La vicenda che ha portato alle dimissioni di Francesco Spano dal suo incarico al ministero della Cultura – era stato nominato dal ministro capo del suo gabinetto – ha molte sfaccettature. C’è innanzitutto il conflitto d’interessi. Per quanto Spano possa non avere determinato le consulenze di Marco Carnabuci al MAXXI, le questioni di opportunità che impedirebbero che due persone così vicine stiano nello stesso organigramma rimangono. E forse tali questioni, da sole, potrebbero bastare a giustificare il passo indietro di Spano. C’è poi quanto tutto questo dice sullo stato dei rapporti interni a Fratelli d’Italia, una storia di vendette incrociate e faide su cui molti giornali si sono intrattenuti.

Ma c’è un aspetto più ampio, meno considerato, che meriterebbe riflessione. Appena Spano è stato nominato, prima che venisse a galla il conflitto eventuale d’interessi, c’è stata una sollevazione contro di lui e contro le sue scelte sessuali e di vita. Una sollevazione che ha coinvolto ampi strati del partito della premier, ma che ha visto in prima fila Pro vita e famiglia onlus. Questa entità (sulla cui natura e attività non tutto è chiarissimo) ha prima lanciato una petizione per chiedere la rimozione di Spano dal suo incarico e poi inanellato varie dichiarazioni social, dove prima attaccava Giuli e poi plaudiva alle dimissioni di Spano. Il motivo di tutto questo sono le scelte di vita di Spano, la sua eventuale e presunta vicinanza a movimenti che difendono scelte di vita sessuali non convenzionali, e l’ovvia (secondo chi scrive queste dichiarazioni) contraddizione fra i valori promossi dal governo e queste scelte di vita.

Domande

Basta questo perché un cittadino o una cittadina qualunque si facciano alcune domande. Prima domanda: quindi un incarico tecnico in un ministero deve essere affidato solo a chi promuove certi valori? Ovviamente, anche il più bravo assassino seriale non merita di venire assunto in un ministero. Il merito tecnico non può prevalere sui limiti morali. Ma, e questa è la seconda domanda, essere gay e avere una famiglia derivante da un’unione civile con un altro individuo di genere maschile va oltre questi limiti morali? Essere gay, essere uniti civilmente con un’altra persona che presumibilmente ha il medesimo orientamento sessuale desta, o dovrebbe destare, la stessa ripugnanza che, mettiamo, avere ucciso degli innocenti in maniera efferata? Sarebbe qualcuno degli iscritti o dei simpatizzanti di Pro vita e famiglia disposto a dire queste cose in faccia a Spano e a tanti e tante di quelli che fanno queste scelte e conducono queste vite? Firmare e far firmare una petizione è facile. Scrivere delle cose sui social anche. Avere il coraggio di dire queste cose in faccia a esseri umani è meno facile. Chi invoca la coerenza, però, dovrebbe anche avere coraggio.

E, anche se avessero questo coraggio, quanti di noi li seguirebbero? Veramente due uomini che vivono insieme sono contro la vita e la famiglia? Due uomini che vivono insieme e curano un bambino o una bambina sono contro la vita e la famiglia? Perché ovviamente, come si è detto molte volte, anche dichiarare la Gpa reato universale è stato un mezzo per colpire le famiglie gay e lesbiche, dato che sarà molto difficile mettere in trappola genitori eterosessuali (checché ne pensi Eugenia Roccella, che sulle strategie e la decenza necessarie ad amministrare eventualmente reati del genere ha talvolta idee originali e strambe, non proprio allineate alla civiltà giuridica derivante dall’Illuminismo).

La cosa più difficile da accettare, in tutto questo, è l’uso aberrante del linguaggio. “Vita” è il nome che diamo alla gioia, alla diversità multiforme, alle possibilità che si aprono. La vita è fatta di forme nuove di felicità, compromessi necessari che allargano gli spazi per tutti, la gioia che deriva dall’accogliere l’inaspettato, ciò che ci stupisce, quello che pensavamo non potesse accadere e invece accade. Due uomini che si amano e possono prendersi cura di un piccolo o di una piccola. Due uomini che sperimentano quello che a migliaia di uomini, forse milioni, è stato rubato da millenni di maschilismo tossico: la cura, la tenerezza, la vita condivisa liberamente.

Per Pro vita e famiglia, tutto questo non è vita. Vita è un solo modello di famiglia, un solo modello di genitorialità. Per tutti gli altri modelli, censura, condanna, aggressione, pubblico ludibrio, delazione, mostrificazione, come ha detto lo stesso Giuli. Morte, insomma. I Pro vita e famiglia celebrano la morte, vogliono la morte, in fondo. Come sempre hanno fatto, lo ricordava Claudio Pavone nel suo libro più celebre, i fascisti.

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