Da anni sostengo che la Lega esiste principalmente per farci perdere tempo. L’ultimo esempio, lo conoscete, risale a una settimana fa. Una vicenda ormai rientrata, e infatti non mi interessa analizzarla, mi interessa solo evocarla in quanto è un prototipo.
Parlo del senatore Manfredi Potenti, che ha proposto di vietare, nei documenti pubblici, l’uso del genere femminile per indicare le professioni e gli incarichi, quindi di vietare per esempio le parole “sindaca”, “avvocata”, e di multare i trasgressori. La proposta è stata in seguito ritirata, ma per qualche giorno ha tenuto banco, facendoci appunto perdere tempo. La Lega è portata per queste cose: sprecare le ore, inseguire l’inutile, ma che sia un inutile fastidioso. È una loro abilità. Certo si tratta di un’abilità con risultati potenzialmente devastanti.
Ossessione umana
L’ho detto molte volte, il tempo è un’ossessione dell’economia, e le ossessioni dell’economia sono spesso la spia delle ossessioni umane. Mi ritrovo dunque a riflettere sul valore del tempo nella democrazia, e sulla distruzione di valore di cui è capace chi il tempo ce lo fa perdere.
Il tempo è una risorsa fondamentale in democrazia, anzitutto perché influisce direttamente sulla qualità del dibattito pubblico, sulla capacità di prendere decisioni informate e sulla possibilità di attuare politiche efficaci.
Un dibattito pubblico di qualità richiede tempo per essere sviluppato: il tempo fisico, ma anche il tempo mentale delle persone, direi anzi il tempo spirituale. Il tempo delicatissimo delle idee.
Se viene sprecato su istanze il cui scopo principale è dare fastidio, simulando di occuparsi di uno snodo ideologico, o di “grandi questioni culturali” (quando invece si tratta solo di tentare, senza motivi seri, di essere anacronistici), si riduce la quantità e la qualità del dibattito su questioni più rilevanti.
Ma non è solo un problema di tempo buttato, di scarsa efficacia, di ritardi. Quando il dibattito politico si concentra su questioni poco brillanti, alla lunga le persone possono diventare disilluse e meno inclini a partecipare. Questo riduce la qualità della democrazia. Qualcosa viene distrutto, e per ricostruirlo ci vorrà (ecco, di nuovo) tempo.
Non solo: se per costruire una civiltà, dal punto di vista politico, servono anni, decenni, secoli (a seconda di cosa intendiamo per risultato finale), per distruggerla serve relativamente meno tempo. Ogni elemento della realtà, del resto, obbedisce in qualche modo alle leggi della fisica: costruire è lento, distruggere è veloce.
Scarsa responsabilità
Ma perché un partito politico si occupa di far perdere tempo? Alcuni partiti, si sa, possono focalizzarsi su istanze perditempo come strategia per distrarre l’opinione pubblica e i media da problemi più seri o da questioni rispetto alle quali sono vulnerabili. Creare dibattiti può deviare l’attenzione dalle mancanze o dagli errori.
Concentrarsi su temi perditempo può essere poi un modo per manipolare il consenso, polarizzando l’opinione pubblica e creando divisioni che possono essere sfruttate per rafforzarsi. Questo può servire a consolidare la base di sostenitori fedeli, cosa che, anche quando ci si trova al governo, è opportuno non smettere di fare.
Alcuni partiti possono semplicemente non avere le competenze necessarie per affrontare i problemi reali. La mancanza di idee utili può portarli a promuovere temi perditempo come unico modo per rimanere rilevanti e visibili nel panorama politico.
Temi bizzarri o controversi possono solleticare l’interesse dei media più facilmente rispetto a discussioni tecniche o difficili su politiche pubbliche. Si può sfruttare questa dinamica per mantenere sempre viva la visibilità mediatica e rafforzare la propria presenza nell’arena pubblica.
Tutto questo, naturalmente, è segno di scarsa responsabilità politica. Non inquinare i dibattiti, non sprecare il tempo, invece, è un segno altissimo di responsabilità dei governanti. L’impegno per l’efficienza ha valore anche in politica, non è solo una fissazione degli economisti. Una gestione efficace del tempo contribuisce (contribuirebbe, se esistesse) a una maggiore fiducia nelle istituzioni e a una società più matura e giusta.
La democrazia ha una responsabilità innata verso il futuro, ma oggi il futuro è sfumato, viviamo con la sensazione di trovarci sotto una minaccia costante. Il passato, nel frattempo, è il luogo delle crisi di identità e delle nostalgie. Gli orizzonti hanno perso i contorni. Ci resta il presente e la sua accurata gestione, nella speranza di uscire prima o poi dall’impasse.
© Riproduzione riservata