- «Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sull'operato del Governo e sulle misure adottate per prevenire e affrontare l'emergenza del COVID- 19». Un titolo che è già di per sé un atto di accusa al governo giallorosso, che nel 2020 ha gestito la pandemia più devastante del secolo. La nostra Costituzione tuttavia è chiara: «Le Regioni programmano e gestiscono in piena autonomia la sanità nell'ambito territoriale di loro competenza». Eppure le regioni non compaiono nel campo d’indagine della commissione.
- C’è una contraddizione politica nel non indagare sull’operato delle regioni. Una scelta delle forze aperturiste, che strizzano l’occhio ai no vax, che non hanno mai invocato la zona rossa in Val Seriana, ma che rivendicano l’autonomia differenziata e il potere decisionale delle regioni.
- Negli ultimi 25 anni, invece, si è andati nella direzione opposta. Il modello Lombardia è l’esempio, sempre più diffuso in altre regioni. Se il Servizio sanitario nazionale non funziona ne giovano sanità privata e “mutue” integrative.
Partiamo dal titolo: «Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sull'operato del Governo e sulle misure adottate per prevenire e affrontare l'emergenza del COVID- 19». Un titolo che è già di per sé un atto di accusa al governo giallorosso, che nel 2020 ha gestito la pandemia più devastante del secolo. La nostra Costituzione tuttavia è chiara: «Le Regioni programmano e gestiscono in piena autonomia la sanità nell'ambito territoriale di loro competenza». Eppure le regioni non compaiono nel campo d’indagine della commissione.
Regione Lombardia ha avuto una propria commissione d’inchiesta sul Covid. Nella relazione conclusiva si legge che l’ente ha «operato instancabilmente e con ogni mezzo» per contrastare la pandemia. Tradotto: siamo stati bravissimi. Ecco perché è legittimo chiedersi se la politica può processare se stessa. Una commissione parlamentare è per sua natura politica: è la maggioranza che decide su che cosa indagare.
Autonomia, ma non troppo
Nella bergamasca, in Lombardia, nella primavera 2020 si è consumata una strage: in soli due mesi sono morte seimila persone di Covid. Bergamo ha registrato l’incremento della mortalità più alto al mondo: +574 per cento. Colpa solo del governo? Le inchieste giornalistiche e la magistratura hanno ampiamente documentato due fatti: il presidente lombardo, Attilio Fontana, già a fine febbraio era a conoscenza della catastrofica situazione nella sua regione, ma non chiese mai una zona rossa. Come rivelato da Domani, il 28 febbraio Fontana scriveva una mail alla protezione civile e al governo per chiedere il mantenimento di misure blande già in vigore. Il presidente si è sempre difeso sostenendo che la regione non potesse agire in autonomia. Ma il verbale dell’allora Ministro dell’interno, Luciana Lamorgese - agli atti dell’inchiesta di Bergamo - lo smentisce. Oggi abbiamo anche le prove che, oltre alle pressioni da parte del mondo industriale per non chiudere, vi furono indicazioni politiche per nascondere i dati ai cittadini. Ma su questo la nuova commissione parlamentare non indagherà. C’è per esempio una chat agli atti dell’inchiesta emblematica: «Ho parlato con Fontana, dice che c’è un’indicazione di tenere tutto nascosto. Ho saputo che Salvini non vuole che la regione prenda posizione. Vuole mettere in difficoltà il governo». Parole di una dirigente regionale.
C’è una contraddizione politica nel non indagare sull’operato delle regioni. Una scelta delle forze aperturiste, che strizzano l’occhio ai no vax, che non hanno mai invocato la zona rossa in Val Seriana, ma che rivendicano l’autonomia differenziata e il potere decisionale delle regioni. Il deficit strutturale del personale sanitario, il mancato aggiornamento del piano pandemico, la mancata attivazione di quello all’epoca vigente, la carenza di dispositivi di protezione individuale e di respiratori (aspetti su cui la commissione indagherà) non hanno nulla a che vedere con la decisione di regione Lombardia di non mettere in sicurezza i cittadini di un’area divenuta il focolaio d’Italia.
La prima norma disattesa è la legge istitutiva del servizio sanitario nazionale, che conferisce a sindaci e a presidenti di regione il potere di istituire zone rosse. La seconda è un decreto del 2020, che conferiva alle autorità regionali il potere di adottare misure di contenimento a fronte di un solo caso Covid sospetto.
Da una parte, dunque, vediamo schierate flotte di politici e di scienziati intenti a far passare l’idea che il virus fosse una materia troppo imprevedibile, che gli errori siano stati commessi in buona fede. Dall’altra, e questa commissione parlamentare ne è la prova, troviamo coloro che utilizzeranno la pandemia come una resa dei conti per condannare i propri avversari politici.
Affari privati
A perdere è il cittadino. Con la lenta agonia della sanità pubblica, i cui pilastri sono: prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione. Funzionano solo se integrati. Negli ultimi 25 anni, invece, si è andati nella direzione opposta. Il modello Lombardia è l’esempio, sempre più diffuso in altre regioni: dipartimenti di prevenzione svuotati di risorse e competenze per creare strutture “aziendalizzate” che non comunicano tra di loro. La prevenzione è decentramento istituzionale, è partecipazione, è controllo democratico. Averla falcidiata è stato fatale con la pandemia. Se il Servizio sanitario nazionale non funziona ne giovano sanità privata e “mutue” integrative. Anche per questo milioni di italiani non riescono più a curarsi. Qualcuno, tra una commissione parlamentare e l’altra, se n’è per caso accorto?
© Riproduzione riservata