Inverno. Nella notte tra il 10 e l’11 gennaio del 2022 quattro ragazzi finiscono nel fiume Trebbia. Colpa della nebbia, una nebbia così non si vedeva da mai. C’è stata quella notte, poi all’alba è scomparsa. I quattro ragazzi volevano accostarsi al fiume, ascoltare la musica. Parlare. Magari decidere se scrivere un pezzo nuovo – insieme hanno un gruppo. Le cose potevano andare diversamente e restare nel locale dove stavano festeggiando il compleanno di William, uno di loro; potevano preferire andare a letto o a fare l’amore; tutto poteva essere in un altro modo, e invece niente. Si inabissano in una profondità di centocinquanta centimetri. Incredibile insensata. E muoiono.

Primavera 2022. Maggio, intorno al tramonto. Acque del Trebbia. Località Turriò. Dieci file da ventidue sedie di plastica bianche. In tutto duecentoventidue, chi arriva tardi resta in piedi, il posto non manca in questo campo di grano e sole e acqua in lontananza. C’è anche un tavolo lungo, di legno, con sopra un microfono e un filo. Il tavolo si trasforma in altare, grazie a una croce, un leggio, e a tutto quello che serve per celebrare una benedizione, anzi un battesimo. Il potere dei simboli, di cui noi uomini in parte viviamo.

Spostando lo sguardo poco lontano dal leggio, dalla croce e dal pubblico, ci sono quattro alberi da benedire, da battezzare, che stanno al posto di quei quattro ragazzi appena ventenni che da quella notte di gennaio non ci sono più: Domenico William Costantino Elisa. Ma che anche grazie a queste quattro piante verranno ricordati.

«Cosa accade a chi rimane, cosa c’è dopo la fine?», ecco la prima domanda che pone Tutti Vivi di Valerio Millefoglie, Mondadori Strade blu.

La memoria 

ANSA

D’altronde la memoria è un bene e un male, è dolorosa ma anche balsamica, e di certo non è solo un’idea, né semplicemente una zona cerebrale dove ritrovare quello che non è più. La memoria è anche una realtà fisica: l’odore della convivenza di Elisa e Costantino, che la mamma di Elisa non vuole far uscire dalla loro stanza. Ma anche le loro voci, i testi delle loro canzoni piene di rabbia e speranza, la giovinezza, la provincia, il desiderio di tutto, di essere vivi, per sempre o almeno ora, basta che del tutto. E in questo tutto forse c’è un po’ di sempre, d’eternità.

Infatti i ragazzi avevano un gruppo, un collettivo di musica rap e trap, la loro passione (non c’è droga in questa storia): William è il produttore musicale, Domenico e Costantino scrivono e cantano; Elisa e Costantino stanno insieme grazie all’Unieuro dove lavoravano e dove si sono innamorati.

Costantino dedica ad Elisa i suoi testi, insieme dovevano partire il giorno dopo per Sirmione, infatti nel pomeriggio del 10 gennaio preparano la valigia; e sono questi i gesti più spietati, come se qualcosa, la vita, la sapesse già. Come pure certe frasi dei loro pezzi, che i genitori – e a un certo punto anche Millefoglie – leggono come frammenti di profezie, o semplicemente poesie; il lirismo permette la divinazione.

Ecco le istituzioni che sono qui a ricordarli, su questo campo d’oro il sindaco decide di leggere una poesia sul vento, gli amici, le famiglie, i preti; dopo la prima parte di celebrazione, tutti i presenti si incamminano in processione verso le quattro canne di bambù a cui sono appoggiati i quattro piccoli alberi, appena piantati nel mondo ma con radici altrove, destinate a crescere, a rimanere.

Sotto queste foglie e questi rami altri ragazzi potranno innamorarsi, pensare, ipotizzare il futuro che sognano nella loro cameretta-universo. Magari scrivere canzoni, immaginarsi anche loro trapper e rapper di successo.

