Il film vede come protagonista un trio hip hop di Belfast, rapper che cantano in lingua irlandese. Ne esce fuori un racconto tra puro svago e riflessione sul riappropriarsi di un’identità
Può un film in gaelico interpretato da un gruppo hip-hop nordirlandese che canta di unificazione con l’Irlanda finire nella shortlist come Miglior film internazionale agli Oscar, vincere ai Sundance ed essere premiato ai Bafta, il prestigioso riconoscimento cinematografico britannico?
È successo a Kneecap, film scritto e diretto da Rich Peppiatt e che vede come protagonisti proprio i Kneecap, un trio hip-hop di Belfast. Mo Chara, Móglaí Bap e DJ Próvaí, questi i più digeribili nomi della band on stage rispetto a quelli di battesimo (Liam Óg Ó hAnnaidh, Naoise Ó Cairealláin e J.J. Ó Dochartaigh) hanno portato il rap as gaeilge, il rap cantato in lingua irlandese, sul grande schermo.
Kneecap, a dispetto di ogni previsione, ha vinto anche sette premi ai British Independent Film Awards, diventando un caso mediatico in Gran Bretagna. È un film nel quale si urlano messaggi a difesa di una lingua, il gaelico, contro il rigido controllo britannico, indossando con fierezza il balaclava tricolore, il noto passamontagna che era indossato dai combattenti dell’Ira durante le rappresaglie negli anni dei Troubles.
Il film parte da un assunto: «Life in Belfast is still uncomfortable, let’s all be uncomfortable together». Se la vita a Belfast è ancora disagevole, che almeno sia resa scomoda dalla cosiddetta ceasefire generation, la generazione cresciuta proprio dopo i Troubles.
Kneecap viaggia su binari alternativi alla narrazione storica. Peppiatt non è interessato a realizzare un film dal sapore indipendentista ma scende subito nel particolare, inquadrando le vicende di un gruppo hip-hop che fatica ad emergere, in una Belfast spoglia, desolata e ormai apatica ai continui soprusi britannici. La storia è solo in parte romanzata: Mo e Móglaí infatti, due dei tre Kneecap, sono stati veramente spinti dal loro professore di musica (DJ Próvaí) a sperimentare il mondo delle basi rap.
Senza peli sulla lingua
Ne esce fuori così un racconto che alterna momenti di puro svago, spiccatamente narrativi, in cui non ci sono tabù, ad altri in cui le riflessioni attorno alla riappropriazione di una cultura e di una identità diventano centrali. Il film è un’emanazione dei pensieri politici dei Kneecap, senza peli sulla lingua. Questo concede allo spettatore, pur se in modo soggettivo e di parte, una riflessione profonda su quanto sia complessa la vita di chi ancora si vede come una colonia dei fratelli maggiori inglesi.
Di grande impatto, la presenza scenica di Michael Fassbender. Nel ruolo del padre di Móglaí Bap, l’attore irlandese offre un’inedita recitazione in gaelico, mettendo a nudo le difficoltà di un ex militante dell’Ira alle prese con un forte scontro generazionale con il figlio. Il mondo delle droghe, della psichedelia e della violenza resta, comunque, la stella polare attorno a cui ruota la pellicola. Fin dal nome del film e, quindi, del gruppo.
Il kneecapping, infatti, era una pratica dell’Ira durante i Troubles per punire le vittime, gambizzandole. Così come nelle loro canzoni più estreme (su tutte, C.E.A.R.T.A., l’acronimo gaelico per la parola “diritti” e l’esplicativa Get Your Brits Out), anche nel film i Kneecap si concentrano sul modo in cui vivono i lavoratori, ponendo al centro le tematiche di riappropriazione degli spazi e lotta alla passività. Ad essere presa di mira dai tre rapper, infatti, è la componente della società più adulta, quella che ha preso parte alle sommosse negli anni Ottanta e Novanta ma che oggi pare aver perso le speranze per un futuro di vera indipendenza linguistica oltre che di rivendicazione territoriale.
Anche in Italia, la tematica della lingua è un argomento urgente ma al quale non si concede il giusto spazio. Soprattutto quando si parla di preservare i dialetti e le lingue minoritarie. È anche per questo che (per ora) la mancata distribuzione nel nostro paese di un film del genere rappresenta una perdita importante.
Nel suo piccolo, Kneecap, oltre ad avere come obiettivo la depoliticizzazione della lingua irlandese ha la capacità di non renderla un’arma ideologica, così che per tutto l’arco narrativo del film, il messaggio ultimo non è tanto quello di sostegno nazionalistico ma quello di non lasciare il gaelico in mano agli accademici soltanto come freddo strumento di studio.
Rinascimento Irish
Negli ultimi tre anni, la produzione culturale irlandese è stata di altissimo livello: le nove nomination agli Oscar prese da The Banshees of Inisherin (Gli spiriti dell’isola) hanno fatto da traino per confezionare un piccolo rinascimento: altri esempi di livello sono Small Things Like These con Cillian Murphy e Bring Them Down.
Kneecap è quindi soltanto l’ultimo di una lunga serie di prodotti di successo derivanti dall’universo irlandese. Quello di Peppiatt è un film introspettivo che inquadra frammenti di una cultura inedita, di cui non si parla spesso, con un'attitudine punk, che strizza l’occhio agli split screen di Trainspotting senza per questo snaturarsi.
I Kneecap rappresentano la nuova generazione che se ne sbatte di essere ridotta a colonia satellite del Commonwealth. Questo è il futuro dell’Irlanda del Nord. O meglio, del Nord dell’Irlanda.
© Riproduzione riservata