A Francoforte Antonio Scurati ha presentato alla stampa internazionale M. L’ora del destino (Bompiani, 672 pp., 24 euro) da oggi in libreria. È il quarto atteso volume della sua epopea letteraria e civile dedicata al fascismo e a Benito Mussolini.

Lo scrittore – che ha declinato l'invito a far parte della delegazione italiana fin dall'inizio – è presente allo stand Giunti-Bompiani.
Sfiora le 680 pagine M. L'ora del destino (24 euro), che si apre nel giugno del 1940, al tempo dell'abbattimento di Italo Balbo, condottiero della Milizia, fosco presagio. È il tempo della guerra per l'Italia. Mario Roatta, Galeazzo ed Edda Ciano, Clara Petacci e ancora Amerigo Dumini, l'assassino di Giacomo Matteotti, sono i primi personaggi che si incontrano, accanto a Benito Mussolini.
Il quarto volume esce in tedesco (Klett-Cotta) e spagnolo (Alfaguara). In francese è appena uscito Fascismo e populismo per Les Arènes.
La prima presentazione al grande pubblico è prevista a Milano il 28 ottobre alle 19, in Fondazione Feltrinelli. Ad accompagnare Antonio Scurati ci sarà Daria Bignardi, letture dell'attrice Benedetta Cimatti, che ha interpretato donna Rachele in M. Il Figlio del Secolo, serie Sky Original prodotta da Sky e Fremantle e diretta da Joe Wright, che arriverà a inizio 2025 in esclusiva su Sky e in streaming solo su Now.

Scurati affida il gigantesco affresco dell’Italia fascista sui fronti del secondo conflitto mondiale, degli errori, degli orrori e dell’eroismo ancora possibile per uomini e donne reduci da vent’anni di dittatura. E tratteggia il ritratto al nero di un uomo di fronte al destino che ha plasmato per sé e per un’intera nazione, un uomo solo all’incrocio tra il parallelo del crepuscolo e un meridiano di sangue.

Sono trascorsi quarant’anni da quando il figlio del fabbro di Dovia ha mosso i primi passi in politica; quasi venti da quando ha impugnato lo scettro del potere; poche settimane da quando ha annunciato agli italiani che il destino batte l’ora della guerra. Proprio adesso, alla fine di giugno del 1940, quel destino offre al Duce un segno, forse un presagio: Italo Balbo, il condottiero della Milizia, il maresciallo dell’aria celebre in tutto il mondo, viene abbattuto in volo da fuoco amico. Ma non c’è più tempo per volgersi indietro.

Affinché la Storia metta in scena l’immane tragedia della guerra, ciascuno deve interpretare la sua parte. Come il generale Mario Roatta, feroce pianificatore di rappresaglie e capo di un esercito spaventosamente impreparato; Galeazzo Ciano, ossessionato dall’idea di dominare il Mediterraneo; Edda, pronta a unirsi alla Croce rossa per avere la sua prima linea; Clara Petacci, che stringe tra le braccia un uomo sempre più simile a un fantasma; Amerigo Dùmini, l’assassino di Matteotti, che ha prosperato ricattando quel fantasma; e la lunghissima sfilza di gerarchi, tra cui Dino Grandi, sempre più insofferenti verso il Duce.

Costretta a fare il proprio dovere è poi una generazione intera di italiani, uomini, donne, soldati, tra cui l’alpino Mario Rigoni Stern, arruolatosi volontario, che nel gelo del fronte russo apre gli occhi sulla natura del dramma a cui partecipa, o il maggiore Paolo Caccia Dominioni, che deve guidare il suo reparto nelle sabbie della tragica battaglia di El Alamein. E infine c’è lui, Benito Mussolini, ancora convinto di poter bilanciare in Europa le brame conquistatrici di Hitler ma in realtà pronto a scodinzolare al fianco della tigre tedesca come un patetico sciacallo.

L’intervento di Scurati pronunciato oggi alle 13 alla Buchmesse

Mi è stato spesso chiesto come mi sia venuto in mente di scrivere un romanzo di 3.000 pagine su Mussolini e sul fascismo. Una pacata fede laica nella letteratura. Penso che la risposta sia questa: io credo nella letteratura come forma di conoscenza. E credo nel romanzo come forma democratica di letteratura.

