Nel vasto programma della rassegna capitolina, ci sono titoli di cui si parlerà a lungo, e anche opere che sarà più difficile recuperare in seguito. Dai vincitori di premi internazionali agli esordi, una piccola selezione per orientarsi
Al via mercoledì 18 all’Auditorium Parco della musica (ma non solo) la nuova edizione della Festa del Cinema di Roma, con un programma labirintico che dura fino al 29 ottobre: il film d’apertura sarà C’è sempre domani, esordio alla regia di Paola Cortellesi.
I titoli, tra il concorso ufficiale e le sezioni parallele, spaziano tra esordi, film di autori consolidati, opere italiane e internazionali. Tra questi, di alcuni se ne parlerà ancora a lungo, altri potrebbe essere più difficile rivederli in seguito. Di seguito una piccola selezione di film per cominciare a orientarsi. La lotta all’ultimo biglietto è senza esclusione di colpi, ma il festival ha una sezione digitale dove è possibile noleggiare alcuni dei film in programma, che saranno disponibili dal giorno successivo alla prima proiezione al pubblico: il catalogo è quindi una sorpresa fino all’ultimo.
How to have sex (Molly Manning Walker)
Esordio alla regia per la britannica Molly Manning Walker, How to have sex ha vinto il premio Un certain regard all’ultimo Festival di Cannes. In Italia verrà distribuito da Mubi in collaborazione con Teodora film. Tre adolescenti vanno in vacanza a Malia, in Grecia, per quella che deve essere l’estate più bella di tutte (leggi: tantissimo alcol e tantissimo sesso), ma la verità è che il sesso, così come il consenso, e la consapevolezza di sé, si rivelano questioni che richiedono un’esplorazione più complessa. È il titolo di apertura della rassegna Alice nella città, sezione parallela e indipendente della Festa del Cinema.
Fremont (Babak Jalali)
Il film del regista britannico-iraniano Babak Jalali parla di Donya, ex traduttrice per l’esercito americano in Afghanistan che ora abita a Fremont, in California. Le sue giornate sono solitarie, finché non trova lavoro come scrittrice di messaggi per i biscotti della fortuna. Nella nota sul film, si dice che l’intento è sottolineare «le dinamiche in cui la rigidità burocratica e il capitalismo spietato possono essere paralizzanti».
Il regista ha sottolineato che «con questo film voglio guardare oltre l’idea che ci siano differenze enormi tra gli esseri umani. È importante guardare alle somiglianze universali. Un immigrato e un non immigrato possono condividere speranze, sogni e ambizioni». La sceneggiatura è stata scritta insieme alla regista Carolina Cavalli, con cui Jalali aveva già collaborato in passato. Nel cast, anche Jeremy Allen White, già apprezzato nelle serie Shameless e The Bear.
Mi fanno male i capelli (Roberta Torre)
È passato più di un anno dalla morte di Monica Vitti, e il film di Roberta Torre la omaggia, portando sullo schermo una storia sul senso della memoria e sulle storie che possono comporre un’identità. Alba Rohrwacher è Monica, una donna che sta perdendo la memoria, e un film di Vitti dopo l’altro prova a ricostruire se stessa, affiancata dal marito Edoardo (Filippo Timi). Il titolo viene da una celebre battuta di Monica Vitti nel film Deserto rosso di Michelangelo Antonioni.
Saltburn (Emerald Fennell)
Emerald Fennell è un volto noto ai fan di The Crown (è l’attrice che interpreta Camilla Parker-Bowles), ma come sceneggiatrice e regista si è distinta da subito con Una donna promettente, con cui ha vinto l’Oscar per la sceneggiatura. Il suo secondo film torna nella sua natia Inghilterra, dove uno studente di Oxford viene invitato a passare le vacanze estive nella magione di famiglia dell’aristocratico compagno di università. «Con Saltburn volevo dar vita a un romanzo gotico moderno, il tipo di gotico ambientato nelle case di campagna inglesi. Un luogo in cui classe, potere e sesso si scontrano», ha scritto la regista.
