- Mackie Masser, il grande criminale londinese protagonista dell’opera di Bertold Brecht, arriva sulle rive del Tevere, al Teatro Argentina dall’11 ottobre
- Ma il protagonista dell’Opera da tre soldi non ci ha mai lasciati: la feroce critica al capitalismo dell’artista tedesco, scritta negli anni dell’ascesa di fascismo e nazismo, è particolarmente attuale
- Con volontà provocatoria, Brecht racconta una storia forte, brutale ma proprio per questo costruttiva ed educativa, per cercare di incendiare menti addormentate
Ve lo ricordate Mackie Messer, il più grande e famoso criminale di Londra? Ha lasciato da qualche anno il Tamigi e si sta avviando sulle rive del Tevere dove arriverà questo ottobre. Ha un coltello che non fa vedere, indossa un bel guanto e anche qui a Roma nessun segno lascerà. Con lui verranno banditi, tagliagole, vagabondi e derelitti, quel branco di lupi che nel lontano 1928 hanno fatto linguacce ai ricchi e ai borghesi.
Saliranno sul palco dell’Argentina come marinai che per troppi anni hanno vissuto su un’isola deserta e mostreranno la fiera di Soho dove i mendicanti mendicano, i ladri rubano e le puttane si prostituiscono. A 94 anni dalla prima rappresentazione a Berlino torna, dall’11 ottobre, L’opera da tre soldi, lavoro epocale di Bertolt Brecht con la musica di Kurt Weill, messo in scena dal Berliner Ensemble, fondato dallo stesso Brecht. Non è solo il ritorno di uno spettacolo che suscitò grande scalpore nel passato, ma la sensazione che il Novecento dei lupi si sia posizionato perfettamente nel nostro paese durante gli anni della post-pandemia e della guerra in Ucraina.
L’opera da tre soldi è ora
Mackie Messer in realtà è tra noi. Nei confini nazionali e fuori. Minaccia la guerra nucleare, di chiudere i rubinetti del gas, fa esplodere i gasdotti ma anche di serrare le frontiere, di allargare la rete della corruzione, di sorridere alla mafia, di infiltrarsi nella politica per fare affari e soldi, mostrando sempre il volto rassicurante e i guanti di chi non vuole sporcarsi. Uno scenario in attesa del disastro che aspetta la caduta dal cielo delle rane come una pioggia purificatrice e che mostra, senza remore, il volto di una borghesia indifferente e riluttante a ogni cambiamento, quasi gattopardiana.
Tanti Mackie Messer dislocati nelle penombre della società, pronti a colpire senza problemi e ad appoggiare chiunque, anche il più infame, purché possa rassicurare la propria unica libertà. Hanno amici dappertutto, ben pagati, preparati al salvataggio e a intervenire anche di fronte al patibolo. Si sentono invincibili e lo sono. Mackie Messer ha oggi tante imitazioni, alcune fedeli all’originale altre meno ma ugualmente intense e negative.
Con L’opera da tre soldi torna anche la feroce critica alla società capitalista e al mondo borghese. Un ritorno che ha i segni dell’attualità e che sembra colpire buona parte della classe dirigente di questo paese e del mondo occidentale con la stessa drammatica violenza con la quale colpiva gli uomini e le donne che tra una guerra e l’altra “amoreggiavano” con delinquenti, nazisti e fascisti sempre senza sporcarsi le mani, utilizzando come Mackie Messer un bel guanto. Mackie Messer è tornato. Mackie Messer è tra noi e torna con prepotenza proprio quando le destre salgono al potere nel nostro paese. Un caso? La paura dei famosi corsi e ricorsi della storia?
Da Weimar a oggi
Nel maggio del 1928 in Germania si tennero le elezioni politiche della Repubblica di Weimar. Fu la vittoria della sinistra con i socialdemocratici e i comunisti. Ci fu un governo di coalizione tra cattolici e democratici, ma l’alleanza, afflitta da divisioni interne, cadde. Ogni partito era interessato ai propri tornaconti clientelari, venivano privilegiati piccoli interessi di bottega e anche altro. Non vi ricorda niente?
