Il presidente ha proposto una versione del cosiddetto patriottismo costituzionale, che s’incarna nei cittadini che svolgono con dignità e onore funzioni civiche. Nell’impegno di ciascuno di noi. E ha colto l’unico senso plausibile dell’identità nazionale: un progetto politico comune, fondato su valori di libertà ed eguaglianza scritti nella Costitituzione
Dovremmo tenerci stretta la sapienza politica del presidente Mattarella. Sapienza nel senso più alto del termine: capacità di guardare lontano, seguendo la logica e il senso profondo dei concetti politici. Il discorso di fine 2024 non è stato soltanto una contro-narrazione contrapposta con placida fermezza al discorso della destra. È stata una lezione illuminante sul senso di nozioni che la destra al governo brandisce senza capirle.
Si è detto che Mattarella ha proposto una versione del cosiddetto patriottismo costituzionale, un’idea nata in Germania (per opera di autori come Dolf Sternberger e Jürgen Habermas), proprio per isolare il collante di una repubblica ben funzionante, la solidarietà dei concittadini, dal virus pericoloso del nazionalismo aggressivo. Come scriveva Sternberger nel 1990: «La patria è la repubblica che abbiamo creato. La patria è la costituzione che abbiamo costruito. La patria è la libertà di cui godiamo quando la promuoviamo, la usiamo, la difendiamo» (Verfassungspatriotismus, Insel Verlag, 1990, p. 12). Il patriottismo costituzionale s’incarna nei cittadini che svolgono con dignità e onore funzioni civiche – i medici del pronto soccorso, gli insegnanti, gli imprenditori responsabili, lavoratori e lavoratrici, studenti e studentesse, chi s’impegna nel volontariato e nei lavori di cura.
Ma, in realtà, il patriottismo costituzionale esprime l’unica nozione plausibile di “nazione”. Identità fisse non esistono, men che meno in un paese ibrido come l’Italia: uno Stato giovane, con molti dialetti che sono lingue, con una storia secolare di divisioni, con una varietà geografica e culturale enorme. E in generale, in tutti i tempi e luoghi, le identità – personali, culturali, politiche – sono porose, sono costruzioni della mente, comunità immaginate (come Benedict Anderson ha stabilito una volta per tutte, parlando delle nazioni).
L’identità nazionale, se non è semplicemente odio dell’altro, razzismo mascherato, non può che essere un progetto politico, un impegno comune, una visione del mondo. E questa visione del mondo, per gli italiani, è scritta nella Costituzione e consiste dei valori che essa contiene. E l’adesione a questi valori si esprime nella maniera più evidente, quasi palpabile, nei comportamenti virtuosi dei cittadini, nell’esercizio delle funzioni pubbliche di ognuno di noi – che sono varie, pervasive, e vanno appunto dallo svolgimento di professioni di alta utilità sociale alla coscienza che esercitiamo tutti i giorni come genitori, figli, membri di famiglie, associazioni, gruppi.
Mattarella non ha isolato o depurato il nazionalismo aggressivo, etnico e infondato della destra. Ha mostrato, alla destra e alla sinistra, l’unico senso plausibile dell’identità nazionale: un progetto politico comune, fondato su valori di libertà ed eguaglianza, e sui diritti fondamentali degli esseri umani, delle generazioni future, dell’ambiente non umano.
E la conseguenza di queste riflessioni che è più ostica, più inaccettabile, per la destra al governo riguarda i migranti, che possono essere patrioti, come dice chiaramente il presidente. Se l’identità nazionale è adesione a un progetto politico, non etnia, non storia, è perfettamente possibile che chi è nato altrove, chi viene da altre storie e culture aderisca ai valori della nostra Costituzione. E, d’altra parte, che senso potrebbe avere il comportamento di chi, affrontando pericoli enormi, vuole venire a vivere da noi e con noi? Veramente si può pensare che sia solo l’attrazione per possibili miglioramenti del tenore di vita?
Chi rischia l’annegamento, chi subisce violenze di molti generi, chi investe risparmi di una vita forse aspira a qualcosa di più che a un lavoro, magari malpagato. Aspira alla dignità e al rispetto garantita dalle liberal-democrazie europee.
I migranti sono già cittadini della nazione dove vogliono vivere, se essere cittadini di una nazione significa aderire ai valori fondanti del patto costituzionale di quella nazione. (E quelli di loro che violano tali valori, delinquendo, non lo fanno in quanto migranti. Lo fanno per varie ragioni – sociali soprattutto –, ragioni che accomunano loro ai cittadini italiani e di altre nazioni). Respingere i migranti o confinarli in lager significa respingere concittadini della nazione ideale, della patria costituzionale. Significa distinguere cittadini di serie A e serie B. Significa una guerra civile.
Questo è l’insegnamento scomodo di Mattarella, che la destra dovrebbe capire e la sinistra valorizzare.
© Riproduzione riservata