Il romanzo Cadavere squisito utilizza il cannibalismo per evidenziare la disumanità dell’allevamento intensivo. Un virus ha decimato gli animali, per sopravvivere ci alleviamo e macelliamo tra noi. E se fossimo bestie?
Nella nostra società consumistica ci divoriamo a vicenda ma se il commercio e il consumo di carne umana fossero consentiti legalmente? Il romanzo distopico di Agustina Bazterrica, Cadavere squisito (Eris edizioni, 2024), racconta di un mondo dove il cannibalismo è legale e la carne umana è diventata una merce preziosa.
Un virus ha decimato gli animali, rendendo la loro carne inadatta al consumo. Per sopravvivere, l'umanità si è rivolta a sé stessa, legalizzando il cannibalismo e creando un macabro sistema di allevamento e macellazione. Il protagonista è Marcos, che mette in dubbio il sistema, aggira le regole rifiutandosi di mangiare carne e avendo rapporti sessuali con gli umani destinati al consumo.
Cadavere squisito non è solo una storia di cannibalismo. L'autrice usa l’elemento macabro come metafora per criticare la disumanità dell'allevamento intensivo, lo sfruttamento capitalistico, l'antropocentrismo e la nostra indifferenza verso le sofferenze altrui.
Bazterrica, nel suo libro il cannibalismo legale riflette una critica al capitalismo estremo. Come vede la relazione tra il consumismo sfrenato e la disumanizzazione nella nostra società attuale? Siamo più bestie delle vere bestie?
Nel romanzo esploro la sottile linea tra l'essere un animale, un essere umano e una persona. Gli umani commestibili non diventeranno mai persone perché non hanno identità. Nella nostra realtà, questo accade continuamente. Ci sono animali, come quelli domestici, che vengono umanizzati, persone che vengono “animalizzate” perché smettono di essere persone per diventare prodotti, oggetti, esseri estranei da usare, sfruttare, ferire come facciamo con molti animali non umani. Ad esempio, tutte le donne che si trovano nei bordelli clandestini, contro la loro volontà perché sono state rapite o ingannate e che vengono violentate ogni giorno della loro vita, queste donne sono ridotte al profitto che possono generare. O i bambini che lavorano nelle miniere di mica in India e Madagascar. A nessuno interessano i loro diritti fondamentali, conta solo il capitale.
Immagino che per gli onnivori (o per coloro che non hanno mai letto sul mercato della carne) l'effetto potrebbe essere ancora più incisivo. Come pensa che questa narrativa possa influenzare il dibattito sul veganismo e sui diritti degli animali?
Non ho scritto il romanzo per convertire i “carnivori” in vegetariani: non mi interessa la letteratura propagandistica, quella che mi dice cosa devo pensare, quella con un messaggio moralista. Non giudico le persone che mangiano carne perché giudicarle è un'altra forma di violenza. Detto questo, il libro viene letto dalla sua pubblicazione nelle scuole non solo in Argentina ma in diverse parti del mondo. Lo dico perché ho già parlato in 93 istituti affrontando il tema, per esempio, di come vediamo gli animali non umani come prodotti di consumo, come fonti di intrattenimento, come qualcosa di estraneo che è una minaccia e non come esseri che fanno parte di questo pianeta e con cui siamo uniti perché anche noi siamo animali. Inoltre, molti lettori mi raccontano di aver smesso di mangiare carne dopo aver letto il libro e, sebbene questo non sia mai stato il mio obiettivo, se la persona è felice con la decisione (duri quanto duri) ne sono felice.
Il romanzo presenta un mondo ecologicamente devastato. Che ruolo crede che giochi la fiction distopica nella sensibilizzazione sulla crisi climatica?
Credo che la buona letteratura sia quella che ti fa guardare il mondo, la realtà con una nuova prospettiva, che ti invita a farti domande che non ti sei mai fatto, che amplia il tuo orizzonte mentale. Non importa il genere. Ora, se una fiction distopica è ben elaborata e funziona, credo che possa generare domande nel lettore, riflessioni, e credo che ogni cambiamento globale inizi con piccoli cambiamenti individuali. Spero che la fiction distopica aiuti a un cambiamento di coscienza riguardo al rapporto con il nostro pianeta, l'unico che abbiamo, tra l'altro.
