- La Cina ha infatti annunciato all’Assemblea Generale dell’Onu che non finanzierà più centrali fossili a carbone al di fuori dei suoi confini.
- Draghi nel messaggio per il summit virtuale lanciato da Biden, ha ammesso che c’è il rischio che non vengano rispettati gli accordi di Parigi sul mutamento climatico.
- I Fridays tornano a manifestare. Scendere in piazza sembra che abbia funzionato negli ultimi anni, infatti l'attenzione dei governi al problema è aumentata esponenzialmente, così come la copertura mediatica.
Le Conferenze delle Parti (Cop), sono gli incontri annuali organizzati dalle Nazioni Unite per concordare efficaci politiche di contrasto al riscaldamento globale. A novembre 2021 in Scozia si terrà la 26esima edizione, presieduta congiuntamente da Italia e Regno Unito. La Cop di quest’anno è particolarmente importante per due motivi: è la prima dallo scoppio della pandemia ed è chiamata ad aggiornare gli Accordi di Parigi, ovvero la più avanzata intesa mai raggiunta in tema di lotta alla crisi climatica. In questo spazio bisettimanale ci proponiamo di raccontare le notizie, i meccanismi, i retroscena dei negoziati per il clima. A questo link trovi i numeri precedenti.
Cina e carbone: odi et amo.
Il carbone sembra sempre di più un ricordo del passato, e il Dragone sembra realmente voler fare la sua parte. È una parte ancora insufficiente, ma è uno di quei segnali che fa definitivamente scricchiolare l’intera economia mondiale basata sui combustibili fossili. La Cina ha infatti annunciato all’Assemblea Generale dell’Onu che non finanzierà più centrali fossili a carbone al di fuori dei suoi confini.
Basta questa singola affermazione, di fatto, ad azzerare i finanziamenti a livello mondiale al carbone: infatti la Cina, con circa 56 GW in programma in oltre 20 paesi, era il primo e principale sponsor del carbone. Anche la Corea del Sud, con 8,4 GW, e il Giappone, 4,6 GW, hanno preso lo stesso impegno quest’anno assieme a tutte le nazioni del G7.
Il carbone è uno dei target principali della Cop26 di quest’anno in quanto il più impattante dei combustibili fossili. Viene quindi eliminata con questa scelta una nuova potenza pari a circa l’intera Germania - per fare un termine di paragone. Allo stesso tempo, Xi Jinping non ha fornito nessuna informazione riguardo a cosa intendano fare delle centrali a carbone in costruzione in Cina, che sono attualmente il 50 per cento di tutte le centrali a carbone presenti al mondo.
Questo sarà uno dei temi trattati al G20 a Roma per trovare una data di convergenza mondiale anche sugli impianti a carbone domestici. I target di riduzione dei gas serra cinesi rimangono infatti quelli annunciati nel 2020 da Xi Jinping, ovvero raggiungere il picco delle emissioni entro il 2030 e raggiungere la neutralità climatica entro il 2060 - ambiziosi, ma ancora lontani dalle riduzioni necessarie richieste dagli Accordi di Parigi.
Draghi: quando i fatti?
La scorsa settimana si è tenuto ad Atene il vertice EUMed, dove i leader dei 9 paesi comunitari che sono bagnati dalle acque del Mediterraneo hanno condiviso le preoccupazioni per l’aggravarsi della crisi climatica.
Draghi è stato particolarmente risoluto, dopo aver mostrato la sua vicinanza al collega greco per i gravissimi incendi che hanno devastato la Grecia questa estate, ha ricordato che «questa esperienza ci dice che non c’è più tempo, non c’è possibilità di dilazionare o ritardare, perché i costi per i nostri paesi e cittadini saranno immensi».
Draghi nel messaggio per il summit virtuale lanciato dal presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, ha ammesso che c’è il rischio che non vengano rispettati gli accordi di Parigi sul climatico. Successivamente ha anche rilanciato dicendo che l'Italia aumenterà la sua quota di partecipazione al fondo per il clima (quei 100miliardi che dovrebbero andare ai paesi più poveri per assisterli nella transizione e nel contrasto dei cambiamenti climatici). Però, ancora, mancano target di riduzione dei gas serra più ambiziosi limitandosi ad allinearci ai regolamenti Europei in materia; nonostante il nostro co-host (il Regno Unito) abbia già alzato la posta in gioco.
Sciopero per il clima e Cop26
Mesi di preparazione hanno preceduto la manifestazione per il clima di Fridays For Future che si è svolta la mattina del 24 settembre. Scendere in piazza sembra che abbia funzionato negli ultimi anni, infatti l'attenzione dei governi al problema è aumentata esponenzialmente, così come la copertura mediatica.
Lo sciopero di Fridays For Future precede quelli che sono i due eventi più importanti nel panorama degli accordi internazionali sul clima: PreCop26 e Cop26, che si terranno rispettivamente dal 30 settembre al 2 ottobre a Milano e dal 1 al 12 novembre a Glasgow. I lavori dei rappresentanti dei 197 stati della Convenzione quadro sui Cambiamenti Climatici dell’Onu sono inevitabilmente influenzati dalle pressioni esterne, e - stando alle dichiarazioni dei manifestanti - per far sì che la Cop26 sia un successo è necessario che le richieste della comunità scientifica siano ascoltate.
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