sia chiusa qui. Natoli, infatti, ha già fatto sapere di essere pronta a impugnare la delibera di sospensione. Non ci sono precedenti, tuttavia il procedimento è quello del ricorso al Tar contro la delibera del plenum, rispetto alla quale la relazione del comitato di presidenza è la parte motivazionale, con anche una istanza cautelare rispetto alla sospensione. Se così sarà, il voto del plenum finirà sotto lo scrutinio dei giudici amministrativi.
Anche in questo caso, emerge un dato politico: la consigliera Natoli, vicina al presidente del Senato Ignazio La Russa, è decisa a sfidare quello che è apparso essere l’orientamento del Colle. Ovvero di sollevare il consiglio dall’imbarazzo di una consigliera che – al netto delle possibili conseguenze penali – ha rivelato fatti riservati di camera di consiglio a alla magistrata Maria Fascetto Sivilla, di cui era giudice disciplinare.
La relazione
Prima del voto, il vicepresidente Fabio Pinelli ha letto la relazione del comitato di presidenza sul caso, in cui ha fatto riferimento solo alla legge del 1958 che prevede all’articolo 37 le modalità di sospensione del consigliere. «Quanto ai presupposti oggettivi e soggettivi: la consigliera Rosanna Natoli è sottoposta a procedimento penale per delitto non colposo, per rivelazione di segreto d’ufficio» e, secondo il comitato di presidenza, «la condotta appare sussumibile nella fattispecie prevista dalla legge 1958, visti gli obblighi inerenti l’esercizio di funzioni disciplinari», «tenuto conto del contenuto delle trascrizioni depositate e degli obblighi su di lei gravanti in relazione all’esercizio delle funzioni giurisdizionali quale componente della Sezione Disciplinare, con violazione dei doveri di imparzialità e terzietà propri della funzione del giudice disciplinare, anche alla luce della partecipazione al collegio giudicante in tutte le udienze celebrate dopo la descritta interlocuzione».
Natoli, infatti, ha partecipato all’attività della sezione disciplinare a carico di Fascetto Sivilla anche dopo averla incontrata, come da registrazione depositata dall’incolpata durante un’udienza disciplinare.
La difesa di Natoli
La consigliera Natoli, eletta in quota Fratelli d’Italia, ha partecipato alla prima parte del plenum ma non alla votazione e ha depositato una memoria sulla sua posizione, oltre a intervenire per difendersi.
Il suo intervento è stato un attacco diretto contro la procura di Roma, che l’ha iscritta nel registro degli indagati in seguito alla trasmissione degli atti da parte del Csm, e contro il Csm stesso: «Mi trovo a subire un procedimento sommario dalla procura di Roma e dal Csm, sulla base di un atto di parte non asseverato dal consulente», ha detto riferendosi al fatto che la chiavetta Usb con la registrazione del suo incontro non è stata trascritta da un ctu ed è stata depositata da una incolpata.
Contro la procura ha detto che l’invito a comparire le è arrivato senza rispettare i termini, visto che l’avviso di garanzia è arrivato il 29 luglio ed è stata poi convocata il 31 luglio. «Non mi sono rifiutata di rispondere ma voglio che vengano rispettati i termini processuali», ha detto, dicendo che ad oggi non è stata fissata una nuova data e dunque nemmeno l’urgenza sarebbe verificata.
Inoltre Natoli ha contestato la competenza della procura di Roma: «Se i fatti sono avvenuti a Paternò, la competenza territoriale è di Catania, non di Roma, quindi una procura incompetente mi iscrive a registro indagati e ha usato l’ipotesi di reato di abuso d’ufficio per radicare la competenza a Roma».
Poi ha aggiunto che, se la procura non la avesse iscritta, «forse avrei dato le dimissioni, ma non così» e ha anche chiesto che il procuratore generale presso la Cassazione o il ministro della Giustizia valutino la ritualità del comportamento della procura di Roma, visto anche che la notizia dell’avviso di garanzia è «arrivata prima sui giornali» che alla consigliera.
