L’attentato a cui Donald Trump è scampato grazie all’intervento di Dio, come ha detto, ha inaugurato una nuova stagione narrativa della campagna elettorale, quella messianico-profetica, proiettata sulle cose ultime. Prima degli spari in Pennsylvania che miracolosamente non l’hanno ucciso, Trump era soltanto, si fa per dire, un martire civile circondato da politici e magistrati corrotti che volevano eliminarlo dalla corsa per via giudiziaria.

Quando si è rialzato in piedi dopo i colpi di fucile era trasfigurato, un circonfuso di luce pronto a dare battaglia al Male (con la maiuscola) fino alla fine dei tempi. Il vocabolario delle dichiarazioni post-attentato è subito cambiato. «NON AVREMO PAURA», ha scritto nel primo messaggio dopo lo scampato pericolo, «ma invece saremo resilienti nella Fede e Sfrontati in faccia alla Malvagità». Ha fatto riferimento al messaggio di unità nazionale che ha ripetuto anche ieri e che tornerà anche nel discorso di giovedì alla convention di Milwaukee. Ma l’unità significa in questo contesto «non permettere al Male di Vincere», niente abbracci universali e perdono offerto a coloro che lo odiano.

La destra religiosa non poteva essere più galvanizzata da questa trasformazione. Il sangue, l’odio del mondo, l’agnello sacrificale che si offre, la mano divina che devia il proiettile scagliato da un servitore del demonio: per l’elettorato cristiano, soprattutto evangelico, che dall’inizio della sua comparsa in politica ha letto Trump come un messo divino, l’attentato è un cerchio che si chiude, una profezia che si avvera.

L’attacco di Thomas Crooks non è diretto a Trump, ma a tutta la cristianità, a una visione del mondo che la storia della provvidenza ha voluto s’incarnasse in lui. L’obiezione che il rappresentante scelto è un individuo empio e secolarizzato che fra le molte altre cose poco commendevoli ha pagato una pornostar per tacere della loro relazione si dissvole di fronte alla lettura della guerra spirituale in corso. Il Prescelto può essere anche un individuo moralmente indegno. Chi era vicino al presidente nelle ore dopo l’attentato ha riferito che più volte ha fatto riferimento alla mano di Dio che lo ha salvato, ed è molto probabile che stia rivedendo il discorso di accettazione della Convention per sottolineare la dimensione evangelica.

Infrastruttura

Da tempo Trump e suoi hanno costruito una grande infrastruttura religiosa per consolidare quell’elettorato. I democratici vengono definiti come nemici che vanno «colpiti», concetto espresso con una verbo che in inglese è associato al linguaggio del Deuteronomio, e la vicepresidente, Kamala Harris, è l’incarnazione di Jezebel, la figura demoniaca che conduce verso la perdizione.

Il Male che gli zeloti vogliono combattere può arrivare a giustificare anche la violenza. Zapor Cruz, teologa della Indiana Wesleyan University, ha sintetizzato così la logica sottesa alla guerra spirituale: «Se sei della parte del Diavolo, quasi tutto può essere giustificato per respingerti e sradicare la tua influenza. E, per alcuni, questo “quasi tutto” include anche la violenza fisica. A Pasqua il candidato ha sobriamente paragonato la sua vicenda giudiziaria alla crocifissione di Gesù. Consumato venditore di cianfrusaglie con il suo nome, si è subito infilato nella vendita di oggettistica religiosa varia per finanziare la crociata. Traffica con le Bibbie personalizzate a 59,99 dollari, come in una versione a basso costo di un racconto di Flannery O’Connor.

Ma in questa battaglia esistenziale per l’esistenza stessa dell’America, intesa come riedizione della Terra promessa, secondo il canone con cui i puritani leggevano la storia, conta anche la disposizione delle truppe. I principi sono contenuti nell’ormai famoso Project 2025, il documento scritto dalla Heritage Foundation per tracciare i volto dell’America sotto Trump, ma poi servono i soldati sul campo.

Ralph Reed, fondatore della Faith & Freedom Coalition, una delle tante iniziative politiche che punteggiano il mondo evangelico, ha un piano per salvare il paese. HJa promesso a Trump che i suoi adepti busseranno a 10 milioni di potre di cristiani conservatori negli stati chiave per portarli a votare, farà 10 milioni di chiamate elettorali, metterà 30 milioni di brochure per guodare al voto in 113.000 chiese, producendo quello che lui definisce «la più grande affluenza di elettori cristiani nella storia americana».

La questione dell’affluenza è importante, perché di solito il candidato che è più avanti nella corsa punta sul portare alle urne quelli che sono già convinti, non allargare lo spettro elettorale. E Trump, messo divino scampato alla morte per intervento divino, adesso sente di essere avanti.

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