Le domande 

Parto da questa liturgia, questo battesimo campestre che sta per tutti i funerali e tutte le lacrime del mondo, per parlare delle pagine di Millefoglie che a lungo va e viene in questi posti – fisici e non solo – si aggira per campi e paesi, locali e strade deserte, chiedendosi perché è così attratto da questa storia, da queste persone, da cui non riesce a staccarsi. Come ci sfiora la catastrofe degli altri? quanto ci riguarda? La nostra umanità come viene messa alla prova dalla disumanità di certi fatti della vita?

Millefoglie ha incontrato questa storia per caso. Il 12 gennaio 2022, il giorno dopo l’incidente, lo cerca un giornalista di un quotidiano di Piacenza: vuole un suo parere sulla musica dei quattro, visto che ha esperienza di trap e rap. Lui accetta, ne scrive e poco dopo viene contattato via Instagram – Dio si può nascondere ovunque – da Carmine, il padre di Domenico. Vorrebbe conoscerlo. E a quel punto la storia dei quattro ragazzi e delle loro famiglie si avvicina a lui, fino a possederlo.

Con il tempo Millefoglie diventa amico dei figli e dei genitori, scoprendo sogni e miracoli, ambizioni e dolori di tutti; chi voleva cosa e perché, gli spostamenti, le difficoltà, la provincia anzi le province dell’Italia, le ambizioni dei giovani, la rassegnazione degli adulti. Fino a che poi grazie ai figli – che non ci sono più – si svegliano e tornano a sognare. I sogni dei figli, e non solo.

I sopravvissuti, i genitori, trovano nella musica dei ragazzi il modo di restare con loro e vivi, riuscendo così a farli vivere ancora. Attraverso i figli diventano a loro volta un gruppo, un organismo sociale. Si vedono, viaggiano, vanno in pizzeria ma soprattutto fondano un’etichetta per pubblicare le canzoni inedite dei ragazzi che si chiama origine scritto tipo infinito (due o intrecciate). Infatti il 21 giugno 2022 fanno uscire con “la libertà” (giornale locale) il cofanetto dei dischi dei ragazzi “la libertà degli angeli”, mentre organizzano concerti e vogliono continuare tutto quello che i figli hanno iniziato.

Un dialogo che continua

Ancora, allora: Cosa accade a chi rimane, cosa c’è dopo la fine? Non c’è argine al dolore di chi perde un figlio.

La morte è l’interruzione di un dialogo, di un corpo, del battito e del respiro, del pensare e dell’amare. Forse non interrompendo quel dialogo, quel battito quell’amore, i sopravvissuti, possono provare a restare (davvero) vivi?

I genitori dei ragazzi sono riusciti a inondare di vita le foto e gli altari spontanei sparsi lungo il fiume, le case senza i loro abitanti, gli armadi con le tute ben riposte, la sala slot e la maglieria; hanno raggiunto il mondo con la musica dei figli, canteranno sulle loro parole, parleranno per loro. Vivranno anche per loro.

Millefoglie passa tanto tempo sull’argine del Trebbia e soprattutto della sua immensa umanità di uomo e scrittore, per scavare in questa storia contemporanea e antichissima, che pare una parabola per quanto è esatta nel dolore e nella gioia che proprio il dolore, misteriosamente, riesce a scatenare nel mondo. La voce dei ragazzi risuona forte in ogni pagina, come una campana, una domenica di primavera, è sempre Pasqua in questo libro: i figli hanno sconfitto la morte, grazie ai genitori che li tengono nel mondo, promettendo loro, pur nel dolore inconsolabile e siderale, di restare per sempre vivi.

Morire è un fatto. il tempo è un fatto, la paura del tempo e della morte sono fatti. Forte come la morte è l’amore, è scritto nel Cantico dei Cantici. E allora più forte della morte che cosa c’è? Ancora amore.


Tutti vivi (Mondadori 2024, pp. 360, euro 19) è un libro di Valerio Millefoglie

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