Nella sua opera, le donne sono particolarmente vulnerabili. Come vede l'intersezione tra femminismo e critica al capitalismo?
Il patriarcato si è rafforzato con l'avvento del capitalismo. Nel saggio Calibano e la strega, Silvia Federici afferma che le donne, che lavoravano alla pari degli uomini e avevano, tra molte capacità, una conoscenza ancestrale per curare con le erbe, furono ridotte all'unico compito di portare figli al mondo e svolgere lavori domestici non retribuiti perché il capitalismo aveva bisogno di manodopera a basso costo. Ciò ha scatenato processi complessi di dominazione e repressione: non permettere loro di studiare, o di essere indipendenti economicamente, bruciarle accusandole di stregoneria, giudicarle, in definitiva, zittirle come Jazmín, uno dei personaggi del mio romanzo, che non ha corde vocali e rappresenta tutte le donne che ancora oggi continuano ad essere uccise, violentate, sottomesse.
Come crede che la pandemia abbia cambiato la lettura e la ricezione del suo romanzo?
Credo che abbia aggiunto alla lettura una maggiore verosimiglianza, la sensazione terrificante di pensare che ciò che è finzione potrebbe diventare reale. Sebbene ci siano state varie pandemie prima del Covid-19 come, ad esempio, la peste nera nel 1347, il fatto di averne attraversato una fa sì che il virus del romanzo diventi più reale, nonostante un'ipotesi di lettura possa essere che il virus sia un'invenzione per controllare la popolazione. Il Covid ha anche approfondito l'idea che quando generi paura, puoi ottenere un maggiore controllo sulla popolazione, far loro credere quasi qualsiasi cosa. Un caso che mi ha raccontato il traduttore di Cadavere squisito in cinese mandarino è che all'inizio della pandemia in Cina era uscita una fake news che sosteneva che gli animali domestici potessero trasmettere il virus. La gente ha iniziato a ucciderli, li gettavano dalle finestre degli edifici. La paura, un sentimento essenziale per sopravvivere, può anche essere usata come strumento di manipolazione sui corpi. Puoi far sì che le persone uccidano i loro animali domestici, che si uccidano persone nei forni a gas, che si legalizzi il cannibalismo…
l romanzo esplora la mercificazione del corpo umano. Quali parallelismi vede con le pratiche attuali nell'industria medica e farmaceutica?
È la logica del capitalismo portata all'estremo. Molti medici occidentali sono stati educati a pensare al corpo umano in modo frammentato. Quasi nessuno riceve lezioni sulla nutrizione, ad esempio. Come se ciò che mangiamo non avesse alcuna incidenza sulla nostra salute. Quindi ciò che fanno alcuni medici è trattare i sintomi, ma non arrivano alla radice del problema. Tagliano, estirpano, medicano e l'industria farmaceutica ha molto a che fare con queste pratiche perché, ovviamente, all'industria non interessa che tu sia sano, che risolva il problema di salute, ad esempio, mangiando meglio. Ti fa male la testa? Prendi un ibuprofene. Ma perché ti fa male la testa? Stai mangiando qualcosa che ti intossica? Cosa sta cercando di dirti il tuo corpo? E, purtroppo, ci sono anche medici che eseguono procedure non necessarie o prescrivono farmaci di cui il paziente non ha bisogno per pressione o per la compensazione economica che dà loro l'industria farmaceutica. Nonostante questo, c'è anche una tendenza, sempre maggiore, di medici funzionali occidentali che prendono il corpo umano come un tutto integrale e la prima cosa che ti dicono è che avendo un'alimentazione sana, facendo esercizio e dormendo bene riduci quei disturbi cronici che, con il tempo, possono portare a malattie gravi.
Come bilancia nella sua scrittura la necessità di creare consapevolezza su problemi sociali ed ecologici con il desiderio di intrattenere il lettore?
È un lavoro molto delicato perché devo mantenere l'equilibrio tra una trama con tensione e ritmo e ciò che voglio mettere in evidenza, ciò su cui voglio che il lettore rifletta. Per me sono due aspetti completamente intrecciati. Non posso sviluppare una trama vuota o che sia solo d'intrattenimento, né un testo con una tesi senza che ci sia una trama, perché allora scriverei un saggio. Ogni dettaglio della trama è pensato per dire qualcos'altro.
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