Il pubblico italiano sta riscoprendo l’interesse per la musica sullo schermo, elemento viscerale di racconto ibrido. Ne sono un esempio quelle recenti firmate da Iosonouncane e anche quella di M. Il figlio del secolo
Quando il 14 novembre del 2021 Iosonouncane (pseudonimo di Jacopo Incani) fa risuonare tra le mura dello Spazioporto di Taranto le prime note del brano Sacramento, fuori dalla sala comincia ad albeggiare. La performance del compositore sardo iniziata alle 5:17 del mattino è un rito collettivo che porta un’esplosione di luce attraverso i vetri del locale, con i raggi del sole appena sorto.
Quel 14 novembre non ha rappresentato soltanto la nascita di un nuovo giorno di fine autunno ma anche la presa di coscienza che Iosonouncane volesse allargare ancora di più i propri orizzonti artistici.
Nato musicalmente nel 2010, Iosonouncane in 15 anni di carriera solista è passato dall’incidere un disco carico di parole (La macarena su Roma) allo stravolgere la forma-canzone (Die), fino a renderla così sperimentale da non avere più bisogno di alcun riferimento linguistico (Ira).
Sacramento, invece, è un brano a sé stante, che fa da contrappunto a un video muto di Alessandro Gagliardo che durante una serie di concerti (compreso quello all’alba a Taranto) è stato musicato per l’occasione proprio da Incani. Le immagini del film costituiscono un’opera d’arte autonoma, in cui gli elementi visuali sembrano appartenere ad un passato lontano nel quale ci sembra di riconoscere vaghi momenti familiari.
Questo senso di vacuità è accresciuto da quella che è definibile a tutti gli effetti una colonna sonora, che amplifica l’esperienza di visione, approfondendo in modo unico l’indagine sulla relazione tra suono e composizione per immagini.
Sempre più ascoltate
Un interesse, quello per le colonne sonore, che il pubblico italiano sta riscoprendo. Ne sono un esempio proprio gli ultimi lavori di Iosonouncane che, dopo l’esperimento vincente con Sacramento, ha deciso di lanciare una collana discografica dedicata alle musiche scritte per cinema e teatro.
Il suono attraversato, questo il nome della sub-etichetta di Tanca Records, conta ad oggi due pubblicazioni: la colonna sonora originale composta da Incani per il film di Andrea Segre Berlinguer. La grande ambizione e quella realizzata per il documentario Lirica Ucraina della giornalista Francesca Mannocchi. La grande sfida di Incani è stata quella di operare, per la prima volta, all’interno di una visione artistica nuova.
Per il film di Andrea Segre le intuizioni di Ira sono ancora presenti ma miscelate assieme alla musica popolare e quella classica di inizio Novecento. La voce di Daniela Pes ne I funerali di Enrico porta il fruitore del film a seguire il feretro di Berlinguer come fosse una marcia, suggerendo un senso di stravolgimento politico in quiescenza ma già chiaro. La forza delle immagini d’archivio fa il resto, mentre il brano, costruito circolarmente entro un canto che diventa sempre più un lamento funebre, accompagna lo spettatore alla chiusura della pellicola.
Il lavoro fatto per Lirica Ucraina, invece, si mostra come radicalmente diverso: il lirismo musicale non è questa volta compresso nei tempi narrativi di un film e brilla di luce propria. Chi guarda Lirica Ucraina viene ferito due volte. Prima da un’immersione dovuta alle immagini girate in prima persona tra le maglie delle sofferenze di un conflitto e, contemporaneamente, dai fendenti musicali di Iosonouncane che tra microscopici frammenti vocali e ritmi metallici evoca in suono le immagini che si susseguono sullo schermo.
L’importanza del suono al cinema
Le colonne sonore rappresentano anche un’importante palestra per i compositori. Privandosi delle parole – il mezzo più immediato per veicolare dei messaggi – il musicista deve adattare la propria creatività per metterla al servizio degli altri, cercando di rendere il lavoro comprensibile a un grande numero di persone, con aggiornamenti sullo stato dell’arte molto più serrati e ravvicinati di quanto possa richiedere il lavoro personale di un album in studio.
Sembra anche che alcuni registi stiano mettendo alla prova gli spettatori, cercando di connetterli più al suono che alle immagini che passano sullo schermo.
