Harvey Weinstein (sì, quello) una volta andò in Kashmir per lavoro. Molto tempo prima che gli scandali legati agli abusi sessuali lo travolgessero. All’epoca, era ancora un Weinstein di potere.

Prima di tornare negli Stati Uniti, si recò con tutto lo staff da un guru locale molto famoso per ricevere “il mantra”, una frase o un suono personalizzato che cambierà la tua vita. Uno strumento per la mente. Quando finalmente arrivò il suo turno, il guru lo guardò, gli posò una mano rinsecchita sulla testa e gli disse il mantra. Purtroppo Weinstein proprio allora fece un rutto, e dunque non sentì le parole del guru. Gli chiese di ripeterle. Ma un guru non ripete mai nulla. La situazione che si creò fu questa, dunque: tutti ricevettero il mantra, tutto lo staff, fino all’ultimo sfigato. Weinstein no.

Sull’aereo di ritorno era infastidito, molto. Allora si avvicinò alla sua segretaria e con tono assai amichevole le chiese se era contenta del viaggio, se era soddisfatta, poi di colpo le intimò: «Dimmi il tuo mantra».

Ma lei non voleva, il mantra non si dice agli altri. Non si deve dire, altrimenti lo rovini, così le avevano spiegato. Lui iniziò a insistere, sapendo benissimo di averla già vinta, perché lui vince sempre. Qual era l’obiettivo di Weinstein? Azzardo un’ipotesi: non puoi appropriarti del mantra altrui, ma puoi rubare agli altri la felicità di aver ricevuto il mantra. Puoi rovinare il bello agli altri.

Questo episodio di fantasia (che più scavi più diventa terribile) è contenuto in Harvey, un libro della brava Emma Cline uscito nel 2020 (in Italia con Einaudi Stile Libero). Un libro di cui mi capita spesso di parlare, perché è eccellente e angosciante. Episodio di fantasia, dicevo, quello del guru.

Ma usato – credo – per illustrare in maniera apparentemente lieve la mentalità predatoria. È un caso in cui il potere e l’invidia si mescolano in maniera inquietante. Una lezione di economia del potere. Forse Emma Cline nel decidere di scriverlo ha seguito un’idea di questo tipo: se devi mettere in scena il male, non serve che lo rappresenti in maniera frontale. Talvolta è più efficace osservare le cose di traverso.

Risorse e scarsità 

Il comportamento di Weinstein può essere letto alla luce del concetto di risorsa intangibile, prima di tutto, e poi di scarsità. Il mantra, essendo una risorsa spirituale unica, non è riproducibile. Se te lo perdi (se rutti mentre il guru parla), non puoi recuperarlo. Non è qualcosa che tu possa acquistare dagli altri, è una forma di capitale immateriale che ognuno riceve in via personale e irripetibile.

Weinstein si trova dunque in una situazione in cui il capitale è stato distribuito in maniera equa. Tutto lo staff ha ricevuto il mantra. Ma a lui è andata male. Per uno scherzo del destino! Per una sventura gastrica! L’assenza di un bene che tutti gli altri possiedono è fonte di frustrazione. Weinstein (ribadiamolo: il capo!) è vittima di un fallimento nel mercato dei beni immateriali: non può ottenere quello che vuole. Ma non si rassegna.

Essendo in una posizione di potere, non è abituato a vedersi escluso. Rapidamente ragiona. Nessun potere al mondo lo aiuterebbe ad appropriarsi del bene spirituale perduto, ma può avere qualcosa di più sottile: può rovinare il mantra degli altri. Il mantra simboleggia tutto ciò che non si può comprare o estorcere direttamente, ma che può essere comunque sottratto in termini di valore simbolico, perché se lo dici agli altri lo corrompi, o almeno così è per il mantra ricevuto da questo guru.

Una dinamica ben nota nell’economia del potere: l’appropriazione indiretta delle risorse. Tentare di indebolire il valore posseduto dagli altri, rendendo meno significativa la loro esperienza spirituale. Weinstein tenta di ridurre l’utilità marginale del mantra altrui.

Una forza economica

Ma perché? Perché mai non accetta, per una volta, di essere semplicemente escluso da qualcosa? Perché è una persona orribile, si dirà. Sì, ma “persona orribile” è un concetto un po’ vago. La risposta sta nella natura dell’invidia come forza economica. Più precisamente: come meccanismo di trasformazione economica. Quello che possiedono gli altri diventa desiderabile non per il suo valore intrinseco, ma per il semplice fatto che gli altri lo posseggono e tu no. L’invidia trasfigura.

Il mantra probabilmente non ha alcun valore reale per Weinstein, lui non è particolarmente interessato alla spiritualità. Dal guru, diciamo la verità, neanche ci voleva andare. Tuttavia ora si trova in una condizione di inferiorità. Anche se il mantra non è trasferibile o replicabile, Weinstein è riuscito trasformarlo in una merce competitiva.

© Riproduzione riservata