Un contratto sembra una cosa semplice, ma rivela asimmetrie di potere e informazione, tanto per cominciare. Complessità impensate di un marchingegno sociale
Ho letto un saggio molto bello, La strada per la libertà di Joseph E. Stiglitz (Einaudi). Nel libro a un certo punto si parla del concetto di contratto e delle sue ambiguità. E le ambiguità dei concetti che siamo abituati a considerare tutto sommato definiti sono sempre la spia di un vizio interessante.
Vincoli
Il contratto, in effetti, sembra semplice. È un accordo in cui una parte accetta di fare o non fare qualcosa in cambio di un impegno analogo dall’altra parte. Un contratto, mi verrebbe da dire, è una tecnologia antica che rimodella la libertà, offrendo alle parti coinvolte nuove occasioni.
Quando due persone stipulano un contratto pensano che la restrizione delle proprie azioni in un ambito comporterà un ampliamento delle possibilità in altri ambiti più importanti. La scelta di vincolarsi nasce dalla convinzione che il vantaggio derivante dall’accordo supererà la perdita di autonomia.
Ma soprattutto: se due persone si mettono d’accordo, se stipulano un contratto, «se sta bene a loro», noi possiamo fare poco, anzi forse dobbiamo fare poco. O meglio, c’è un’unica cosa che dobbiamo assolutamente fare, che le leggi devono assolutamente prevedere di fare, e questa cosa è occuparsi del fatto che i contratti siano rispettati. Persino la destra, che di norma si mostra ciecamente (e retoricamente) abbarbicata sui suoi concetti di libertà dalle ingerenze, lo pretende.
Uno dei pochi ruoli del governo accettati dalla destra è quello di esigere l’applicazione dei contratti. «Questi ultimi sono considerati inviolabili», dice Stiglitz. Eppure, prosegue, «non è vero che consentire qualsiasi contratto stipulato volontariamente da due parti che contraggono liberamente l’accordo incrementi il benessere della società».
Le asimmetrie
Il tema è noto, ma in qualche modo trattarlo ci affatica sempre un po’. Proverò a farlo a mio modo. La convinzione che gli individui agiscano in modo razionale, perseguendo il proprio interesse e massimizzando di conseguenza l’utilità personale, è impiantata nei nostri cervelli, checché se ne dica (l’innegabile successo pop dell’economia tradizionale).
Tuttavia, sappiamo bene che questa visione ignora le complessità delle relazioni sociali, le asimmetrie di potere e informazione e le esternalità che derivanti da contratti solo in apparenza volontari. Restringere la gamma di contratti ammissibili non solo protegge i più vulnerabili, ma può migliorare il benessere collettivo e, talvolta, quello di ogni individuo all'interno della società.
Parliamo anzitutto dell’asimmetria di potere tra le parti. In teoria, un contratto volontario presuppone una parità di posizione, ma nella pratica l’equilibrio è spesso precario. Un lavoratore in difficoltà economica potrebbe accettare un contratto con condizioni gravemente sfavorevoli, come salari bassi o orari di lavoro insostenibili, pur di ottenere un impiego. In questi casi la libertà contrattuale è illusoria, siccome una delle parti è costretta a scegliere tra un’opzione svantaggiosa e l’assenza di alternative. Restringere la gamma di contratti ammissibili, come avviene con le leggi sul salario minimo o sulla sicurezza sul lavoro, può correggere queste distorsioni.
Un’altra criticità riguarda le asimmetrie di informazione. In molti casi, una delle parti ha accesso a informazioni che l’altra non ha. Questo è evidente nel settore finanziario, dove contratti poco trasparenti possono germogliare con facilità. «Perché ti lamenti? Non lo sapevi? Eppure era scritto nelle clausole (in carattere lillipuziano in fondo a pagina settantadue)».
Investitori relativamente poco sofisticati sottoscrivono contratti spinti da un’euforia che non comprendono pienamente e che non sanno inquadrare. L’apparente libertà contrattuale magari avrà persino conseguenze devastanti per milioni di persone e per l’intera economia globale (crisi finanziarie).
In questi casi, regolamentare, imponendo trasparenza o vietando clausole, può proteggere non solo i consumatori ma anche la stabilità economica complessiva. E lo so che ho scritto parole commoventi, e che nella realtà commerciale i contratti amano spogliarsi delle clausole alla prima occasione (contratti nudisti!).
Infine, i contratti non coinvolgono solo le parti direttamente interessate, ma possono generare effetti collaterali che colpiscono terze parti o la società nel suo insieme. Il contratto tra un’impresa e un individuo per lo smaltimento di rifiuti tossici: anche se le parti concordassero sui termini di uno smaltimento improprio, il danno ambientale avrebbe conseguenze disastrose per la collettività.
La libertà non è uno spazio libero, cantava Gaber.
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