Non vi è dubbio che il villaggio olimpico sia un posto reale ma soprattutto rappresenta un luogo ideale, tanto speciale quanto effimero. È il cuore dei Giochi in cui la vita pulsa con ritmo effervescente, colorato, carico di illusioni, emozioni, incontri.

Fisicamente è solo un quartiere, di solito creato ex novo, destinato ad alloggiare atleti e allenatori e che poi, svolta la propria veloce funzione, viene destinato ad un uso residenziale. Praticamente parlando, per gli ospiti, rappresenta un’esperienza davvero “all-inclusive” con accesso gratuito a tutto quello che è previsto. Quindi oltre ad avere una stanza (quasi mai singola) con tutto il necessario, vi si trovano ristoranti per tutti i gusti, aperti ininterrottamente, servizi vari dalla lavanderia al parrucchiere, dai mezzi di trasporto alle zone relax, distributori automatici di bevande e aree social per seguire le gare su grandi schermi.

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Tutto funziona grazie alla generosa disponibilità di migliaia di volontari, pedine fondamentali dell’evento. Per la prima volta questa edizione olimpica offre anche il Family Space ovvero un asilo nido nel quale gli atleti-genitori potranno trascorrere del tempo insieme ai loro figli. Un’innovazione di grande valore sociale, quasi obbligata per coerenza con la piega inclusiva che i Giochi hanno preso anche all’insegna della parità di genere (questa edizione registra un uguale numero di atlete e atleti); ma è anche un’innovazione di non facile realizzazione perché mette ulteriormente sotto pressione la grande macchina organizzativa della sicurezza.

L’accesso al villaggio è infatti proibito a chiunque non sia accreditato ovvero registrato con largo anticipo da una lunga e meticolosa procedura che coinvolge i comitati olimpici nazionali e il comitato organizzatore. È un luogo assolutamente blindato: per entrare ci sono dei check point dove esibire il pass con foto, impronta digitale e dove far controllare il bagaglio. Contrariamente a quanto si può pensare dentro il villaggio non ci sono gli impianti di gara. Le strutture che ospitano le competizioni sono tutte esterne e spesso anche piuttosto lontane, talmente lontane che il villaggio deve prevedere delle sedi secondarie. Infatti, anche se i Giochi olimpici prendono il nome della città che ha presentato la candidatura vincente, nel tempo, con l’ingigantimento del programma, si è andata sempre più consolidando la necessità di disseminare le competizioni su di un territorio vasto.

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In questa trentatreesima Olimpiade i 329 eventi delle 32 discipline non avranno tutti luogo nella capitale francese e nemmeno nel territorio metropolitano. I tornei degli sport di squadra (ad eccezione della partita finale) sono distribuiti tra le città di Bordeaux, Lille, Lione, Marsiglia, Nizza, Nantes. Le discipline di tiro (a segno e a volo) sono previste a Châteauroux, una cittadina che si colloca nel centro della Francia. Le specialità della vela si disputano a Marsiglia: il surf addirittura a Teahupoʻo, una località della Polinesia francese, dove un particolare connubio tra venti e barriera corallina, favorisce il crearsi di onde prodigiose.

Ognuna di queste location di gara ha dunque un suo mini villaggio che, però non offre quell’esperienza unica di fermento, mescolanza, diversità con cui nasce l’idea originaria e che solo il quartier generale può regalare accogliendo, insieme, migliaia di atleti di tutto il mondo e di tutte le discipline: è la grande, fugace metropoli dello sport,

Qualcuno ha in mano una pagaia, qualcun altro ha il casco da ciclismo attaccato allo zaino o il fioretto sulle spalle; si fa la fila al ristorante e intanto si fanno nuove amicizie. Si mangia insieme su grandi tavoli a cui magari capita si sieda anche un famoso campione di un’altra disciplina e può accadere che nel frattempo passi un ex atleta che ora ha un ruolo tecnico e che hai conosciuto solo attraverso la TV.

Sì, il villaggio è un luogo fisico che deve soddisfare bisogni essenziali ma è soprattutto un luogo di poesia, dove si respira la forza creativa dell’attesa, dove l’atmosfera è carica di speranza in attesa del giorno fatidico, della gara. E quel momento sarà un successo, comunque andrà, perché sarà il contributo personale alla grande festa dell’umanità ma che passerà, come ogni cosa. È il sabato del villaggio olimpico, «pien di speme e di gioia: diman tristezza e noia recheran l’ore». 

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