- Nel dibattito sul fumo c’è, in piccolo, quello sulla crisi climatica: soltanto la regolazione pubblica può spingere gli individui ad adottare comportamenti che riducano le esternalità negative scaricare sugli altri.
- I fumatori diranno che così si limita la loro libertà, ma soltanto perché non si rendono conto che la loro scelta di fumare finisce per incidere sul perimetro delle libertà degli altri.
- Ad alcune libertà – come quella di di non vaccinarsi – è necessario rinunciare per proteggerne altre, più importanti.
Se il ministro della Salute Orazio Schillaci modificherà davvero la legge sul fumo per limitare ulteriormente gli spazi dove è lecito intossicarsi e intossicare e i modi per farlo, forse un giorno pure di Giorgia Meloni, come di suoi illustri predecessori, si dirà che “ha fatto anche cose buone”.
Un altro governo di centrodestra, a guida Silvio Berlusconi, nel 2003 ha vietato il fumo nei luoghi pubblici: un enorme progresso per la qualità della vita di tutti, fumatori e non . All’epoca, dati della fondazione Veronesi, in Italia fumava il 27,6 per cento degli italiani.
Ma nel 2005, quando la legge è entrata in vigore, il 90 per cento degli italiani si dichiarava a favore: segno che pure i fumatori si erano stancati di sentire solo il sapore del fumo quando stavano a bere o mangiare in certi locali.
Poi ci sono state altre strette di puro buon senso, l’ultima nel 2016, con una serie di divieti a tutela dei minori. Nel 2021 a Milano il sindaco Beppe Sala ha vietato di fumare anche all’aperto dove il fumo può arrivare a infastidire altre persone.
Purtroppo, ricorda sempre la Fondazione Veronesi, il numero dei fumatori è tornato a salire, siamo al 24,2 per cento, oltre 12 milioni di persone: merito di una formidabile campagna di lobbying delle compagnie del tabacco che, per sopravvivere, hanno venduto l’idea di un fumo sano, quello delle sigarette elettroniche o di quelle senza combustione, che hanno preservato il vizio in tanti italiani che hanno aggiunto nuove dipendenze alle vecchie.
Intorno al fumo si decide un’idea di libertà: quella egoista che scarica sugli altri il costo delle sue esternalità negative (in termini di costi per il servizio sanitario, fastidio e danni inflitti alla salute altrui) e quella responsabile, che finisce dove inizia la libertà degli altri.
Poiché nessuno vuole che il fumatore si faccia carico dell’intero costo del suo comportamento – come succederebbe se pagasse più tasse per i costi sanitari aggiuntivi o per indennizzare gli altri, o se venisse penalizzato nelle liste d’attesa per esami e interventi – l’unica cosa che la società può fare è limitare ulteriormente gli spazi e i momenti in cui è lecito fumare.
Nel dibattito sul fumo c’è, in piccolo, quello sulla crisi climatica: soltanto la regolazione pubblica può spingere gli individui ad adottare comportamenti che riducano le esternalità negative scaricare sugli altri.
Questa cooperazione forzata e guidata ha come effetto di migliorare la salute e la prospettiva di tutti.
I fumatori diranno che così si limita la loro libertà, ma soltanto perché non si rendono conto che la loro scelta di fumare finisce per incidere sul perimetro delle libertà degli altri.
Ad alcune libertà – come quella di di non vaccinarsi – è necessario rinunciare per proteggerne altre, più importanti.
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