Camilla Boniardi, conosciuta da molti come Camihawke, content creator da quasi un milione e mezzo di follower, è autrice di un romanzo best seller e ora creatrice e protagonista di Il saggio di fine anno: «Se vuoi fare questo lavoro a un certo punto devi sfidarti e uscire dalla tua bolla sicura»
Più di tutto mi piacerebbe stare bene con i capelli rossi. Al secondo posto mi piacerebbe essere il tipo di persona la cui presenza in una stanza si nota, quella che, se a una festa non c’è, la gente dice «ci vorrebbe la Pilotti».
Sono invece ragionevolmente certa che nessuno abbia mai pronunciato questa frase in mia assenza, un sacco di feste sono andate avanti benissimo anche senza di me, ma segretamente continuo a covare il desiderio di essere imprescindibile per il divertimento di qualcuno (scrivere cose simpatiche non è come essere simpatici di persona, vi farei vedere l’espressione mortifera con cui formulo le mie battutine al computer).
Per questo provo grande ammirazione, oltre che una discreta invidia, per chi è simpatico di natura e della simpatia riesce a fare non solo la propria qualità principale, ma addirittura un lavoro.
È il caso di Camilla Boniardi, conosciuta da molti come Camihawke, content creator da quasi un milione e mezzo di follower, autrice di un romanzo best seller e ora creatrice e protagonista di Il saggio di fine anno, il suo primo spettacolo teatrale quasi completamente sold out per tutte e venti le date in programma. Come se non bastasse, sta benissimo con i capelli rossi. Abbiamo fatto due chiacchiere, tra una data e l’altra.
So che soffri di ansia, esibirsi a teatro sera dopo sera non è la peggiore esperienza della tua vita?
Dentro di me convivono molte personalità, credo sia la patologia dei gemelli. Odio quella sensazione invalidante che mi assale prima di salire sul palco e ora che giro per i teatri tutti mi arredano il bagno, perché sanno che è la stanza che frequenterò di più.
Mi lasciano messaggini di incoraggiamento sopra al water, candele Harmony. Il pre-show per me è devastante, ogni volta mi viene da vomitare e penso che non lo voglio più fare. Eppure poi lo spettacolo inizia e dopo i primi dieci minuti di tensione si sblocca una delle altre personalità e potrei stare sul palco per ore.
Sei a metà del tour, sta migliorando questa sensazione?
Va un pochino meglio, se sai di essere sopravvissuta le prime dieci volte affronti l’undicesima un po’ più rilassata. Ma bene non si sta mai.
Immagino però che abbia deciso tu di sottoporti a questa tortura.
Se vuoi fare questo lavoro a un certo punto ti devi “disciulare”, come si dice da noi. Devi sfidarti e uscire dalla tua bolla sicura, fare cose diverse anche per capire se sei in grado di farle e se ti piacciono. Sentivo la necessità di provare a fare questo salto.
Di Il saggio di fine anno per ora ho visto solo delle immagini. Suoni il flauto, sei vestita Dimensione Danza. Percepisco delle vibe delle nostre scuole medie.
È uno spettacolo abbastanza generazionale, ma ci sono registri diversi, dal riflessivo al più puramente comico, c’è un sacco di musica. Dura due ore, ma volevamo tenere il pubblico sveglio.
Qual era il tuo cavallo di battaglia col flauto?
La primavera di Vivaldi, pezzone.
Perché noi millennial siamo così nostalgici? Che problemi abbiamo?
Non lo so, ma io in realtà ho una nostalgia molto cupa. Non è che ricordo i bei tempi con affetto, mi viene l’angoscia per le cose che non torneranno. Ho mille album di fotografie ma non li guardo mai. Conservo tutto: lettere, cartoline, corrispondenze con le amiche di penna di quando andavo alle medie. Non c’è nessuno più nostalgico di me.
Che persona eri alle medie?
È stato un periodo un po’ infame, come penso per molti. Ero bruttina ed era difficile piacersi, da ragazza devi fare i conti con il tuo corpo, imparare a gestire le mestruazioni, qualcuna di noi è ancora bambina, altre diventano donne tutto di un colpo. Cresci, ma non sai chi sei. I primi amori vanno malissimo perché non hai idea di nulla. Ho dei bei ricordi delle mie amicizie, ma per il resto non tornerei mai a quegli anni.
Che periodo rifaresti?
Forse rifarei l’università. Le superiori mai, quell’ansia di essere interrogati tutti i giorni, quello stress che ti mette il liceo classico, io quella modalità l’ho vissuta male. Ho studiato troppo, con troppa angoscia. Mi piacerebbe riavere 18 anni, ma non per rifare il liceo. Piuttosto rifaccio giurisprudenza.
Parole forti.
Eh lo so, ma a 34 anni la possibilità di averne 24 a me fa gola.
Non potrebbero pagarmi abbastanza.