Il pubblico in sala sta adottando nei confronti del cinema un approccio più contemplativo ed è in questo terreno fertile che si riscontra questa ritrovata attenzione per le colonne sonore. Ne sono un altro esempio le note di Palazzina Laf curate da Teho Tehardo o quelle dei Subsonica in Adagio, due film premiati ai David di Donatello dell’anno scorso.
Di grande impatto sonoro è anche il lungometraggio Quasi a casa, dove la centralità della musica non è soltanto la tematica lungo cui corre l’opera prima di Carolina Pavone ma anche la capacità che possiede Coca Puma, l’autrice delle canzoni, nel fondere nu jazz e sperimentazione analogica.
Sono anche gli autori stessi che stanno tornando ad acquisire una veste di rilievo: Iosonouncane è invitato alle presentazioni del film su Berlinguer e, al contempo, è anche protagonista delle discussioni attorno al documentario Lirica Ucraina per il valore delle sue musiche, elemento centrale della narrazione. Senza il suo zampino, il lavoro di Francesca Mannocchi non sarebbe lo stesso.
Tridimensionalità
In un’intervista a Giulia Cavaliere per il podcast Voci italiane contemporanee, Incani ha rivelato che quando inizia a pensare in musica parte quasi sempre da un soggetto o una bozza per un qualcosa che andrebbe filmato. Questa tridimensionalità molto spiccata che per Iosonouncane è rimasta in potenza con M. Il figlio del secolo si è tradotta in atto. Il commento musicale in questo caso è di Tom Rowlands dei Chemical Brothers, il quale mediante un tappeto sonoro acido porta le immagini della serie tv a prestarsi al servizio della musica. La regia serrata di Joe Wright diventa, a tratti, il videoclip di un brano di Rowlands.
Questo lo si nota quando parte March on Rome, che descrive con accuratezza le parti cupe e disturbanti di una figura ingombrante come quella di Mussolini rispetto a quanto i passaggi registici già non facciano.
Se Iosonouncane cerca di creare un ambiente sonoro immersivo e consonante con quello che si sta guardando, proponendo di segnalare l’emozione musicale prima di guardarla, Rowlands ricontestualizza il ventennio fascista con una musica lontanissima, che viene dal futuro, ma non per questo poco aderente. I suoni ci ricordano quello che ha rappresentato Ennio Morricone ne I Cannibali o Cliff Martinez nel period drama The Knick, impiegando dei generi musicali non coevi al periodo storico in cui è ambientata la vicenda.
Un elemento viscerale
In particolare, si sta assistendo sempre più a una nuova emersione della colonna sonora come elemento viscerale e non più d’accompagnamento, quella che una volta si chiamava original score. Questo lo si vede proprio in M., dove l’elettronica è la metafora perfetta per sintetizzare la volontà di creare un parallelo con il mito della velocità del futurismo o in Lirica Ucraina quando ascoltiamo gli edifici sventrati ancor prima di guardarli crivellati di colpi o, ancora, nel film su Berlinguer dove la musica diventa sinonimo di evocazione e memoria.
Oggi, nel mondo della settima arte, descrivere un protagonista o il luogo dove si svolge la vicenda con la sola narrazione non basta più. Al parlare attraverso immagini si sta affiancando una meta-narrazione, più subliminale, che è quella del suono. Armonie che talvolta sono di contemplazione, altre volte d’anticipazione o che tentano di arrivare alla stessa tonalità del suono in presa diretta. Il pubblico non resta indifferente e guarda questi esempi come delle ancora più complete performance artistiche.
Rispetto al passato, gli artisti iniziano ad assumere un ruolo determinante fin dalle fondamenta di un prodotto visivo, quindi nella fase di ideazione e scrittura.
Il compositore sta entrando in maniera preponderante anche nelle scelte di sceneggiatura, quelle che si fanno a monte del percorso filmico, rappresentando così una figura di raccordo sempre più ibrida tra la scrittura di un film e l’effettivo prodotto finale che ne deriva dalla sua realizzazione. All’immagine-racconto si sta pian piano sostituendo la predominanza del suono, in uno storytelling in cui è la musica a trainare ciò che lo spettatore guarda.
© Riproduzione riservata