In commissione alla Camera è stata recentemente approvata una risoluzione proposta dall’On. Sasso (Lega), secondo cui sarebbe necessario definire «linee guida per evitare che nelle scuole vengano propagandati modelli basati sull’ideologia gender». Contro questa risoluzione e a favore di un’adeguata educazione sessuo-affettiva nelle scuole, Arcigay e Tocca a noi hanno presidiato il Miur e 48 piazze italiane. L’unica ideologia di genere che conosco è, in effetti, quella che prevede fin dalla nascita un’educazione ferrea basata su modelli di genere prestabiliti, con precisi ruoli e aspettative, che produce violenza e discriminazione, abuso, omicidi, femminicidi e suicidi, ovvero quella amata da chi oggi grida allo spettro del gender. Tutti i progetti che ho visto nelle scuole in 12 anni di attivismo Lgbtqia+, contrariamente al concetto stesso di ideologia, propongono una postura critica e aperta sul genere e offrono strumenti utili contro discriminazione e violenza e, siccome i fantasmi non esistono, ecco un’analisi critica dei dati scientifici.

Secondo l’indagine “Vorrei ma non posso” dell’Osservatorio nazionale del Fiss, l’educazione sessuale sarebbe «essenziale e necessaria» per più del 90% del campione, che sale al 94% nella ricerca condotta da Durex su 15.000 giovani fra 11 e 24 anni. L’81% di loro ha avuto il primo rapporto entro i 18 anni e più del 50% evita il preservativo. Sono pochissimi i paesi in Europa che, come l’Italia, non prevedano alcun tipo di percorso educativo alla sessualità nelle scuole e, secondo l’Istituto Superiore di Sanità, più della metà delle nuove infezioni da Hiv avvengono fra i 15 e i 24 anni. Barbara Suligoi (Iss) ha recentemente dichiarato che «molti giovani non sanno dove reperire informazioni accurate né dove eseguire i controlli necessari», concludendo che «servirebbe un'educazione all'affettività a livello scolastico». La retorica della destra secondo cui di “certi temi” dovrebbe occuparsene la famiglia, non sta in piedi: il primo terreno dove avviene il processo di individuazione e separazione dalla famiglia è proprio quello della sessualità e, infatti, secondo l’ultimo Studio nazionale Fertilità promosso dal ministero della Salute, il 62% degli adolescenti vorrebbe ricevere informazioni da personale esperto, diverso da docenti o genitori. Quelli che spesso vengono considerati temi “delicati o privati”, hanno a che fare in realtà con la vita sociale e collettiva, con i ruoli di genere e le dinamiche di potere. I dati raccolti da ActionAid/Ipsos tratteggiano un quadro preoccupante su violenza e discriminazione di genere a scuola, mentre secondo Gay Help Line circa il 14% di studenti medi si identifica come Lgbtqia+ ma meno dell’1% di loro si dichiara a scuola e in famiglia, perché li considerano luoghi poco sicuri e protetti, ostili. Sempre secondo il Fiss, quando l’educazione sessuale viene svolta, si concentra su questioni anatomiche o biologiche, che non rispondono alle esigenze reali dei destinatari, interessati a questioni più “umane” come il rapporto con il proprio corpo, le infezioni e le figure specialistiche, l’interruzione volontaria di gravidanza e la contraccezione, il consenso, l’orientamento sessuale e l’identità di genere, l’affettività e i diritti sessuali. In effetti la popolazione giovanile di oggi fa molto meno sesso dei suoi coetanei di vent’anni fa, a causa degli aspetti sociali e relazionali, culturali e psicologici, che riguardano la percezione di sé e della sessualità.

Quella del governo è un’operazione di repressione sociale e culturale che oggi attacca l’emancipazione giovanile, ma fa parte della stessa crociata che già attaccava i diritti dei bambini delle famiglie arcobaleno e il diritto delle donne all’aborto. Ma attenzione a protestare, perché il nuovo Ddl sicurezza è pronto a punire chiunque voglia manifestare, mentre la propaganda va avanti sulla tv e nel cinema, nei teatri e nei musei. Tutto è legato da un filo nero, dobbiamo subito scioglierne i nodi.

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