- Dopo la conferenza stampa del presidente del Consiglio Mario Draghi è evidente che è stato un errore non approvare una nuova legge elettorale prima dell’elezione del nuovo capo dello stato.
- L’obiettivo di tanti è riuscire a modificare la Costituzione. Non c’è solo la raccolta di firme della leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, a cui si sono aggiunti quello della Lega Matteo Salvini e di Forza Italia, Silvio Berlusconi.
- Prima o poi questa crisi scoppierà. O il parlamento reagisce e rifiuta di approvare provvedimenti a scatola chiusa, come usava in passato, e pretende un rapporto costituzionale tra governo e parlamento, oppure verrà cambiato il simbolo della nostra identità.
Dopo la conferenza stampa del presidente del consiglio Mario Draghi è evidente che è stato un errore non approvare una nuova legge elettorale prima dell’elezione del nuovo presidente.
Quando il ministro dello Sviluppo leghista Giancarlo Giorgetti propose Draghi alla presidenza della Repubblica e di affidare il governo a una persona di sua fiducia, compiva un evidente strappo costituzionale. Se Draghi venisse eletto presidente sarebbe già un’anomalia, che diventerebbe una forzatura con un governo dipendente.
L’obiettivo di tanti è riuscire a modificare la Costituzione. Non c’è solo la raccolta di firme della leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, a cui si sono aggiunti quello della Lega Matteo Salvini e di Forza Italia, Silvio Berlusconi.
Anche opinionisti, come Marcello Sorgi, ed esperti propongono apertamente di cambiare la Costituzione. In questo schema non è Draghi che la deve rispettare, ma la Costituzione che deve essere adattata.
La credibilità del parlamento è ai minimi termini. I parlamentari fanno poco per contrastare questa caduta, che ebbe un’accelerazione con l’ordine del giorno in cui si affermava che Ruby era la nipote di Mubarak, come ordinato da Berlusconi.
Il parlamento non ha subito solo questo scempio. Una sequenza di leggi elettorali hanno distrutto il rapporto di fiducia tra il parlamentare e i suoi elettori. La legge Mattarella, maggioritaria per i tre quarti, aveva salvato parte di questo rapporto attraverso i collegi maggioritari con scelta tra diversi candidati. Non era la legge migliore ma almeno aveva mantenuto alcuni aspetti.
Dopo con il Porcellum è iniziata una fase che ha cambiato l’elezione del parlamentare nella nomina da parte del capo del partito che decide il posto buono in lista. Gli elettori non conoscono i loro rappresentanti, gli eletti non hanno interesse a un rapporto con gli elettori.
Così il parlamento ha perso il ruolo di rappresentanza. La qualità dei parlamentari si è abbassata legislatura dopo legislatura, con lodevoli eccezioni.
Il taglio dei parlamentari
Sull’insoddisfazione si è innestato il taglio dei parlamentari, una scelta dissennata, perseguita con due maggioranze opposte. Non si è compreso che questo avrebbe affossato ancora di più il parlamento. Con un ridicolo bilanciamento: in vigore subito il taglio dei parlamentari in cambio di modifiche della Costituzione che non verranno approvate in questa legislatura.
Ora il parlamento sta subendo nuovi colpi. Senza reazioni né dei singoli parlamentari, né degli organi di rappresentanza, a partire dai presidenti. Decreti legge a raffica, voti di fiducia, maxiemendamenti del governo sono malanni cresciuti anno dopo anno per fare passare le leggi. Il rapporto previsto dalla Costituzione tra governo e parlamento si è capovolto.
Con Draghi siamo arrivati al monocameralismo di fatto, basta pensare alla legge di Bilancio. Nessuna camera può essere silenziata a turno, né per pandemia, né per crisi economica, ma sembra a nessuno interessi il rispetto della Costituzione.
Con il governo Draghi la Costituzione di fatto diverge ancora di più da quella scritta. Gli omaggi al parlamento sono formali.
Prima o poi questa crisi scoppierà. O il parlamento reagisce e rifiuta di approvare provvedimenti a scatola chiusa, come usava in passato, e pretende un rapporto costituzionale tra governo e parlamento, oppure le idee di Sorgi troveranno terreno fertile e si modificherà la Costituzione, simbolo della nostra identità.
Una nuova legge elettorale è indispensabile prima delle prossime elezioni. La metà dell’elettorato non partecipa al voto ed è preoccupante per la nostra democrazia. Proporzionalità e scelta diretta degli eletti da parte degli elettori sono due pilastri di una nuova legge che può aiutare a risalire la china. Servirà molto altro. Se il parlamento troverà il coraggio di approvare una nuova legge elettorale riscatterebbe parte della credibilità perduta. Purtroppo i partiti che avrebbero dovuto porre la questione prima dell’elezione del nuovo presidente della Repubblica non hanno capito in quale trappola si stavano cacciando, rinviando le decisioni. Un errore che potrebbe costare molto caro. Alla democrazia.
La Repubblica parlamentare ha nel presidente un garante vincolato alla Costituzione. In una Repubblica presidenziale è il capo della parte che ha vinto le elezioni. Passare da un garante al capo di una parte non è cosa da poco, occorre cambiare tutto.
L’accentramento dei poteri nell’esecutivo è già oltre la Costituzione. Se si aggiungesse un cambiamento del ruolo del presidente della Repubblica potremmo scivolare verso la quinta Repubblica gollista.
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