Quale è il futuro del sistema politico italiano nel lungo periodo? All’orizzonte si intravedono due modelli, soprattutto guardando alla prossima legislatura.
In uno scenario globale turbato da tensioni geopolitiche, protezionismo e guerre, l’Italia si trova a un bivio che riflette due visioni politiche opposte. Da una parte, potremmo assistere a una rafforzamento della destra sul modello americano incarnato da JD Vance e dall’amministrazione Trump. Il vicepresidente sarà in visita a Roma nei prossimi giorni e l’obiettivo sembra quello di tirare la rete degli alleati politici della Casa Bianca e dei repubblicani in un momento di frattura nei rapporti transatlantici. Dall’altra parte, nel lungo periodo il Paese potrebbe scegliere una direzione moderata ispirata ad un “modello Germania”, con una convergenza al centro per
via di una scomposizione del quadro attuale derivante dalle crepe che si intravedono nella maggioranza e nell’opposizione.
Nello scenario di consolidamento del consenso di Meloni intorno alla piattaforma dei nuovi repubblicani americani, la coalizione di centrodestra continua a far pesare la destra più del centro, viene guidata dalla leadership di Fratelli d’Italia e dall’influenza di idee nazionaliste e populiste alimentate dalla visione trumpiana. La retorica nazionalista verrebbe rafforzata, con un focus su temi come sovranismo economico, corporativismo, difesa dei valori culturali tradizionali e riforme istituzionali volte a rafforzare il potere esecutivo. L’Italia adottando questo approccio potrebbe frenare ulteriori processi di integrazione politica europea e diventare una delle enclave americane nel vecchio continente, con vantaggi e svantaggi ancora difficili da calcolare.

Tuttavia, tale scenario si adatta alla visione di Trump relativa all’Europa: una costellazione di Stati nazione, di taglia medio-piccola, soggetti alle sfere d’influenza delle grandi potenze, divisi tra di loro e incapaci di organizzarsi su base sovranazionali in modo significativo, soggetti a rapporti di vassallaggio con il centro dell’impero, cioè l’America. Senza soluzioni europee sulla difesa, però, resterebbe al governo il problema dell’aumento della spesa militare, che è invece una condizione richiesta dagli Stati Uniti e necessaria per far contare il paese sul piano internazionale. Il rischio è quello di trasformarsi un piccolo alleato americano, ma non essere più una media potenza europea.
Lo scenario opposto, deducibile dalle posizioni delle forze politiche, sarebbe invece una convergenza pragmatica delle forze politiche intorno a un baricentro moderato, con Fratelli d’Italia che guida una coalizione allargata che include Forza Italia, forze centriste come Azione e Italia Viva, e persino pezzi del Partito Democratico. Questa larga intesa, che potrebbe prefigurarsi soltanto nel caso di una rottura del centrodestra e del centrosinistra per le implicazioni della politica internazionale su quella interna, garantirebbe una stabilità politica necessaria per affrontare le sfide globali, come l’investimento in difesa e il protezionismo economico, in modo maggiormente indipendente dall’America, con maggior pragmatismo e coesione.

Il dialogo con l’Unione Europea verrebbe rafforzato, puntando su politiche condivise per gestire la sicurezza energetica e magari la creazione di nuovi fondi europei per difesa e industria avanzata. Tuttavia, il rischio di una coalizione così eterogenea sarebbe la mancanza di una visione definita, che potrebbe generare alienazione tra gli elettori più ideologici e determinare la crescita delle ali estreme, come Lega e pezzi della nuova sinistra a trazione 5 Stelle, in modo tale da mettere pressione sulla grande coalizione.

Sarebbe insomma una convergenza al centro che consentirebbe, all’establishment di destra e sinistra, di forzare la mano, permettendo alle forze politiche di coprirsi a vicenda rispetto agli indirizzi dell’opinione pubblica, sulla difesa e sulla costruzione di una politica economica e industriale europea.

I due orizzonti: 2027 e 2029

Ci muoviamo, è bene sottolinearlo, nel campo delle ipotesi. È chiaro che fino a che i partiti di centrodestra troveranno la quadra, pur se nelle ultime settimane le difficoltà stanno aumentando, lo scenario base resta la fine della legislatura nel 2027, ma se volessimo spingere l’analisi più avanti nel tempo allora due sembrano le opzioni possibili, anche dopo le prossime elezioni.

La soluzione “Vance”, con un centrodestra compatto e vincente, dentro le linee rosse della Casa Bianca, alleato preferenziale in Europa di Trump, e uno schema politico bipolare oppure l’opzione alla tedesca con una convergenza al centro, attraverso la rottura delle coalizioni classiche, per affrontare le emergenze causate dal cambio di paradigma internazionale.

Quale opzione prevarrà dipenderà da due fattori decisivi: l’orientamento degli elettori, se nei prossimi anni andrà verso una radicalizzazione sia a destra che a sinistra o se invece ricercherà una nuova normalità nel segno della moderazione e del rigetto delle conseguenze del trumpismo; e l’impatto politico, economico e psicologico impresso dalle nuove svolte internazionali sulla classe politica non soltanto italiana ma europea.

Se l’Europa riuscisse a fare un passo in avanti, il solco con gli Stati Uniti farsi ancora più ampio, nuove politiche comuni vedere la luce, allora il secondo scenario potrebbe farsi più probabile. Senza dimenticare che nel 2029 ricorre l’elezione del nuovo Capo dello Stato, una partita a cui molti vorranno partecipare e intorno a cui le carte dei partiti tendono in genere a rimescolarsi.

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