Coerente con questa mia duplice fede letteraria, mi sforzai di trovare una formula romanzesca che non la tradisse. Ne venne fuori ciò che chiamo “romanzo documentario”: rigorosa aderenza ai fatti storici, nessuna libera invenzione finzionale eppure una messa in scena romanzesca che convochi, coinvolga, appassioni e dia accesso alla conoscenza a qualsiasi lettore, a prescindere da età, esperienze di vita o titolo di studio.

È probabile che questo sia anche il motivo dell’imprevedibile successo di M.: tutti i lettori si sono sentiti finalmente ammessi alla conoscenza di cosa sia stato il fascismo e ne hanno ricavato una mappa cognitiva per orientarsi in un incerto e minaccioso presente.

Infine, io credo ancora nella storia, intesa come narrazione del passato basata su regole certe, sulla verità dei fatti accertata e documentata, sull’aspirazione scientifica a una oggettività imparziale, condivisibile da tutti e preziosa per la convivenza civile di tutti con tutti. Utile, e forse necessaria, anche alla emancipazione degli oppressi perché essere coscienti della storia dei padri significa lottare per la storia dei figli.

Seguendo questi criteri, in questo quarto volume della saga, L’ora del destino, racconto le sciagurate decisioni di Benito Mussolini che trascinarono l’Italia, un nazione totalmente impreparata e un popolo riluttante, nel mattatoio della Seconda guerra mondiale dal lato sbagliato della storia. Racconto ancora una volta da un punto di vista interno al fascismo affinché il lettore possa comprendere quale aberrazione dello sguardo sul mondo abbia condotto gli italiani a combattere su ben 5 fronti di guerra sempre da aggressori, sempre da invasori al fianco degli sterminatori nazisti e sempre da sconfitti.

Sono verità amare da masticare, lo so. Ma credo anche che siano conoscenze necessarie.

Sempre più spesso mi viene chiesto come e perché mi sia trovato in conflitto con il potere politico del mio Paese, censurato, diffamato, attaccato sul piano personale dai massimi rappresentanti del mio Governo e delle istituzioni, bersagliato da violente e infamanti campagne di stampa condotte dai giornalisti di estrema destra su quotidiani e televisioni nazionali di larghissima diffusione.

La risposta sta in ciò che ho detto, nella mia fede nella letteratura, nella conoscenza storica, nella democrazia del romanzo. Io non sono un esponente politico, non sono un attivista (qualunque cosa questa parola equivoca significhi), non uso nemmeno i social (mai). Sono uno scrittore, un romanziere. È la mia attività di intellettuale e romanziere che mi ha condotto a scontrarmi con il potere, non altro. E non è accaduto per caso.

Accade perché l’estrema destra oggi al potere in Italia e, presto, temo, in Europa, non ha mai reciso i legami con i fascismi novecenteschi da cui proviene. Affonda le proprie radici in essi e ne trae ancora oggi nutrimento, orientamento al futuro e idee politiche. La sostituzione della coscienza storica fondata su verità accertate – terribili verità – con una memoria soggettiva, identitaria, faziosa e polemica è parte integrante del programma di questo potere. La riabilitazione, parziale ma partigiana, del nazifascismo ne consegue. Ne consegue una riscrittura della storia che è negazione della storia. Si tratta, purtroppo, di una concezione del potere che, pur muovendosi entro il perimetro della democrazia, tende per sua storia e natura a disgregare alcuni fondamenti della democrazia liberale. Non tutti, non in un colpo solo, colpo d’accetta, ma molti, un poco ogni giorno, progressivamente e inesorabilmente.

Per tutte queste ragioni, mai come in questo momento, mi pare opportuno che un romanzo popolare ricordi al più alto numero di lettori possibile ciò che i nostri padri e nonni, madri e nonne, impararono a loro spese: la democrazia non è data una volta e per tutte, la democrazia è sempre lotta per la democrazia.

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