Il nuovo romanzo di Manzini, Il passato è un morto senza cadavere (Sellerio) ha scalzato dopo quattro settimane Il Dio dei nostri padri di Aldo Cazzullo dal primo posto
«Le Clarks erano sul termosifone che non funzionava da anni. Il loden sull’appendiabito pareva la pelle strappata a un martire. Aveva utilizzato la giacca per coprirsi. E mentre fuori l’alba stava per annunciarsi con un vago chiarore, si accese una sigaretta. Di solito, in quell’ora indecisa tra il giorno e la notte, si presentava Marina. Si guardò intorno, ma quella mattina non c’era. Forse era colpa del sogno.
Rocco sapeva che quando era un ricordo, sua moglie non si mostrava. Gelosa, forse, si sentiva spodestata. Voleva il palcoscenico tutto per sé». Ecco uno Schiavone in purezza. Come Manzini ce lo fa apparire tra inedia e rabbia, illusioni e delusioni, attrazione sessuale e solitudine amorosa nel suo nuovo romanzo. Lungo, 564 belle pagine di Sellerio editore, Palermo, Il passato è un morto senza cadavere. Struggente e profondo.
E ci voleva uno scrittore bravo come Antonio Manzini per scalzare dopo quattro settimane Il Dio dei nostri padri. Il grande romanzo della Bibbia, HarperCollins, di Aldo Cazzullo dal primo posto della classifica dei libri più venduti in Italia. E fare il vuoto, alzando i numeri delle copie, nonostante sia uscito pure Balleremo la musica che suonano del bestsellerista Fabio Volo da Mondadori, terzo sul podio.
Manzini non va in tv a promuovere i suoi libri, ci manda Schiavone al suo posto con il volto spiegazzato di Marco Giallini nelle serie molto amate, non è una star dei social, scrive anche malvolentieri sui giornali quando glielo chiediamo. Manzini è uno scrittore che non vuole piacere e per questo ci piace così tanto. Parliamo dell’autore che ha inventato e serializzato Rocco Schiavone, un vicequestore dai modi bruschi e poco ortodossi, che se ne frega pure della giustizia.
Di lui si sa che ha cominciato come attore e sceneggiatore (alla D’Amico ha avuto Andrea Camilleri come maestro e ora ne è l’erede dallo stesso editore) e forse è per questo che la sua scrittura ha un ritmo così serrato, come se ogni scena fosse girata con una sola ripresa, e ogni dialogo avesse la precisione di una battuta teatrale. Manzini è il nostro Simenon. Lascia che siano i suoi personaggi a fare tutto il lavoro sporco. Lui, apparentemente, resta dietro le quinte.
La sua penna è un bisturi che scava nell’antropologia italiana da Aosta fino a Roma. E qui entra in gioco lo stile di Manzini, asciutto, diretto, capace di scavare nel profondo delle coscienze senza mai annoiarci con le prediche. Ha un talento che pochi hanno e lo ha sempre pronto all’uso: questo è il 14esimo romanzo di Schiavone oltre a due raccolte di racconti. Lui non vuole fare da specchio a nessuno, non ti chiede di capire Rocco Schiavone né di giustificarne i metodi.
Tantomeno di identificarti con lui. E ha un successo clamoroso. In un mondo di favole (“la ricerca di sé stessi” con cui ci rompono le scatole in troppi libri empatici), ci ricorda che la realtà è molto più interessante. E che il cinismo, se dosato bene, è una forza liberatoria che sa scavare nella complessità dell’animo umano.
Il romanzo
Nei suoi romanzi, i morti ammazzati non sono mai del tutto innocenti, e chi li trova, come Schiavone, è spesso più vicino a loro di quanto non vorrebbe. Schiavone affronta la monotonia del male con una dose costante di cinismo e ironia, che ne fa un personaggio affascinante, capace di scoprire la verità senza mai santificarla.
È una realtà sporca e imperfetta, in cui i personaggi non redimono il mondo; al massimo lo tengono insieme con il filo della loro disperazione. Ne Il passato è un morto senza cadavere la morte di un ciclista in montagna, grado molto alto nella classifica di rotture di coglioni di Schiavone, spinge il Vicequestore di Aosta a indagare nel passato torbido e oscuro di un gruppo di ex militari.
In questa nuova avventura di Rocco Schiavone, Antonio Manzini alza il livello della riflessione sulla condizione umana, in una indagine fitta di tracce, figure e dettagli, movimentata, rigorosamente logica, che agita ombre e desideri, provoca luci e turbamenti, smuove il coraggio e la paura. Il morto si chiama Paolo Sanna, un cinquantenne ricco (la bici una Pinarello, sopra i 6.000 euro) che da un po’ di tempo abita in zona ma che apparentemente nessuno conosce.
A complicare le cose, c’è il rebus del taccuino trovato nella sua abitazione, una lista di nomi, sigle e numeri indecifrabili. Per vederci chiaro bisogna indagare nel passato, anche perché si fa sempre più drammatico il timore per la scomparsa inspiegabile di una persona, una donna, a cui qualcosa di intenso lo lega. Sandra che, prima di scomparire suo malgrado, gli dice: «Tu ci sguazzi nella memoria pur di evitare il presente. Figuriamoci il futuro».
Nel frattempo è uscito il thriller ipnotico e psicologico di Donato Carrisi La casa dei silenzi. Da Longanesi. Si profila un bel derby del noir.
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