Parte della destra al governo non si riconosce nella Costituzione, nella sua origine antifascista nata dalla Resistenza e punta a cambiarne la sostanza nella direzione di una capocrazia, senza contropoteri. Il tentativo di Meloni di imporre l’elezione alla Consulta del giurista che ha impostato i suoi cambiamenti costituzionali è un anticipo di cosa ci riserverebbe questa destra se non verrà fermata in tempo
Si moltiplicano le tensioni nel governo e nella maggioranza. Nelle regioni del Mezzogiorno governate dalla destra la preoccupazione è crescente. In Basilicata solo il voto contrario di Azione ha impedito che il consiglio regionale si unisse alle regioni che hanno sollevato l’incostituzionalità della legge sull’autonomia regionale differenziata alla Corte.
Nella memoria presentata dalla Puglia, firmata da Massimo Luciani, si dimostra che la legge Calderoli è in contrasto perfino con gli articoli 116, 117 nella versione attuale, che pure hanno bisogno di modifiche superando il potere concorrente stato/regioni e garantendo un potere centrale unificante dello stato per evitare ora il deragliamento della sanità regionalizzata dal sistema pubblico, in futuro della scuola, dell’ambiente, del lavoro, delle infrastrutture, ecc.
Calderoli in combutta con Zaia ha provato ad avviare subito il confronto tra regioni e governo su politica estera e comunitaria, ma lo stop del ministro degli Esteri, dopo aspre polemiche, ha consigliato di provare con la Protezione civile. Zaia ha chiesto di poter firmare i decreti della protezione civile per le emergenze, che però arrivano appena richiesti e dovrebbero fermarsi ai confini regionali. Il ministro competente ha stoppato questa iniziativa, anche se gli è valsa una risposta irritata.
Cirio del Piemonte ha avuto la luminosa idea di chiedere la distribuzione dei passaporti, impadronendosi della sperimentazione appena avviata tra Interni e Poste. Una richiesta ridicola, pur di ottenere qualcosa, ma l’anagrafe è affidata ai comuni e gli Interni hanno il potere di sovraintendere e di decidere innovazioni, come quella delle Poste che è solo organizzativa e non si capisce perché dovrebbe essere trasferita alle regioni, sottraendo ruolo ai comuni. Tentativi stoppati, ma Calderoli e Zaia insisteranno.
Pur di ottenere poteri e avviare il trasferimento dei poteri statali alle regioni tutto fa brodo. Un tentativo di iniziare ad attuare la Calderoli prima che le decisioni della Corte (12/13 novembre) sui ricorsi delle regioni possano impedirne l’attuazione o che la Corte dia via libera al referendum abrogativo sulla Calderoli.
La raccolta delle firme è stata una novità politica potente (1.291.000 firme) e ha messo in allarme settori della destra. La Lega teme l’azzeramento della sua conquista più vantata, FdI e FI capiscono che il rischio di perdere il referendum esiste e che perderebbero voti, tanto più se dovessero nascondersi dietro al non voto, sperando di far fallire il quorum.
Giorgia Meloni ha sbagliato dall’inizio sull’importanza dell’autonomia regionale differenziata. Vista solo come prezzo da pagare alla Lega per il patto di potere della maggioranza, in cambio del premierato, che stravolgerebbe la Costituzione trasformando il capo del governo eletto direttamente nel centro di un potere personale per 5 anni, da cui tutto dipende. Il governo diventerebbe uno staff del capo, il parlamento non avrebbe più il potere di decidere il governo e le politiche, diventando un mero supporto, eletto insieme e dipendente dal capo. Se cade il capo tutti a casa.
L’Italia è una repubblica parlamentare. Non si può cancellare la Repubblica, ma nemmeno il ruolo centrale della rappresentanza esercitata attraverso i parlamentari, per di più poteri e ruolo del Presidente della Repubblica verrebbero tagliati drasticamente. La Costituzione del 1948 verrebbe stravolta. È grave che la destra cerchi di negarne il carattere stravolgente perchè teme la reazione di quanti pensano che la Costituzione non può essere stravolta.
Parte della destra al governo non si riconosce nella Costituzione, nella sua origine antifascista nata dalla Resistenza e punta a cambiarne la sostanza nella direzione di una capocrazia, senza contropoteri, puntando a conquistare gradualmente tutto (Presidente della Repubblica, Corte costituzionale Csm, ecc.).
Per questo a Giorgia Meloni è uscito un gesto da dottor stranamore tentando di imporre l’elezione nella Corte del giurista che ha impostato i suoi cambiamenti costituzionali. Il tentativo è andato a vuoto, ma è un anticipo di cosa ci riserverebbe questa destra se non verrà fermata in tempo e ci dice che il giudizio sulla Corte attuale è negativo, fino a volere ad ogni costo imporre un suo fido all’interno, e riuscisse sarebbe un passo verso la conquista dei poteri della Repubblica, uno dopo l’altro.
È un disegno ambizioso ma chiaro, va fermato alzando la bandiera dell’attuazione e della difesa della Costituzione, che l’opposizione deve mettere a fondamento della sua alternativa politica e il referendum sull’autonomia differenziata è certamente la prima decisiva occasione che può fare esplodere le contraddizioni nella maggioranza. Per riuscirci occorre convincere a votare la maggioranza degli elettori, impresa possibile. Se questo e gli altri referendum verranno compresi nella loro forza il risultato potrebbe essere straordinario.
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