Quello che si registra oggi è un sintomo persino peggiore che l’inflazione di laici devoti e sedicenti tutori dei buoni costumi: si va diffondendo la delirante idea di una connessione diretta tra i leader e Dio in persona. Sul versante Usa, Trump confessa l’umile certezza d’essere stato salvato dalla mano dell’Onnipotente
Con buona pace di Nietzsche, il Padreterno gode di ottima salute, quantomeno in politica. Non è nuovo il fenomeno del ritorno della religione nella scena pubblica, con leader ed eminenti filosofi che da decenni vanno firmando pamphlet a quattro mani con cardinali e vicari di Cristo in pectore.
Eppure, quello che si registra oggi è un sintomo persino peggiore che l’inflazione di laici devoti e sedicenti tutori dei buoni costumi: si va diffondendo la delirante idea di una connessione diretta tra i leader e Dio in persona. Sul versante Usa, Trump confessa l’umile certezza d’essere stato salvato dalla mano dell’Onnipotente – a crismata conferma della sua inarrestabile ascesa alla Casa Bianca. Eppure, come spiega Mattia Ferraresi, la destra religiosa in quelle latitudini è un fenomeno risalente, benché in espansione.
Più ad est, Putin è stato intronato da Dio stesso – così almeno assicura Cirillo – per condurre la guerra santa contro l’occidente globalista e satanico. Ma già da tempo la Chiesa ortodossa russa contribuisce con acribia al rafforzamento del regime putiniano garantendogli una legittimazione “spirituale”. Preoccupa piuttosto che negli stati europei si segua la strada aperta da detti antesignani di oriente e di occidente. Anche nell’Europa un tempo illuminista si registra il ritorno di Dio come motore della storia – o più precisamente, facitore del presente e dell’immediato futuro di alcuni suoi leader politici. Orbán, che un tempo si autodefiniva “liberale agnostico”, oggi parla – immancabilmente a nome del popolo – di un ripristino integrale di Dio in Costituzione.
Alternative für Deutschland (in sostanziale linea con il famigerato Gott mit uns) sostiene apertamente che il popolo tedesco sia uno specialissimo artefatto divino e che da questa evidenza debba trarsi una chiara linea di attuazione politica. Nei Paesi Bassi, il Partito per la Libertà propone di rendere effettiva l’equazione, a loro giudizio cristallina, tra cristianesimo e civiltà, e quindi di imprimere una spinta concreta alla vocazione civilizzatrice della volontà divina.
Dalle nostre parti, Salvini non bacia il Rosario per fare pubblica professione di una credenza, ma per ringraziare direttamente la Madre di Dio. Davanti a dette prese di posizione, potremmo cadere vittime di un abbaglio: l’intensificarsi del voto di matrice religiosa non implica tanto un ritorno della religione, quanto un consolidamento della leadership. Ad esempio, in Francia e Spagna, per ragioni legate alla loro storia particolare, tra i ranghi dell’ultradestra la religione gioca un ruolo assai più residuale.
Per i leader del Rassemblement National o di Vox, il richiamo insistito alla lotta al multiculturalismo o all’aborto o ai diritti Lgbt serve più per compattare l’elettorato sull’impronta decisionista della leadership che per favorire una qualche risacralizzazione della società. Tutto questo è l’avvisaglia di qualcosa che eccede il noto refrain dello “scontro tra civiltà”, cui avevamo fatta l’abitudine a partire dagli attentati dell’11 settembre 2001.
Tanto l’auto-investitura religiosa quanto l’auto-elezione ad agenti moralizzatori suggeriscono piuttosto il ritorno dell’idea di un trasferimento diretto del potere divino al leader politico – un’idea che già nel Trecento Marsilio da Padova considerava datata e che da allora gradualmente perdette di ogni credibilità. I leader non manifestano tanto la volontà di difendere un complesso valoriale – il che, sia detto con la massima chiarezza, è più che legittimo nell’ambito di una politica pluralista.
Con spavalda tracotanza, si presentano quali agenti di Dio per suo diretto mandato. In questa chiave, più che di ritorno del divino, a me pare si tratti di una delle tante mendaci spoglie dell’aspirazione dei leader all’incarico forte; l’attrattiva per un potere che sarebbe garantito loro non solo dal basso, tramite acclamazione popolare, ma anche dall’alto, in richiamo a una sempre più perscrutabile volontà divina.
E come e più che al tempo in cui i sovrani ricevevano la corona dalle mani sante del Pontefice, oggi nessun leader crede davvero che dietro al caotico intrico della storia ci sia la linea coerente del progetto divino. L’investitura sacra e la prossimità al miracolo effondono solo un poco d’incenso sulla pulsione sempre più tenace verso un esecutivo forte. Quantomeno, un tempo il contatto diretto col corpo dei Re pare avesse il potere soprannaturale di guarire dalle scrofole. Oggi, all’opposto, scatena una forte dermatite allergica, assieme a profondo imbarazzo.
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