Chiunque si siederà ai tavoli negoziali dovrà fare i conti: è uscito il Summary Report for Policy-makers del Sesto Rapporto di Valutazione dell’IPCC (AR6).
Un ultimo aspetto essenziale nelle negoziazioni sarà la finestra che questo ultimo report lascia aperta per riuscire a contenere l’aumento di temperatura vicino ai +1,5°C. Questa conferma non era per nulla scontata, ma mostra come la strada sia ancora percorribile per quanto sempre più ardua ogni giorno che passa.
Ogni racconto ha la sua introduzione, il suo svolgimento e le sue conclusioni. È molto diffuso pensare che la Cop per il Clima, il più grande appuntamento mondiale per coordinare gli sforzi per arginare la crisi climatica, cominci, si svolga e si concluda in quella manciata di giorni verso fine anno, quest’anno a Glasgow.
In realtà l’introduzione è molto più lunga, e si è appena aggiunta una premessa con la quale chiunque si siederà ai tavoli negoziali dovrà fare i conti: è uscito il Summary Report for Policy-makers del Sesto Rapporto di Valutazione dell’IPCC (AR6). In parole povere: la più grande autorità al mondo in fatto di clima ha fatto uscire, giusto un mese prima della pre Cop e due mesi prima della Cop, la prima parte del report completo.
Il lavoro
Si tratta di una mole di articoli scientifici, oltre quattordici mila, analizzati e revisionati da centinaia di scienziati in tutto il mondo. In più, questo riassunto creato ad hoc per i decisori politici è stato sottoposto al vaglio di centonovantacinque stati che hanno dovuto approvarlo prima dell’uscita. Significa che non c’è più la possibilità di discutere di qualunque di queste premesse ai tavoli negoziali, e che è ancora più inequivocabile la responsabilità che la politica ha di fronte a queste scelte.
Lo ha dichiarato meglio di tutti il direttore dell’Ipcc Hoesung Lee: «Le novità e i progressi scientifici sul clima contenuti in questo rapporto forniscono un contributo inestimabile ai negoziati sul clima (la Cop 26, ndr) e ai processi decisionali».
Non sono infatti presenti mirabili novità rispetto all’aumento degli eventi estremi, ma è l’aumento della precisione delle probabilità che si verifichino forse una delle più importanti novità - con sempre più eventi estremi che passano da “likely” a “extremely likely”, ossia da “probabili” a “molto probabili”. Si tratta insomma più di puntini sulle i, che di rivoluzioni vere e proprie, visto che questi report altro non fanno che aggregare la conoscenza scientifica già presente e validata.
L’altra grossa conseguenza politica di questo report è il forte accento che viene messo sul metano, responsabile di circa un quarto di tutto il riscaldamento avuto fino a qui. Non solo le dispersioni dirette dall’agricoltura e dall’allevamento, ma anche quelle in ambito energetico: dai gasdotti o nei siti estrattivi. Tante nazioni - soprattutto nella parte più sviluppata del mondo - stanno puntando forte sul metano, specialmente come sostituto del carbone. Ma il report riporta tutti alla realtà scientifica di un gas con un Gwp - Global Warming Potential, ossia quanto sia forte come gas serra - pari a 88 volte l’anidride carbonica sul breve periodo.
La geopolitica
Il ministro della Transizione Ecologica Roberto Cingolani, in un'intervista a Repubblica, ha detto che questi numeri «non incideranno sulle questioni geopolitiche», ma si è già visto come questi temi - in particolare il gas fossile - fossero stati oggetto perfino di richiamo pubblico da Kerry, che aveva bacchettato pubblicamente il ministro italiano.
Infatti l'Italia è una delle nazioni che storicamente ha sempre fatto ampio uso di gas fossile, e che nella prima ondata di decarbonizzazione si trovava in vantaggio. Ora però, alla luce dell'acclarato ruolo del metano nell'aggravare la crisi climatica, la dipendenza delle sue importazioni e le conseguenze geopolitiche saranno sempre più sotto osservazione.
Un ultimo aspetto essenziale nelle negoziazioni sarà la finestra che questo ultimo report lascia aperta per riuscire a contenere l’aumento di temperatura vicino ai +1,5°C - tema su cui anche all’ultimo G20 Kerry e Cingolani avevano provato ad insistere. Questa conferma non era per nulla scontata, ma mostra come la strada sia ancora percorribile - per quanto sempre più ardua ogni giorno che passa.
Gli appuntamenti da qui alla Cop26 di Glasgow dovranno quindi focalizzare ulteriormente i loro sforzi sull’abbandono totale del carbone il prima possibile, ma allargare l’attenzione al gas naturale - molto difeso dalle lobby. Il tutto all’interno di una revisione della fatidica frase contenuta negli Accordi di Parigi, ossia limitare l’aumento di temperatura “ben al di sotto dei +2°C” che dovrà guadagnare consenso e auspicabilmente diventare un “intorno ai +1,5°C”.
Il report dell’Ipcc indica chiaramente come questa opzione possa limitare le catastrofi previste dai peggiori scenari. Le successive due parti del report su mitigazione e adattamento indicheranno ancora meglio la strada. Nel frattempo, il messaggio molto chiaro ai decisori è che in quel mezzo grado di differenza si giocherà molto della storia umana dei prossimi decenni.
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