Certo, dai trent’anni in realtà si sta da dio, hai la tua indipendenza economica, hai già fatto una serie di esperienze, sai più o meno chi sei. Diciamo che mi piacerebbe avere vent’anni con la testa dei trenta, tornare indietro senza perdere la coscienza. Andrei a correggere il tiro su alcune cose e certe persone non vorrei vederle neanche col binocolo. Ma va bene anche così, ci accontentiamo.
Di come ti racconti mi è sempre piaciuto il tuo modo di mostrarti con la consapevolezza di essere bella, ma senza che questo oscurasse mai il tuo senso dell’umorismo. Non è facile calibrare le cose.
Sinceramente mi sono sempre percepita più simpatica che bella, e questo forse vuol dire che o sono molto simpatica o sono un cesso. Non ho mai puntato sul mio aspetto fisico perché credo di essere una persona che si gioca il meglio dopo 15 minuti di chiacchiere, il primo impatto mi interessa poco.
Poi all’inizio Instagram era ancora molto patinato, si faceva vedere solo ciò che era cool o di lusso, si raccontava poco la quotidianità. Io ho cominciato con un’idea diversa e di questo sono contenta, perché di ragazze carine sono pieni i social e io sarei fuori da quella gara.
Ti stanchi mai di essere quella simpatica?
No, mai. Essere quella simpatica è la cosa più figa di tutte per me. La bellezza a un certo punto non ti serve più a niente, ci sarà sempre qualcuno più bello, più giovane. Col tempo invece la simpatia mi diventa ancora più succosa, un bagaglio di battute infinito.
Cosa volevi diventare da grande?
Volevo fare la neonatologa, però il mio livello di matematica dopo il classico era zero, quindi non passai il test di medicina. Fu abbastanza traumatico e cambiai direzione un po’ a caso. Giurisprudenza l’ho finita solo perché ho un po’ l’ossessione di finire tutto quello che inizio, ma già dal secondo anno avevo capito che mi faceva schifo.
Volevi diventare famosa?
No figurati, io ho iniziato a fare i video su Facebook quando la piattaforma di riferimento era YouTube, per me è stata una pura casualità. Non c’era nessun piano. Altrimenti non avrei mai fatto cinque anni di giurisprudenza, me ne sarei guardata bene.
Qual è il tuo impero romano?
Temo che sia quanto mi piacerebbe avere dei poteri magici, credo sia la cosa a cui penso più spesso.
Confermi la teoria di una mia amica che dice che l’impero romano delle ragazze è la magia. Che potere vorresti?
Viaggiare nel tempo.
In che modo? Come te adesso in carne e ossa o come spettatrice?
Allora, te lo spiego nel dettaglio perché ci ho pensato molto bene: prima di tutto sono due poteri in uno, che non è molto corretto ma pazienza. Vorrei poter viaggiare sia nello spazio che nel tempo in forma ologrammatica, resto nella mia realtà ma ho una proiezione astrale, come in Streghe, nel passato o nel futuro, che può interagire con le altre dimensioni.
Cioè se la proiezione astrale incontra mia nonna ci può parlare. L’ologramma poi mi permette di non materializzarmi dentro un muro o una colonna di un castello che magari voglio visitare ai tempi d’oro, quindi la proiezione mi serve anche per attraversare le pareti senza morire nel passato, per partecipare a una battaglia senza prendermi una freccia.
Però vorresti anche interagire con le persone.
Certo, mi piacerebbe andare lì e dire «guarda bro che nel frattempo abbiamo inventato il telefono».
Questa è una cosa a cui penso spesso: se dovessi rifondare una civiltà non saprei spiegare niente. Come funziona il telefono, internet, ma pure una pila.
Io non ho idea di niente, l’umanità sarebbe fottuta.
A questo punto vorrei sapere tre persone vive o morte con cui andresti a cena.
Mi piacerebbe incontrare un grande sovrano, tipo, non so, Elisabetta I. Poi non mi dispiacerebbe un brunch con Gesù, per fargli due o tre domande circa la veridicità di ciò che si dice di lui. Poi essendo una bimba degli anni Novanta un aperitivo con Leonardo Di Caprio me lo porto a casa. Quindi sì, a tavola con Elisabetta I, Gesù e Leo Di Caprio.
Una cena senz’altro stimolante. E a proposito di anni Novanta, so che sei una potteriana. Qual è la tua casata di Hogwarts?
Grifondoro, con una lacrima di Corvonero.
Non fa una piega. Mi dici cosa ti fa ridere?
Sarò banale, ma le persone che mi fanno più ridere al mondo sono i miei amici.
Hai conquistato i social, scritto un romanzo di successo, ora sei a teatro. Cosa farai dopo? Che programmi hai?
Spero di dormire.
Come vivi il successo?
Di natura penso di potere sempre fare meglio, ma la mia psicologa dice che questo è un atteggiamento sbagliato. Quindi ti rispondo come lei mi direbbe di fare: sono molto contenta del successo che stiamo avendo, abbiamo lavorato tanto ed è giusto raccogliere ciò che si è seminato.
Mi sembri pronta per la cena con Gesù.
Ti aspetto, Jesus.
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