Uno studio di ricerca sull’infanzia gender creative presso l’Università degli Studi Roma Tre è stato attaccato in modo violento e ideologico dalle associazioni anti-abortiste e cattoliche auto denominate Pro-Vita e Famiglia, gruppi Fart come Rad fem (Femminist appropriating reactionary transphobes, anche note come Terf) a cui hanno fatto seguito figure pubbliche, deputati parlamentari e ministri.

La ministra Bernini dichiara di voler «verificare se il progetto corrisponda ai requisiti previsti dal bando», sferrando un attacco alla libertà e all’indipendenza della ricerca scientifica pubblica, sulla base di posizionamenti ideologici personalissimi di stampo trans-odiante.

Come cittadini si aspetta da mesi la medesima solerzia per quanto riguarda i dati dell’utilizzo da parte del governo dei fondi del Pnrr, come denuncia anche OpenPolis. Sebbene occorra specificare che quella disposta da Bernini si configura forse come un’ingerenza della sfera politico-partitica nei fondi pubblici, mentre la seconda dovrebbe essere espressione democratica di trasparenza.

Gli attacchi sono stati portati avanti esponendo pubblicamente informazioni sensibilissime delle persone ricercatrici, pubblicando dati, nomi, deadname di ricercator trans* coinvolti ed esercitando pressione sui loro posti di lavoro precari e minacce di morte.

Tweet, post, blog e articoli gravemente diffamatori e lesivi della dignità personale, mail cospiratorie all’università che ha risposto attraverso il rettore in una nota ufficiale che difende la libertà della ricerca scientifica.

Posto che quanto agito da questi gruppi e singoli individui transfobici sarebbe perseguibile per legge sia a livello nazionale, sia a livello internazionale, la risposta del rettore giunge con fermezza: «Il Comitato Etico dell’Università Roma Tre ha valutato la metodologia di ricerca come adeguata (…). L’Università è da sempre il luogo della ricerca libera e indipendente, senza pregiudizi e senza ideologismi. Per sua natura la ricerca è chiamata a esplorare territori di confine, lungo i quali non sono consolidate conoscenze adeguate».

La ricerca scientifica è sostenuta e diffusa in Italia, anche su gruppi marginalizzati su cui ci sono pochissimi dati di alto profilo – e, come sempre accade, anche grazie alla raccolta di dati qualitativi attraverso focus group che seguono metodi scientifici rigorosi, sottoposti al vaglio di commissioni universitarie e comitati etici. Le persone partecipanti coinvolte lo fanno in modo consapevole, anche potendolo ritrattare, attraverso consensi informati e, nel caso di persone minori, con il consenso dei loro familiari o tutori.

La risposta della comunità scientifica, delle reti trasfemministe che si occupano di scuola, educazione e questioni di genere è stata compatta a partire dal meeting annuale di “Educare alle Differenze” – rete nazionale di associazioni impegnata a creare una cultura inclusiva e plurale decostruendo stereotipi e valorizzando le differenze – che si è svolto il fine settimana del 28 e 29 settembre a Roma con più di mille partecipanti.

«Il tentativo di ingerenza nella ricerca di una università pubblica non ci stupisce perché è in linea con il metodo che Pro Vita e altri hanno sviluppato negli anni per contrastare i progetti di educazione alle differenze e minare la libertà di insegnamento. Al contrario loro, come "Educare alle Differenze” speriamo che progetti come quelli portati avanti dal gruppo di ricerca di Roma Tre si moltiplichino per produrre nuove e affidabili conoscenze sulle infanzie e adolescenze trans e nonbinarie, e a partire da queste progettare interventi educativi sempre più efficaci e inclusivi».

Sul tema si è schierata anche Rete Gifts – Studi di genere, Intersex, Femministi, Transfemministi e sulla Sessualità – con un comunicato ufficiale: «Come rete Gifts, network di studiosi/e/3 che, nell’Università o come indipendent researchers, di studi di Genere, Intersex, Femministi, Transfemministi e sulla Sessualità, denunciamo apertamente e con fermezza la deriva illiberale finalizzata a limitare autonomia e libertà della ricerca scientifica, garantite dagli articoli 9 e 33 della nostra Costituzione.

Il lavoro di ricerca è e deve essere privo di pressioni politico-istituzionali, libero, indipendente e basato su evidenze scientifiche, non su credenze ideologiche volte a cancellare esistenze ed esperienze. La realtà dei fatti non può piegarsi alla visione politica parziale di nessuna parte politica.

È necessario che chi fa ricerca possa lavorare in un clima sereno, senza temere attacchi, gogne mediatiche, intrusioni nella vita privata e strumentalizzazioni politiche. In tal senso, le persone marginalizzate che fanno ricerca, come – in particolare – le persone trans* precarie, sono soggette in questa fase storica a un fattore di stress aggiuntivo e a concrete ripercussioni sul piano lavorativo».

Arriva anche la solidarietà di Non Una di Meno Roma: «Quello di Roma Tre è un vero e proprio atto intimidatorio contro la ricerca, purtroppo questa modalità di azione è stata rodata nelle scuole, dove da anni le associazioni antiscelta attaccano i progetti sull'educazione sessuo-affettiva, le carriere alias e qualsiasi progetto sulle diversità. Come sappiamo queste associazioni non sono altro che il braccio armato e finanziato dei partiti di governo, dove non si riesce a chiudere direttamente con la legge arrivano loro con aggressività, linguaggio violento e minacce di procedure penali e civili. È così che in Italia si sta limitando concretamente la nostra libertà di parola, espressione, di ricerca e studio. E purtroppo dietro tutto questo c'è una rete globale che le finanzia e ne supporta l'azione».

Come dichiara il MIT - Movimento Identità Trans: «Bisogna chiarirci su una cosa. Le persone trans*, intersex e non binarie esistono. Punto. È un dato di fatto oggettivo. A questo punto, allora, la linea da tracciare è netta: o ci diciamo che, siccome esistiamo, abbiamo gli stessi diritti e la stessa legittimità di tuttə, oppure ci diciamo in modo esplicito che esistono persone di serie a e persone di serie b. La gogna mediatica scatenatasi con il laboratorio di Roma3 non sarebbe scoppiata se avesse avuto ad oggetto qualsiasi altra esperienza umana: e allora forse dovremmo dirci chiaramente che in Italia ci sono persone meno uguali di altre, meno legittime e meno libere. Se questo ci sta bene proseguiamo pure, ma con la consapevolezza che accettarlo segna l’inizio del baratro».

Resta che esistiamo e continueremo a resistere.

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