Se si tratta di alcol, quindi anche di vino, la riforma del codice della strada voluta dal ministro dei trasporti Matteo Salvini in vigore da sabato 14 dicembre non modifica i confini cui siamo abituati ormai da molti anni. I limiti sono gli stessi di prima, simili a molti altri grandi paesi europei: è possibile guidare liberamente con un tasso alcolemico inferiore a 0,5 grammi/litro. Una soglia contenuta ma non punitiva, che permette di bere con assoluta tranquillità un paio di bicchieri e anche di più, a patto siano accompagnati da del cibo. Con la nuova legge c’è però sia un significativo inasprimento delle sanzioni che una maggiore difficoltà nel fare ricorso con la conseguente percezione dell’ennesima stretta nei confronti di chi guida dopo aver bevuto, anche se poco. Non è un caso che le preoccupazioni maggiori provengano dal mondo della ristorazione, i cui margini economici legati alla vendita di alcolici si sono molto assottigliati nel corso degli anni.

Appena qualche giorno fa La Stampa titolava: “In Langa tra chi mangia e non può bere: il codice della strada? Qui cambia tutto”. Questo in un contesto che vede il governo da un lato inasprire le pene legate alla guida in stato di ebrezza, dall’altra difendere il settore produttivo di fronte alle tante minacce di cui ci siamo occupati su queste pagine nel tempo: l’inflazione, le crescenti difficoltà legate all’export, il calo dei consumi. Ancora l’anno scorso il ministro dell'agricoltura Francesco Lollobrigida ribadiva: «Il vino è un prodotto fondamentale, può essere assunto in maniera equilibrata e moderata, rispetto a qualsiasi abuso siamo contrari ma va difesa la possibilità di non stigmatizzare un prodotto che non fa male se assunto con moderazione, anzi fa bene».

Definire la moderazione

La parola d’ordine è quindi moderazione, ma cosa significa esattamente? Ha provato a rispondere a questa domanda Pauline Vicard di Areni Global, un think tank indipendente che si occupa di scenari legati al mondo del vino di qualità: “L’International Alliance for Responsible Drinking, un'organizzazione non-profit composta da alcune delle più grandi aziende mondiali di vino, birra e liquori, ha compilato una tabella contenente le più importanti linee guida internazionali sul bere ed è facile notare quanto queste differiscano. In Francia, ad esempio, bere con moderazione prevede fino a 20 grammi di alcol puro al giorno (due drink, sia per gli uomini che per le donne) ma non più di 100 grammi alla settimana; negli Stati Uniti questo limite arriva a 28 grammi al giorno per gli uomini e 14 per le donne”. E questo è solo un esempio.

Se non esiste una definizione universale di moderazione è necessario che ognuno arrivi a conoscere se stesso, le motivazioni che lo portano a bere e i propri limiti. A proposito delle seconde l’autrice ne ha individuate sei: 1) per socialità, si beve quindi per festeggiare, per divertirsi; 2) per conformismo, cioè per adattarsi all’ambiente in cui ci troviamo; 3) per migliorare la nostra performance sociale; 4) per dimenticare; 5) per godere del gusto del vino; 6) per lavoro, aspetto rilevante specie per chi lavora in questo settore.

La buona notizia è che secondo Pierre Chandon, professore di marketing presso la prestigiosa business school INSEAD, “privilegiare porzioni moderate è ottimale non solo in termini di salute e apporto calorico, ma anche dal punto di vista del piacere”. In una sua recente ricerca ha dimostrato quanto “il piacere che proviamo non sia la somma del piacere di ogni sorso ma la sua media”. Questo significa che l’ultimo bicchiere di vino non aggiunge piacere ma in realtà lo sottrae alla media. Per essere più chiari: “il piacere sensoriale raggiunge il picco durante i primi bocconi e diminuisce con ogni boccone successivo. In particolare, è l'ultimo boccone a determinare il piacere complessivo del cibo. Poiché il piacere del cibo è influenzato dalla media (non dalla somma) del piacere sperimentato in ogni boccone, l'ultimo boccone di una porzione grande produce meno piacere nel mangiare”. Un approccio che è possibile ritrovare nel fine dining, dove le porzioni di cibo sono più contenute ma molte, spesso all’interno di un menù degustazione, un approccio quindi volto a massimizzare il piacere dei clienti. Un criterio che nel vino si potrebbe tradurre nel sempre valido bere meno, bere meglio.

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