Non ha risposto invece nel merito del suo incontro con Fascetto, perchè ha detto che risponderà alla procura, ma «non su una chiavetta non trascritta da un ctu. Solo dopo il sequestro del telefono di Fascetto, per verificare a chi è intestato il numero, poi sono pronta a presentarmi davanti a qualunque procura per chiarire i fatti. Il processo sommario non lo accetto».
Ha poi ha fatto una allusione al movente per le azioni di Fascetto: «A vantaggio di chi ha agito? Non di se stessa. Se cosi fosse, avrebbe depositato istanza di ricusazione nei miei confronti, impugnando la sentenza disciplinare che invece è andata definitiva senza ricorso, e avrebbe dovuto depositarla nel primo procedimento disciplinare, creando il caso eclatante e pubblicamente. Invece lo ha depositato in una udienza camerale». La sua conclusione, infatti, è che «l’unico interesse della dottoressa Fascetto è dimostrare la deriva correntizia del Csm».
Quanto alla sospensione su cui il Csm è stato chiamato a votare, ha sostenuto che il requisito dell’articolo 37 della legge 1958 sarebbe che «vada applicata solo dopo che il pm ha esercitato l’azione penale», mentre nel suo caso c’è solo l’elezione di domicilio e del difensore: «Solo la qualifica di imputato può far sospendere un consigliere, non una chiavetta usb con una consulenza non giurata».
Poi ha aggiunto dei richiami di giurisprudenza sul fatto che nessun magistrato può essere sospeso solo per il fatto di essere iscritto al registro degli indagati
e giurisprudenza disciplinare sulla violazione della camera di consiglio: «Ho trovato solo ammonimenti, non la rimozione. Se avessi trovato la rimozione di vostri colleghi mi sarei dimessa, altrimenti sono due pesi e due misure».
Ha concluso che impugnerà il provvedimento del plenum e detto di avere la coscienza a posto perchè «non ho mai piegato la mia funzione».
«Così si apre un precedente: basta che una procura iscriva qualunque di voi e formuli due capi di imputazione anche per reati abrogandi, per vedervi sospesi. dove è la garanzia del Csm?».
Alla fine, Natoli ha anche attaccato la stampa per aver scritto che l’indicazione del suo nome in consiglio sarebbe avvenuta data la sua vicinanza di amicizia con il presidente del Senato, Ignazio La Russa, di cui è compaesana a Paternò: «Non sono state nominata da La Russa ma dal parlamento in seduta comune e non rispondo a nessuno se non al parlamento e alla mia coscienza».
Cosa succede adesso
Con la sospensione di Natoli, il Csm rimane in un limbo. Solo le dimissioni, infatti, avrebbero potuto prevedere un nuovo voto in parlamento per sostituirla. Così invece il consiglio potrebbe dover continuare a lavorare con un membro sospeso a tempo indeterminato.
La sospensione, tuttavia, apre anche altri problemi per il consiglio. Come ricordato da Natoli, si forma così un precedente per il quale basterebbe la formulazione di un capo di imputazione a carico di un consigliere perchè si possa votare la sospensione. Inoltre, la relazione del plenum di fatto postula che ci sia stata la rivelazione di segreto, dunque Natoli nella registrazione dovrebbe aver detto il vero. Pericoloso sostenerlo, considerato che Natoli avrebbe detto che la decisione disciplinare sarebbe stata assunta sulla base della condotta processuale dell’incolpata. Infine, come ha fatto notare il consigliere indipendente Roberto Fontana, c’è un buco nella disciplina, perchè «per i consiglieri laici scatta la decadenza solo se si arriva ad una sentenza penale di condanna» e così non è per i togati. Molte questioni aperte rimangono sul tavolo del Csm, che si scopre sempre più diviso.
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