Se sei un’azienda che nel giro di tre anni vede triplicare il suo fatturato, vuol dire che la strategia adottata è vincente. Lanciata nel 2015, quando in soli quattro mesi aveva venduto 30.000 abbonamenti, oggi MasterClass vale 2,75 miliardi di dollari e conta due milioni di utenti registrati, oltre agli 11 milioni di persone attive al mese.

A un quarto di questi, su loro stessa ammissione, quelle brevi video lezioni online, da seguire ovunque e dove si è più comodi, hanno addirittura cambiato la vita. A contribuire alla crescita della piattaforma è stata certamente la pandemia, quando la domanda è aumentata anche del 1000%. Dentro c’è di tutto: attori che insegnano a recitare, atleti che spiegano le fondamenta della loro disciplina, businessman che rivelano come fare soldi, professionisti che ti esercitano a tirar fuori il meglio di te. Il corso più seguito era quello tenuto dall’ex negoziatore dell’Fbi, Chris Voss, con cui spiegava l’arte del suo mestiere. Un lavoro d’élite, tutt’altro che semplice da ottenere.

Più semplice quindi cimentarsi nella preparazione di un piatto, affinare la propria tecnica culinaria, imparare a trattare le spezie o approfondire la conoscenza di una determinata cultura gastronomica. Anche perché se a spiegare come si fa è uno chef stellato, c’è un altro gusto. Dall’altra parte dello schermo può infatti capitare di trovare José Andrés o Massimo Bottura. Così come a insegnare la cucina messicana è Gabriela Cámara, quella indiana Madhur Jaffrey e quella giapponese Niki Nakayama. Ma il corso di cucina più polare non può che essere quello di Gordon Ramsay.

Un nuovo modo di apprendere

Non si sa quanto davvero le lezioni cambino l’esistenza di una persona che le segue, come hanno raccontato alcuni, ma è certo che MasterClass ha dato una spinta notevole nel trasformare il paradigma dell’insegnamento. Nel 2020, il New York Times non usava mezze termini in un articolo che raccontava l’ascesa del sito streaming: «Siamo nel 2120. MasterClass è l’unica scuola rimasta». Fantascienza, o quasi. Con il coronavirus abbiamo avuto la dimostrazione che le tradizionali lezioni scolastiche possono essere riviste e non è necessaria la presenza – ad ogni modo preferibile. Un’affermazione che vale ancor di più se bisogna seguire un solo corso: basta registrare un video e caricarlo sul sito. Quello che accade su MasterClass, che con 10 dollari al mese permette di seguire tutte le lezioni di oltre 200 insegnanti di tutto il mondo, senza limiti e su qualunque dispositivo. Un modo facile ed economico per approcciarsi al mondo del food and beverage o di cementare le proprie abilità.

Il concetto è identico a quello di Acadèmia.tv, il cui costo è molto simile (poco più di 8 euro al mese) ma il pubblico è più ristretto, con 164.500 utenti (ma che importa, se non esiste una vera classe?). La piattaforma offre tre tipologie di corso: Benessere, per imparare a cucinare piatti salutari; La Scuola, per assorbire le basi della cucina; MasterClass, per gli esperti che possiedono già fondamenta solide. A impartirgli le lezioni sono i vari Iginio Massari, Chiara Pavan, Davide Oldani, Norbert Niederkofler, Gabriele Bonci. La particolarità di Acedèmia.tv è che, oltre all’attestato di riconoscimento, gli abbonati possono scaricare un ricettario, scambiarsi messaggi su un gruppo Telegram e godere dell’affiancamento di un esperto via chat o streaming.

Imparare a cucinare sì, ma non un mestiere

A spopolare sono poi anche i corsi su Zoom o Skype organizzati dagli chef, più o meno famosi, che si focalizzano su un singolo aspetto del mondo culinario. Corsi da un solo incontro, a prezzi che variano a seconda del cibo trattato, capaci secondo il Los Angeles Times di «creare una nuova generazione di studenti e di insegnanti». Purché a tempo determinato, ammoniva già ai tempi della pandemia il pluristellato chef francese Guy Savoy: «In cucina se non siamo padroni dei nostri gesti, la sanzione è immediata: ci tagliamo, ci bruciamo, ci sporchiamo. Quindi il gesto ha un’importanza primordiale. È impossibile imparare a cucinare su Zoom o su Skype». Divertirsi forse sì.


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