L’anno dopo scoppiò la Grande Depressione. I nazional popolari e i nazisti cominciarono a prendere piede e a ottenere consensi anche tra i contadini. Poi accadde l’orribile che tutti noi conosciamo. In questo ambiente sociale e politico Brecht lavorò e mise in scena L’opera da tre soldi. Ora viene riproposta nella nostra confusa e complicata società dopo che il gioco-girotondo delle nostre elezioni ha indicato il vincitore nella compagine più a destra della destra. Chi oggi parla di ritorno del fascismo dice una sciocchezza o vuole nascondere il reale pericolo che corre la nostra democrazia e la democrazia in generale nel mondo occidentale.
Il rischio del ritorno del fascismo di Mussolini non esiste, anche perché, insegnano gli studiosi, i fenomeni storici difficilmente si ripetono con le stesse caratteristiche in contesti temporali e culturali assai diversi. Resta il fatto che nel nuovo millennio un partito postfascista sia andato al potere in un paese dell’Europa occidentale. Per la prima volta dalla nascita della Repubblica. Certamente non ha vinto il partito di Mussolini ma ha avuto il sopravvento una visione riduttiva della democrazia che sembra svanire come bruma in favore del binomio sovranista-populista. «Questo mondo è solo ali, vento e polvere» direbbe il poeta greco Kazantzakis.
L’opera da tre soldi fu scritta e rappresentata con il nazismo e il fascismo ormai padroni di anime e istituzioni, ora viene riproposto nella nostra liquida società che profuma di foglie fradicie e che sembra annegare nell’indifferenza e nella mancanza di gentilezza dove si fanno strada possibili interpretazioni revisionistiche del passato. Oggi noi non sappiamo le conseguenze di questo epocale cambiamento sociale. Siamo nascosti in un tunnel buio senza uscita.
Presi da apatia, inerzia e pigrizia, immobili a terra per vedere l’effetto che fa, non riuscendo a trovare la luce dell’uscita dal cono d’ombra. Come fare per trovarla? L’arte, forse, può venire in nostro soccorso. Forse potrà essere utile rileggersi le malefatte di Mackie Messer. Forse vedere lo spettacolo di Brecht può bloccare la discesa delle nuvole nere. O forse è tutto inutile perché le cose vanno come devono andare rendendo superflua la conoscenza di fatti e avvenimenti.
Storia provocatoria
L’opera da tre soldi è ambientata nella Londra vittoriana. La storia racconta di un capo della polizia amico del criminale Meckie Messer. Malgrado questa importante amicizia Meckie verrà condannato all’impiccagione ma poco prima dell’esecuzione la “Regina” lo grazia e addirittura gli conferisce il titolo di baronetto. Meckie fa il salto sociale, assume il potere politico dopo aver avuto quello criminale. Una storia lineare, semplice, per raccontare la Germania degli anni che hanno portato al nazismo.
Brecht lo fa con volontà provocatoria, cercando di incendiare menti addormentate. L’artista tedesco lo fa raccontando una storia forte, brutale ma proprio per questo costruttiva ed educativa. Il ruolo delle storie. E quella di Meckie Messer è la storia migliore per raccontare la paura, la sopraffazione e la violenza di quegli anni.
Ma, incredibilmente, è anche la storia giusta per allarmare il nostro presente come se il racconto di Brecht fosse dotato di algoritmi resistenti al tempo. In realtà la capacità di Brecht è quella non solo di mettere in mostra gli uomini e le donne del suo vissuto ma anche quella di emozionare e di cambiare il modo di pensare e di sentire dei suoi concittadini. Con una storia vuole ricordare la potenza delle storie.
Non solo ci riesce benissimo ma lascia anche a noi abitanti del secolo successivo le armi per capire il nostro presente. Per questo farebbero bene a leggere, o a vedere, L’opera da tre soldi tutti gli italiani delusi dalle elezioni o che non si sono recati alle urne perché «tanto è inutile» o hanno votato per “provare” qualcosa di diverso. Cari ragazzi tormentati, leggete, vedete e moltiplicatevi.
Il gioco dei dadi di einsteiniana memoria ha riportato a Roma, dopo tantissimi anni, il lavoro dei Berliner negli anni della destra trionfante. Sicuramente un caso, ma il nostro modo di vivere gli eventi della storia è capire e, come diceva Gaber, partecipare. È come andare in bicicletta e se vuoi stare in equilibrio devi muoverti. Al di là di tutti i collegamenti con la nostra attuale società L’opera da tre soldi resta comunque uno spettacolo. Avvincente, educativo ma niente di più. Tutto il resto è politica. Il mondo del resto non è uno spettacolo ma un campo di battaglia
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