Più di Brunori Sas, e molto più di Simone Cristicchi, Lucio Corsi – cantautore toscano dal tocco glam, classe 1993 – è la vera anomalia di questo festival. Talmente particolare che verrebbe da pensare che la sua partecipazione non sia vera: magari è la trama di una fiction, che immagina che un altro Carlo al posto di Conti sia il direttore artistico.

La finzione in effetti c’è già stata (ed è appunto la terza stagione di Vita da Carlo, inteso come Carlo Verdone), ora rimane da capire come andrà nella realtà. Se è vero che dall’Ariston sono passati tanti cantautori, adesso tocca al più moderno fra loro. E poco importa che sia abituato ad altri spazi, più indipendenti, più di nicchia. Fra 30 artisti (ora diventati 29) c’è posto pure per lui: ma che lui volesse esserci non era poi così scontato.

Essere un duro

Volevo essere un duro è una canzone che racconta la fragilità umana, il contrasto tra sogni e realtà, con quel tocco di disincanto che accompagna ogni crescita. «Spesso non si riesce a diventare ciò che si sognava. Il mondo ci vorrebbe inscalfibili, perfetti, solidi come le rocce e belli come dei fiori. Ma i fiori sono appesi a un gambo, una cosa sottilissima e fragile, perciò in realtà siamo tutti in equilibrio precario sulle cose della vita», ha detto in un’intervista ad Esquire.

Nel testo si esprime così: «Quanto è duro il mondo / per quelli normali / che hanno poco amore intorno / O troppo sole negli occhiali / Volevo essere un duro (…) però non sono nessuno».

«Inseguo le canzoni da quando ero bambino», ha detto. «È la cosa che mi ha sempre divertito di più fare, soprattutto con questa lingua, l'italiano, che ci consente di sintetizzare un concetto in diversi modi, come in un rebus».

Il dilemma Sanremo

Ma il dilemma su Sanremo lo ha accompagnato a lungo: il rischio di mettersi in vetrina, ha detto a Rolling Stone, è di diventare un manichino: «In pochi sono stati capaci di non esserlo». Ci riuscirà lui?

«Ho passato anni di lotta interiore: ci vado oppure no?», ha detto nell’intervista a Domani. Tanti artisti che amo, come Franco Battiato e Paolo Conte, non ci sono mai andati. Poi altri che amo altrettanto ci sono andati, tipo Lucio Dalla, Ivan Graziani, Vasco Rossi, Rino Gaetano»

Alla fine, a convincerlo sono state sia la sua etichetta – la Sugarmusic di Caterina Caselli, fra le più potenti a Sanremo – sia le persone a lui vicine: «Qui in trattoria Carletto, Costa, Giusy, da anni mi dicono “vai al festival!”. E ora non possono più dirmi niente».

Dalla Maremma

Il legame con la sua gente è anche il legame con la sua terra d’origine, la Maremma toscana, che definisce il “Far West italiano”: «Non è la Toscana verde che ti immagini nelle cartoline», ha detto a Rolling Stone. «Sembra più un campo brullo con le trombe d’aria che sollevano i detriti. Trattori inseguiti da aironi che mangiano i vermi sollevati dalla terra – questi aironi sono un po’ gli angeli custodi dei trattori».

Dopo aver vissuto a Milano, ha deciso di tornare alle origini: «La provincia per me è importante. Spesso viene vista in chiave negativa, anche solo il termine è spregiativo. Invece è in quei posti che si comincia a cercare, a trovare nuove forme d’espressione».

Lucio Corsi arriva a Sanremo con la consapevolezza di essere un outsider. Non si cura delle etichette, non cerca il successo facile e non scende a compromessi. È la perfetta espressione di quella provincia, all’improvviso messa sul palco importante 

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