Come è noto da anni tra gli esperti è stata Bella degli Abati a scrivere il capolavoro del poeta fiorentino. Perché voleva aiutarlo a finire i compiti per la lezione di Volgare
Non è soltanto la relatività a esser stata scoperta da una donna invece che da un uomo: l’avrebbe infatti partorita la fidanzata di Einstein al posto di Einstein.
Come è ormai noto da anni presso gli esperti, anche la Divina Commedia è stata in realtà scritta da una donna.
La vera autrice dell’opera sarebbe Bella degli Abati, mamma di Dante, che avrebbe iniziato a scriverla nel 1279, quando Dante affrontava la prima ginnasio.
Intercettato più volte dalla madre verso le tre del pomeriggio presso la porta di casa, ovviamente in direzione uscita, e subito interpellato da lei che gli chiedeva «Dantino, ma dove vai?», Dante rispondeva «Vò in piazza a giocare al calcio fiorentino con Guido», «Guido chi, Dantino?» «Guido Cavalcanti, o mamma» «Ma in do’ tu vvai che non hai ancora finito di fare i compiti?» «Io i compiti non li fò, o mamma, falli te i compiti se vuoi, io vo’ a giocare a calcio», «Dimmi almeno quali sono i compiti che devi fare, Dantino caro. Io non li so. Dimmeli», «Guarda in sul mi diario, o mamma, e non mi rompere mai più».
Il compito
E così Dante infilava la porta in direzione piazza e invece Bella degli Abati, la povera mamma di Dante, restava in casa con l’ansia che suo figlio prendesse un quattro in italiano già dal giorno dopo, correva subito a cercare il diario di Dante, lo trovava nella sua bisaccia scolastica, e trovava anche le consegne per il giorno seguente, che erano «Scrivere in endecasillabi con rima incatenata la storia di uno che anche se non è ancora morto riesce a farsi un viaggio nell’aldilà».
Bella degli Abati mentre leggeva questo titolo aveva pensato “certo che danno dei compiti ben strani i prof di questa epoca storica”, ma si era subito messa all’opera e grazie alla strana felicità del principiante il “Nel mezzo del cammin di nostra vita” le veniva fuori di getto in meno di un minuto.
Anche il “mi ritrovai per una selva oscura/che la diritta via era smarrita” veniva partorito subito dopo senza la minima fatica e la minima ansia. In un’ora e mezzo circa Bella scriveva tutti i versi fino al verso ottantasette del primo canto.
È chiaro che lo stato emotivo di Bella non era quello di chi si sforza per scrivere il capolavoro fondativo della letteratura italiana, ma quello di una mamma che aiuta un po’ scorrettamente il figlio facendogli i compiti di italiano.
Vista da questa prospettiva poi anche la questione del volgare diventa una questione molto più semplice e meno ideologica di quanto in genere si pensi: si trattava dei compiti per le ore di Volgare, non per le ore di Latino.
Dentro al cassetto
Arrivata al verso 87 Bella si rendeva conto che ormai era tardi e che doveva andare a preparare la cena.
Poi arrivava la notte e tutti gli Alighieri andavano a dormire e Bella, nel dormiveglia, ancora inflippata completamente dal verso e dalla rima, bisbigliava tra sé e sé le sequenze di parole che intendeva utilizzare per chiudere il primo canto, come lume – amore – volume – autore – tolsi – onore – volsi – saggio – polsi. Il giorno dopo, appena alzati, il marito di Bella e padre di Dante, Alighiero di Bellincione, mentre si bevevano il caffelatte, chiedeva a Bella che cosa aveva da bisbigliare continuamente nel sonno.
Lei rispondeva che erano i compiti di Volgare per Dantino, lui le diceva di smettere di fargli i compiti, che se no Dante rimaneva per sempre uno zuccone, lei diceva a lui: «Ma va tutto il pomeriggio in piazza a giocare al calcio fiorentino con Guido Cavalcanti e i compiti non li fa», lui diceva a lei: «Adesso vado a svegliarlo a cinghiate nei denti e non esce più di casa fino all’esame di maturità», lei diceva: «Non farlo, che ci scappa di casa e ci diventa brigante», e cercava di calmare il marito facendoci un po’ di sesso.
Il marito si calmava e andava all’ufficio. Il giorno stesso, verso le due, quando Dante tornava da scuola e la madre gli chiedeva come era andata, ecco che Dante diceva alla madre di aver preso otto in volgare perché quel “Nel mezzo del cammin di nostra vita” era piaciuto molto al prof, che gli aveva dato come consegne di continuare e scriverne un altro pezzo fino al Limbo. Era stato così che Bella, un po’ per giorno, completava la stesura della Divina Commedia negli anni del liceo del figlio.
La Divina Commedia restava poi dentro ad alcuni cassetti, sepolta nei quaderni di volgare di Dante per più di vent’anni prima che Dante, dovendo comprare un motorino per il figlio e trovandosi completamente al verde, cercando cose vecchie da riciclare, ritrovasse i quaderni e iniziasse a pubblicarla a puntate sul quotidiano La Nazione per tirar su qualche soldo.
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