The Zone of Interest (Jonathan Glazer)
Già vincitore del Gran premio speciale della giuria a Cannes, questo film di Jonathan Glazer sarà presentato in una sezione non competitiva, ma è un film che farà ancora parlare di sé nella cosiddetta award season: è il candidato britannico all’Oscar per il miglior film straniero.
Tratto dal romanzo di Martin Amis, scrittore morto nel maggio di quest’anno, parla di una coppia che cerca di condurre una vita «fatta di cose semplici e momenti di tenerezza». Lui però è un comandante di Auschwitz, e il campo di concentramento si trova a pochi metri dal loro piccolo idillio domestico.
Kim’s Video (David Redman, Ashley Sabin)
La coppia di documentaristi Redman e Sabin segue con questo titolo una scia cinefila, che parte dal video-noleggio di Yong-man Kim per arrivare fino in Sicilia. Yong-man Kim si trasferì a New York nel 1979: il suo negozio, per l’appunto Kim’s Video, era diventato un’istituzione cittadina, raccogliendo fino a 55mila titoli prima di chiudere nel 2007. Due anni dopo, Kim regalò tutta la sua collezione al comune di Salemi. Sindaco di allora: Vittorio Sgarbi.
«Un sabato pomeriggio il mio compagno David è uscito di casa per noleggiare un film al Kim’s Video ed è tornato sei anni dopo con la videocassetta sbagliata! Gli avevo detto di prendere un film anni Ottanta del movimento No Wave, e lui mi ha portato un reality show», ha scritto nelle note di regia Ashley Sabin. Il documentario è stato presentato al Sundance.
La erección de Toribio Bardelli (Adrián Saba)
Candidato del Perù all’Oscar come miglior film straniero, il terzo lungometraggio di Saba, definito «il più promettente dei giovani cineasti peruviani», è la storia di una famiglia, padre settantenne e tre figli adulti. Il padre è ossessionato dal sesso e dalla propria impotenza in seguito alla morte della moglie, che lo tradiva. «La erección de Toribio Bardelli è un insieme di introspezione, malinconia e umorismo, che invita il pubblico a esplorare il dolore dell’esistenza», nelle parole del regista.
Anatomie d’une chute (Justine Triet)
Un uomo viene trovato morto davanti alla propria casa, e la moglie è la principale accusata. La sua vita è messa sotto lo scrutinio pubblico, mentre il processo avanza. Il nuovo lungometraggio di Justine Triet ha vinto la Palma d’oro a Cannes, e potrebbe inserirsi in una nuova tradizione francese di film processuali, dopo Saint Omer di Alice Diop, premiato a Venezia l’anno scorso. «La regia di Triet è intenzionale, un approccio insolito per una storia sull’ambiguità», ha scritto il New York Times. «Ci sono segreti che Triet condivide solo con noi e con il morto. E sospetto che se li porterà nella tomba».
Past lives (Celine Song)
La provvidenza è al centro dell’esordio di Celine Song, Past lives. Due ragazzi cresciuti insieme in Corea del Sud si rincontrano adulti a New York. Per il regista Guillermo del Toro si tratta del miglior esordio visto negli ultimi vent’anni. Anche questo è un film in odore di Oscar: è stato scelto per rappresentare la Corea del Sud, e a dicembre si saprà se riuscirà a entrare tra i nominati.
La storia parte da un dettaglio autobiografico: «Ero seduta lì tra questi due uomini che mi amavano in modi diversi, in due lingue diverse e due culture diverse. E io ero l’unico motivo per cui questi due uomini parlavano tra di loro», ha raccontato Song, citata da Rb Casting, ricordando la volta che un suo amico d’infanzia venne a trovarla a New York e incontrò il suo marito statunitense.
