Che il potere politico voglia debordare dai suoi limiti è storia vecchia di millenni. Ma oggi è quanto stiamo vedendo nel mondo con il fiorire delle “democrazie illiberali”, a dispetto della divisione dei poteri. Per gli aspiranti autocrati, quindi, è essenziale depotenziare il potere giudiziario. Esattamente quello che sta facendo Marine Le Pen
Le polemiche sollevate dalla condanna inflitta dai tribunali transalpini alla leader del Rassemblement National si levano sempre quando un politico viene preso con le mani nella marmellata. Ma possono essere inquadrate su un piano diverso, con uno sguardo sui modelli di democrazia che si sono affermati dopo il 1945.
Alla fine della seconda guerra mondiale, per guarire una Europa devastata dal totalitarismo nazi-fascista, si confrontarono due versioni diverse della democrazia, divergenti su alcuni punti fondamentali: quella inglese affermava la supremazia del parlamento, e quella americana il potere diviso e il bilanciamento tra gli le istituzioni, sorvegliato dalle corti.
Gli inglesi, forti del loro particolare, invidiabile, percorso alla democrazia - peraltro simile per molti aspetti a quello della Svezia mentre la Svizzera ha seguito la strada del decentramento territoriale e del continuo coinvolgimento popolare – sostenevano il ritorno a un regime puramente parlamentare.
La dottrina britannica della supremazia del parlamento secondo la quale, con un detto ora superato, poteva fare tutto meno che «trasformare una donna in uomo», prevedeva che venissero reintrodotte, con alcuni correttivi, le tradizionali istituzioni pre-fasciste e pre-naziste.
La via britannica
Certo, era necessario che la frammentazione e, soprattutto, la polarizzazione politica che aveva contribuito al collasso di quei regimi si riducessero. In altri termini, rifacendosi alla analisi di Giovanni Sartori, doveva essere ridotta la distanza ideologica tra i partiti e la “temperatura” del conflitto politico, vale a dire l’intensità e l’opposizione irriducibile tra le parti.
Per i britannici tutto ciò dipendeva dalla cultura politica di un paese.
Ma l’Italia, per retaggio storico, era ben lontana dal clima politico inglese. Se non si accettavano come legittime le posizioni degli avversari, e se lo scontro era sempre “a somma zero” - chi vince vince tutto e l’altro perde tutto, una logica da vae victis di antica memoria - e non si concepiva nemmeno l’idea della contrattazione, era arduo seguire la via inglese.
Per il nostro paese rimaneva alto il rischio di ricadere in una spirale distruttiva. E tale permane.
La via americana, che finirà per imporsi nella costruzione dell’assetto istituzionale della Germania, imponeva invece la limitazione del parlamento, cioè della sovranità popolare.
Proprio l‘esperienza tedesca aveva dimostrato come la vittoria elettorale, netta, del partito nazional-socialista hitleriano alle elezioni del 1933 aveva poi consentito di stravolgere, nel giro di pochi giorni, tutto l’assetto democratico. Il nuovo regime doveva quindi distaccarsi dall’esperienza della repubblica di Weimar così facilmente travolta, e inserire dei puntelli che reggessero la nuova impalcatura.
La soluzione suggerita ai costituenti tedeschi puntava sul decentramento territoriale (federalismo) e sulla divisione dei poteri, bicameralismo differenziato e controllo costituzionale delle leggi. Soprattutto, nessun potere ad un uomo solo… La difesa più forte del nuovo assetto istituzionale risiedeva nell’autorevolezza della Corte costituzionale, supremo garante del rispetto della legge.
Debordare dai limiti
Che il potere politico voglia debordare dai suoi limiti è storia vecchia di millenni. Ed ha in dispetto ogni impedimento. Per infrangere ogni barriera viene invocata l’unzione del voto popolare. È quanto stiamo vedendo in giro per il mondo con il fiorire delle democrature o “democrazie illiberali”.
Ed è quanto si vede ora negli Stati Uniti dove, a fronte del debordare bulimico di ordini esecutivi presidenziali, si ergono solo le corti.
Per potenziali autocratici, quindi, è essenziale depotenziare il potere giudiziario.
I costituzionalisti americani del dopoguerra non potevano prevedere l’impatto del sistema di comunicazione di massa, non potevano immaginare quanto potessero essere incendiari questi mezzi lasciati nelle mani di esperte “bestie”.
L’Italia è stata la prima a sperimentare l’attacco ad alzo zero contro la magistratura, rea di perseguire i delitti dei politici.
Ora è la volta della Francia, dove Marine Le Pen, che per anni ha truffato lo stato, chiama a raccolta i suoi per sostenere che Barabba è di nuovo innocente. L’impianto istituzionale suggerito dagli americani vittoriosi all’Europa devastata dal nazi-fascismo non regge più.
E se traballa nel paese d’origine, figuriamoci nel continente delle rivoluzioni di ogni colore.
Il vero discrimine politico dei prossimi anni passa di qui, tra chi attacca e chi difende il diritto e i suoi custodi - e lasciamo perdere l’uovo e la gallina del quis costodiet custodes.
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