Quanto sta succedendo in Sardegna sulle rinnovabili non è una vicenda locale e neanche il solito scontro tra favorevoli e contrari alla transizione ecologica. Basti dire che solo negli ultimi giorni ci sono state diverse manifestazioni contro quella che viene chiamata la “speculazione energetica”, due attentati contro impianti eolici e l’intervento delle forze dell’ordine per scortare l’uscita dal porto di Oristano di pale destinate a un impianto nel Medio Campidano.
La giunta guidata da Alessandra Todde ha deciso di fermare tutto per 18 mesi con una moratoria approvata a giugno, con l’obiettivo di riscrivere le regole. Una decisione che, ovviamente, è stata contestata dal fronte opposto di imprese e associazioni ambientaliste che invece spingono perché la Sardegna esca finalmente dal carbone e punti sulle energie pulite.
Sarà dunque importante seguire gli esiti di questa vicenda, perché rappresenta anche un banco di prova per i Cinque stelle e in generale per l’opposizione al governo Meloni per dimostrare che si può governare la transizione climatica nell’interesse pubblico e a vantaggio dei territori.
Una regione diversa
Un aspetto originale dello scontro in corso e di tutta la discussione sulla transizione energetica sull’Isola è la rivendicazione di una diversità, di una eccezionalità rispetto a tutte le altre situazioni italiane e non solo. Punto di partenza sono questioni reali che vengono enfatizzate con slogan ad effetto, come l’invasione di progetti da parte di aziende da fuori l’isola che porterebbe a un vero e proprio “colonialismo”, il non coinvolgimento dei territori, il pochissimo che viene lasciato in termini di royalties, lavoro e opportunità.
Ma in tanti interventi l’enfasi viene posta su una vera e propria incompatibilità di questi progetti con i caratteri dei paesaggi sardi. Un tema che invece torna nell’opposizione dei sindacati e di tanti comuni è che prima di qualsiasi intervento vanno mantenute le promesse. E quindi va portato il gas sull’isola e in tutte le case, come da impegni presi alcuni decenni fa.
A proposito di autonomia, lo statuto speciale della regione viene utilizzato per chiedere che sia solo e unicamente il governo locale a decidere rispetto a quanto si potrà installare – andando contro il governo – e alle regole per i progetti. Su questo argomento ha fatto leva anche Todde quando ha chiesto e in parte ottenuto, che sui progetti di eolico offshore come sulle autorizzazioni per l’estrazione dei materiali rari utilizzati nelle tecnologie della transizione ecologica, sia la regione ad avere l’ultima parola. Una strategia che gode di forte consenso locale e che può funzionare di fronte a un governo che su questi temi si muove in modo confuso e inefficace, ma che può anche diventare pericolosa e contraddittoria.
Pensiamo alla riforma Calderoli sull’autonomia differenziata, contro cui Todde ha giustamente preso una ferma posizione di contrarietà. Perché i principi di solidarietà e di responsabilità valgono anche quando si deve contribuire, ognuno secondo le proprie possibilità, agli obiettivi del Paese sul clima. E la Sardegna è la Regione con le maggiori emissioni di CO2 pro capite in Italia, per via del carbone, e una di quelle con le maggiori potenzialità per la produzione eolica e solare, per l’estrazione di terre rare.
La Governatrice ha fatto bene a denunciare pubblicamente gli interessi delle imprese e delle lobby delle fossili che stanno dietro la campagna mediatica organizzata dell’Unione Sarda contro le rinnovabili. E ha la credibilità per chiudere la porta in faccia a chi cavalca la protesta per bloccare tutto. Per far tornare la discussione sui corretti binari potrebbe organizzare un tour per mostrare i tanti impianti in Sardegna che sono perfettamente integrati nel paesaggio, come l’impianto eolico di Ulassai, quello agrivoltaico di Villasor, o quello solare di Porto Torres.
Le opportunità dalla transizione
La discussione in corso in Sardegna è viziata da un equivoco che troviamo anche nel resto del paese. Ossia quello per cui da questi processi ci si debba difendere, che è in corso un’invasione che va fermata o contenuta allargando al massimo la percentuale di aree non idonee. Todde, ha la possibilità di cambiare questo registro se prima che sulle regole apre il confronto su come disegnare una strada sarda alla transizione energetica. Fa benissimo a girare i territori per ascoltare i sindaci e approfondire le ragioni delle contestazioni, ma al contempo deve anche alzare il livello del dibattito, coinvolgendo e sfidando il mondo delle rinnovabili nel trovare soluzioni.
Mettendoli di fronte alle critiche che vengono da coloro che non sono contrari a priori. Ad esempio, perché in Germania gli enti locali sono dentro i progetti eolici e trovano benefici e da noi non avviene? Oppure, perché negli altri paesi europei ci sono procedure trasparenti di partecipazione, con dibattito pubblico in tempi stabiliti e da noi è impossibile capire quanti progetti siano davvero stati presentati e avere informazioni?
Per poi affrontare il vero grande tema di cui nessuno parla, ossia il lavoro che questo scenario può aprire se sono ben governati i processi. Come in Spagna e Francia sta avvenendo nei porti e nelle aree industriali coinvolte nei progetti di impianti eolici offshore. A proposito di crisi che possono diventare opportunità, in Sardegna da anni si riduce il numero delle aree coltivate, anche per la crescente siccità.
Ma allora perché non indirizzare i progetti solari verso l’agrivoltaico, ossia gli impianti rialzati rispetto al suolo che consentono di continuare le colture e soprattutto la pastorizia, che in Sardegna è ancora fortissima. E infine, come si riducono le bollette delle famiglie e delle piccole imprese sarde? Fino ad ora con il carbone e l’attesa del gas non hanno ottenuto nulla.
Ma oggi è competitivo un modello che punta sul solare sui tetti per l’autoproduzione e le comunità energetiche, con pompe di calore per tutti i fabbisogni degli edifici, efficienza energetica e batterie. Ma manca una politica che supporti questi processi. Eppure, le competenze non mancano, ci sono ottime università e imprese interessate a investire, tanti cittadini e Comuni disponibili. Se Todde sarà capace di spostare il dibattito sulla transizione energetica verso le risposte ai problemi e le opportunità da creare avrà contribuito a costruire un modello energetico e politico replicabile in tutta Italia.
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