Un’estate avara di sorrisi, quella di Giorgia Meloni e della sua leadership che mostra segni di debolezza, in tempi stretti e in modo evidente. Il nervosismo si è manifestato nella scelta surreale di cavalcare notizie false costruite dal suo biografo Sallusti, in merito a un presunto complotto contro la sorella. Ma ci sono notizie verissime, come quella svelata da Tizian e Trocchia, sui soldi girati dalla Fondazione An, cassaforte del partito della premier, ai neofascisti dell’associazione Acca Larenzia
Nessuno, dopo la vittoria schiacciante alle ultime europee, poteva immaginare che per la premier Giorgia Meloni l’estate sarebbe stata così avara di sorrisi. E che i segni di debolezza della sua leadership si sarebbero mostrati in tempi così stretti e in modo così evidente.
Il turning point è stato l’improvvida decisione di votare contro tutti i nuovi Top Job europei (il no alla super atlantista Kaja Kallas, Alto rappresentante della Ue per la politica estera non è affatto piaciuto nemmeno agli americani, finora solidi sostenitori di Meloni) e di bocciare a Bruxelles il bis dell’amica Ursula von der Leyen. Uno svarione politico a cui sono seguiti altri gravi errori di valutazione: puntare molto sulla vittoria di Marine Le Pen in Francia, nettamente sconfitta dalla sinistra radicale e dalle tattiche dell’odiato Emmanuel Macron, e sottovalutare la voglia di rivalsa dei due fratelli Berlusconi.
A luglio i due dominus di Forza Italia hanno infatti imposto al reggente Antonio Tajani una svolta “di tono” su diritti e nomine rovesciando l’appeasement che ha caratterizzato finora i rapporti tra gli azzurri e Meloni, aprendo d’improvviso una stagione assai più muscolare con l’inquilina di Palazzo Chigi.
Il nervosismo dell’ex missina si è plasticamente manifestato nella scelta surreale di cavalcare la fake news costruita dal suo biografo Alessandro Sallusti, in merito a un presunto complotto contro Arianna Meloni ordito dalla magistratura insieme alle opposizioni e la stampa avversa. Una balla sesquipedale usata dolosamente dalla premier (sapeva da mesi che la procura di Roma non aveva alcun fascicolo aperto sulla sorella) per “avvisare” il potere giudiziario, che però ha creato tensioni anche nel deep state del paese, preoccupato da un vittimismo ossessivo dietro cui nascondere un’azione di governo giudicata – anche da chi era persuaso dalle capacità della capa di FdI – sempre più deludente.
Se le fake news vengono usate dalla premier per una narrazione tossica (e pericolosa per l’equilibrio dei poteri), ci sono notizie verissime che i vertici di FdI preferiscono tenere ben nascoste. Come quella dei soldi girati dalla Fondazione An, cassaforte del partito della premier, ai neofascisti dell’associazione Acca Larenzia, che ogni anno organizzano il vergognoso rito del “Presente”.
La questione ha grande rilevanza etica e politica. In primis, è la pistola fumante che dimostra una volta per tutte i legami strettissimi, addirittura economici, tra gli attuali capi di Fratelli d’Italia è la peggiore feccia fascista del paese. Meloni, quando lo scorso gennaio le immagini dei camerati di Acca Larentia con le braccia tese finirono sui media di tutto il mondo, preferì non condannare l’episodio.
Viceversa attaccò la stampa che chiedeva numi sulla sua posizione: «Il mio silenzio su Acca Larentia? In cambio avete parlato voi, regalando un grande assist alla propaganda russa», disse. I 30mila euro donati ai filonazisti chiariscono meglio l’atteggiamento del presidente del Consiglio, che difficilmente avrebbe potuto censurare i camerati generosamente finanziati appena sei mesi prima dalla fondazione che fa riferimento al suo partito.
Possibile che la leader o i vertici di FdI non fossero al corrente dell’operazione? Improbabile: nel board della cassaforte siedono (o sono stati seduti) tutti i fedelissimi della fiamma magica di Giorgia: prima il cognato Francesco Lollobrigida e il mentore Ignazio La Russa, oggi la sorella Arianna Meloni, il maestro Fabio Rampelli e plenipotenziario per le relazioni istituzionali romane di FdI Luca Sbardella, che della fondazione è segretario.
Infine, lo scoop di Giovanni Tizian e Nello Trocchia mette in risalto le ipocrisie della premier che ama autodefinirsi «non ricattabile». Dopo l’inchiesta di Fanpage Meloni dichiarò infatti di aver «ripetuto decine di volte, ma casomai ce ne fosse bisogno lo ripeto, che non c’è spazio in FdI per posizioni razziste o antisemite, come non c’è spazio per i nostalgici dei totalitarismi del ’900 o per qualsiasi manifestazione di stupido folklore». Parole a cui seguì la sospensione delle dirigenti di Azione giovani immortalate a inneggiare al Duce e Hitler. Un’impostura a tutti gli effetti, scopriamo oggi, visto che la fondazione dove siede la sorella della moralizzatrice i razzisti e i nostalgici li finanzia in segreto.
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