Il ragazzo e l’airone (Hayao Miyazaki)
Sono passati dieci anni da quando Hayao Miyazaki, considerato uno dei più grandi registi d’animazione di sempre, aveva annunciato il suo ritiro, con il titolo Si alza il vento. Invece è arrivato ora Il ragazzo e l’airone, che racconta l’avventura di un dodicenne che per rivedere la madre si avventura in «un luogo fantastico dove la morte finisce e la vita trova un nuovo inizio».
Nelle note di regia, Miyazaki ha osservato che ci mette tre anni per completare un lungometraggio: «In tempi come questi, che forma dovrebbe assumere?», scrive. Un film fatto adesso dovrebbe essere «un film in anticipo sui tempi, realizzato con la consapevolezza che i tempi potrebbero raggiungerci prima che riusciamo a terminarlo».
Dream Scenario (Kristoffer Borgli)
Un uomo che conduce una vita piuttosto ordinaria, se non proprio mesta, inizia a comparire nei sogni di milioni persone. E quest’uomo ha il volto di Nicolas Cage. Dream scenario è il primo film statunitense del norvegese Kristoffer Borgli, che con il suo Sick of myself, in questi giorni anche nelle sale italiane, ha vinto il premio Un certain regard a Cannes l’anno scorso.
«Stavo pensando proprio all’idea di diventare famosi per caso, e ho voluto farne una versione cinematografica e mistica», ha detto il regista. Tra i produttori, oltre allo stesso Cage, c’è il nome di Ari Aster, il regista di Hereditary e Midsommar.
Together with Lorenza Mazzetti (Brighid Lowe)
Lorenza Mazzetti è stata l’unica esponente donna del movimento inglese Free Cinema. Lowe ha realizzato un documentario sull’artista italiana, ora scomparsa, che tra interviste ed estratti dei film ne ricostruisce la vita e l’opera, dall’infanzia, passata tra una famiglia e l’altra finché la zia, sposata a Robert Einstein, non venne fucilata dai nazisti insieme alle figlie, al trasferimento a Londra e la vicinanza per l’appunto al Free Cinema, in cui Mazzetti si distinse per la sperimentalità dei suoi lavori.
La chimera (Alice Rohrwacher)
Il nuovo lungometraggio di Alice Rohrwacher ha debuttato, come è ormai abitudine, a Cannes: l’inglese Arthur (Josh O’Connor, il principe Carlo di The Crown) si unisce a una banda di ladri di reperti archeologici, nella Toscana degli anni Ottanta. Nel cast ci sono anche Carol Duarte, Isabella Rossellini e Alba Rohrwacher. «È un’ammaliante commedia fantasy sull’amore perduto: garrulo, tumultuoso, festoso in un suo modo distinto», ha scritto il Guardian.
Mur (Kasia Smutniak)
La prima regia dell’attrice Kasia Smutniak è un documentario che poteva essere impossibile da girare: Smutniak è andata infatti, con l’attrezzatura più leggera possibile e l’aiuto di un gruppo di attivisti, a filmare la “zona rossa” al confine tra Polonia e Bielorussia, dove i migranti che tentano di entrare nell’Unione europea vengono respinti.
La regista polacca Agnieszka Holland ha raccontato questa porzione di territorio nel suo Green Border, appena presentato a Venezia, ricorrendo alla finzione invece che allo strumento del documentario: in Polonia era arrivata dal governo la richiesta di far precedere la proiezione del film di Holland da uno spot propagandistico.
All of us strangers (Andrew Haigh)
Annunciato a sorpresa da Alice nella città pochi giorni fa, il nuovo film di Andrew Haigh (Weekend, 45 anni) è un adattamento del romanzo di Taichi Yamada, Estranei: parla di un incontro casuale tra due uomini, mentre uno dei due, lo sceneggiatore Adam, è perseguitato dai ricordi del passato. Nel cast ci sono Andrew Scott, Paul Mescal, Claire Foy, e Jamie Bell.
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