La realtà ha la testa dura. L’Europa federale non è una meta possibile in un quadro democratico. Anzi, in tale quadro, più aumenta l’intensità politica dei nodi da affrontare, più si afferma la sfera nazionale.

La spada ha massima intensità politica. Erano visionari gli autori dello sbandierato e poco letto Manifesto di Ventotene, ma avevano consapevolezza storico-politica. Il loro “sogno” era compito di un’élite rivoluzionaria che «...attinge la visione e la sicurezza di quel che va fatto, non da una preventiva consacrazione da parte della ancora inesistente volontà popolare, ma nella sua coscienza di rappresentare le esigenze profonde della società moderna. Attraverso questa dittatura del partito rivoluzionario si forma il nuovo stato e, intorno ad esso la nuova vera democrazia».

Senza popolo

Insomma, gli Stati Uniti d’Europa si fanno senza popolo perché i popoli hanno storie, culture e lingue nazionali. Le nazioni si fondono attraverso le guerre, non in ossequio al funzionalismo, monetario o militare. Le madri e i padri costituenti ignorarono lo scritto di Spinelli, Rossi e Colorni in quanto programmarono una Repubblica democratica, dove «Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione» (art. 67) e «La difesa della Patria è sacro dovere del cittadino». (art. 52).

Lasciarono fuori il termine “Europa” dalla nostra Carta. Lo inserirono, non a caso, i disinvolti revisori del 2001 con la sciagurata modifica del Titolo V foriera di un’autonomia differenziata intesa dai suoi araldi a superamento dello Stato nazionale nell’avanzamento verso l’Unione europea delle Regioni.

«ReArm Europe non va oltre la prospettiva nazionale» perché non può andarci. Non è un primo passo, è il passo, l’unico possibile. Le affermazioni dell’ammiraglio Giuseppe Cavo Dragoni, presidente del Comitato militare della Nato, sono definitive: «Come per la Nato, non è corretto parlare di un “esercito europeo”, ma di forze che vengono messe a disposizione di un’organizzazione da parte di Stati membri per specifiche attività e periodi di tempo limitati. Quindi, più che di un “esercito comune europeo”, parlerei di missioni e operazioni europee che devono avere come comune denominatore forze interoperabili e intercambiabili» (Il Messaggero, 15/3).

È, in breve, «la catena di comando superiore» proposta da Mario Draghi nella recente audizione al Senato. Gli “statisti” e i “veri riformisti” all’assalto della segretaria del Pd dovrebbero avere l’onestà intellettuale di riconoscerlo.

A Berlino, il mega fondo da 400 miliardi di euro per riarmarsi è stato deciso non da AfD e BSW, ma dal soggetto politico più autorevole e più forte del Partito popolare europeo insieme al corrispondente protagonista della famiglia socialista e democratica. Si va avanti con l’autoinganno? Insomma, i difetti di ReArm Europe non stanno nel suo impianto nazionale. Sono, invece, di ordine politico ed economico.

Primo, in quale disegno di politica estera si inquadra? Le frenetiche classi dirigenti europee (copyright Lorenzo Castellani), politiche, culturali e della comunicazione riavviano realistiche e autonome relazioni politiche e commerciali con Mosca?

Nell’allargamento, si fermano perché l’Ue è già “grande da morire” (Sylvie Goulard) e si fanno carico della ricostruzione dell’Ucraina con una sorta di Piano Marshall così da evitare di insistere a colpire il lavoro con l’ingresso di altri Stati caratterizzati da salari di 300-400 euro al mese, fisco e welfare minimale?

Secondo, chi paga gli ingenti investimenti aggiuntivi ritenuti necessari? Caro professor Giavazzi (Corriere 17/3), il problema non è chi presta i soldi agli Stati. La fine imposta al mercantilismo Ue libera una valanga di risparmio europeo dal finanziamento dei consumatori Usa.

Warfare contro welfare

Ma, per far fronte al maggior debito pubblico per il warfare, poi arrivano i tagli al welfare. È una scelta politica. Classista. In alternativa, gli Stati Ue potrebbero, ad esempio, portare la tassazione effettiva su redditi di capitale e impresa a livello medio europeo: di fronte a una “minaccia esistenziale” perseverano a farsi concorrenza sleale?

Nella transizione verso un fisco meno iniquo, la Bce potrebbe varare un programma analogo al Pepp attuato durante il Covid, ma con riacquisti dei titoli di Stato a ogni scadenza: il debito per le armi non è forse “debito buono”?

Attenzione. Continuare a colpire lavoratrici e lavoratori in cerca di protezione sociale e identitaria li spinge sempre più nelle braccia delle destre nazionaliste e autoritarie. Non è ancora chiaro?

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