Tempo fa ho visto una lezione online tenuta da un insegnante di negoziazione che nella vita si è occupato di contrattazioni molto complesse, lavorando con i servizi segreti anche in situazioni estreme, per esempio nell’ambito del terrorismo.

L’insegnante spiegava molto chiaramente un principio fondamentale, e cioè che in ogni negoziazione “il nemico”, chiunque sia, non è la persona con cui stai negoziando. Il nemico è il problema, nel senso della questione che si cerca di risolvere tramite la negoziazione.

L’atteggiamento migliore di chi negozia non è infatti quello di comportarsi come se dovesse distruggere l’altro, cioè la controparte, ma di agire come se la priorità fosse risolvere il dilemma dell’accordo. Vale anche nei casi straordinari, problematici, non banalmente commerciali. I casi di particolare tensione. Per esempio, se stai negoziando per il rilascio di una persona rapita (questo era il caso portato dall’insegnante), l’atteggiamento più indicato non è trattare il rapitore da nemico, cosa che non funzionerebbe mai, ma lavorare col rapitore per dargli la sensazione che intendi capire le sue ragioni e che stai cercando, insieme a lui, di venire a capo di questa antipatica situazione che si è creata. Insomma, il rapitore va coinvolto.

Un sogno di armonia

La negoziazione mi è sempre sembrata un luogo di grande civiltà e intelligenza. È il metodo con cui le persone, pur mantenendo tutti i limiti umani legati all’egoismo, risolvono le differenze, o quantomeno trovano una via percorribile nonostante le differenze. Non ha a che fare con l’armonia, non in modo diretto, ma in qualche modo la determina o segretamente ne sogna l’esistenza. Un equilibrio negoziale perfetto provoca una sensazione di pace, non di guerra. Certo la negoziazione è anche un equilibrio di potere, dunque non si ha mai, nei fatti, la perfezione pacifica. Però si creano le condizioni per un’assenza di guerra.

L’arte della negoziazione deriva dalla stratificazione, nel corso della storia umana, di tutte le tecniche che via via si sono dimostrate un successo nel raggiungimento del compromesso. È un processo che consente di raggiungere un accordo evitando discussioni aspre, controversie acute e violenza. In qualche modo, la negoziazione oggi mi interessa perché mi sembra contraria allo spirito violento della contemporaneità. Mi sembra una di quelle espressioni di civiltà che, proprio per questioni di stile, non esercitano più il fascino che dovrebbero esercitare, a differenza di altri metodi che invece rapiscono l’immaginario e le folle. La lotta, la polemica, il più forte. Per questo ci rifletto.

La libertà delle passioni

C’è qualcosa di razionale e di libero dalle passioni, nella negoziazione, e tutto quello che è razionale e libero dalle passioni oggi piace di meno. Nel senso che è percepito come freddo, e non c’è nulla che la società oggi odi più del freddo. Tutti sono costantemente alla ricerca del caldo (non climatico, ma emotivo). Tutti sono alla ricerca della polemica, della frizione (che crea calore). Oppure, quando si sentono particolarmente buone, le persone dicono di volere quella cosa chiamata empatia. «Non scontriamoci, non discutiamo nulla, non mettiamo sul tavolo il problema, ma cerchiamo solo di essere empatici». Non è ben chiaro in cosa consista questa empatia, ma in qualche modo mi sembra una favola che ci si racconta quando si vive in una società fondamentalmente, invece, molto violenta.

Quando c’è una divergenza, le persone subito mirano, come comprensibile, a ottenere il miglior risultato possibile per la loro posizione (o per l’organizzazione che rappresentano). Questo può essere fatto tramite la guerra (le polemiche infinite, le ostilità) oppure tramite la negoziazione.

Nella negoziazione si cerca di seguire il principio di equità e il principio della ricerca del vantaggio reciproco. Non solo. La negoziazione mira, quasi sempre, a costruire o a mantenere la relazione con la controparte. È così che ottiene risultati positivi, lavorando sull’idea del mantenimento della relazione, non della morte e dell’annichilimento, dunque, ma della vita e della sopravvivenza della relazione.

Non credo di essere molto portata per le negoziazioni, i bravi negoziatori hanno una virtù che proprio non posseggo, ossia la pazienza. E mi viene da pensare che la maggioranza delle persone, oggi, non sia brava a negoziare. La mancanza di pazienza non è un fastidio individuale di chi scrive questo articolo, infatti, ma un tratto della società in cui viviamo.

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