Il consumo di media legati al cibo ha un impatto sul nostro modo di prepararlo: era così già con i ricettari e con la televisione. Nel passaggio ai video su internet si sono generati dei trend, sia a livello di ingredienti che di tipologie di piatto
Probabilmente questo è il momento più importante della storia dell’uomo per quanto riguarda la cultura della cucina. L’uomo esiste da millenni, e quindi mangia e cucina da millenni, per secoli il cibo è stato un’impellenza per molti, un piacere per pochi, una cultura per quasi nessuno. Solo negli ultimi decenni si è seriamente pensato di cominciare a fissare le ricette solo negli ultimi decenni si è cominciato a riflettere sul cibo come pratica culturale.
Dai primi esperimenti e dalle prime notazioni (ne esistono anche di epoca romana, ma non sono ricettari con lo scopo di replicare i piatti, sono più descrizioni) si è passati a una sistematizzazione, con tassonomie e racconto delle tecniche. E se per tutto il Novecento questo è passato per la carta stampata (libri, molto, ma a un certo punto anche riviste), scavallando il millennio il video è diventato lo strumento del racconto non solo delle pietanze e delle tradizioni culinarie, ma anche proprio del cucinare e della cultura che esiste intorno alla cucina.
Dalla Sora Lella a BuzzFeed
Già nel passaggio dalla tradizione orale a quella scritta c’è stato un forte mutamento delle abitudini di cucina, in Italia come nel resto del mondo. I nomi delle ricette sono stati fissati e le tradizioni regionali sono uscite dalle loro specifiche località. Già quando la Sora Lella faceva brevi trasmissioni in cui, rigorosamente seduta, raccontava sommariamente ricette romane, il punto non erano le dosi o i tempi di cottura, ma come ne parlava: l’atteggiamento. I piatti erano inquadrati male. Lei bene. La televisione è sempre una questione di forma, conta molto di più come le cose sono mostrate di quello che viene fatto, e nello specifico contava come maneggiava i peperoni, come tagliava il basilico e come inseriva nel racconto della ricetta scenette familiari.
La televisione, ancora oggi, vende più il cuoco che la ricetta, in rete invece è una questione di cattura immediata tramite immagini. Inizialmente le ricette in video esistevano principalmente su YouTube, raccontate sia in estrema sintesi oppure in video di 20 minuti, dilungandosi sulla storia degli ingredienti e sul loro uso. Amatorialmente o da chef nelle cucine di un ristorante o anche filmando cuochi di strada che cucinano la medesima pietanza da tutta una vita. YouTube continuava a vendere il cuoco ma dando più spazio alla ricetta. Alla tv aveva aggiunto la cultura geek dell’approfondimento.
Poi è arrivato BuzzFeed, sito pioniere di molti modi in cui oggi vengono usati i social, e ha cominciato a eliminare i cuochi, cancellando questa eredità della tv e mettendo in primo piano solo i piatti, al massimo le mani che manipolano gli ingredienti.
I trend
A partire più o meno il 2015 da quando sono nati molti più canali professionali, con l’intento di generare un profitto, la direzione è stata chiara: brevità, rapidità, ricette con ingredienti semplici e di basso costo, ricette con un obiettivo (dimagrire, mettere massa, sentirsi meglio, non usare carne ecc. ecc.), ricette sempre e comunque succulente nelle medesime maniere, quelle che catturano l’attenzione. Racconta il New York Times che i fiocchi di latte erano un tipo di formaggio completamente fuori dalla cucina moderna, considerato una roba da cucina dei nonni, prima che TikTok ne scoprisse la capacità attrattiva e ne facesse schizzare la domanda inserendolo in mille ricette.
Per funzionare sui social infatti i video culinari devono essere succulenti, i piatti devono essere belli da vedere, piacevoli da osservare quando scrocchiano o quando si sollevano forchette o cucchiai, perché poi solo una grande minoranza di chi guarda proverà effettivamente a rifare la ricetta, la maggior parte sono flaneur della cucina. I video compaiono alle volte in un flusso, dopo un influencer e prima di un pezzo di una partita di calcio, non sono necessariamente frutto di una ricerca, sono spesso condimento di una dieta mediatica che prevede altro e chiede piacere visivo più che informazione. Ecco quindi creme, molto sobbollire, colori accesi, molta salsa, tutto glassato e caramellato, significa mescolare in padelloni e soprattutto formaggio filante sempre e ovunque. Qualsiasi cosa si apra deve contenere del formaggio filante.
A un certo punto, grazie al sito (e poi canale social) Tasty sono arrivate le one pot recipe: tutto ciò che può essere preparato e cotto in un solo recipiente. Semplice da spiegare, facile da guardare (non bisogna tenere a mente preparazioni separate e contemporanee), di solito inquadrate dall’alto. Molte ricette italiane, che non necessariamente sono da una padella sola, vengono così cambiate per funzionare in una sola padella, per accumulo di ingredienti. E vengono in questo modo tramandate e imparate (e in certi casi sono pure molto buone).
Alla stessa maniera la pasticceria tradizionale si mescola con il trend delle ricette proteiche per chi fa palestra. Quei video nascono per mostrare che si possono preparare pasti iperproteici succulenti e che non bisogna negarsi i dolci, e quindi le torte sono belle, soffici, morbide, piene d’aria, si tagliano con la forchetta come piccole nuvole e conquistano anche chi in palestra non ci è mai andato né ci vuole andare. In breve tutti si sono adeguati a questo tipo di estetica e di preparazione. Poi magari una volta preparati questi dolci sono terribili e sbilanciati, ma come detto importa poco. Conta sopravvivere online. Quindi vanno bene le preparazioni in una padella sola, va bene inserire formaggio ovunque, vanno bene dolci sempre montati e vanno bene ricette velocissime da massimo 20 minuti.
La svolta del lockdown
A partire dal 2020 e dal periodo dei lockdown il cibo cucinato è definitivamente esploso diventando uno dei contenuti più presenti sui social media audiovisivi. Accade così che sullo schermo le cucine di paesi diversi si contaminino all’insegna dell’immagine finale. Non si prestano ingredienti ma si prestano lavorazioni, in modo che, per esempio, anche le ricette che non sono indiane possano giocarsi le loro creme dense. La “carbocrema”, una delle più note invenzioni dei ricettari online contemporanei (ora in tantissimi ristoranti), cioè la creazione di una crema di tuorli d’uovo, grasso del guanciale e parmigiano frullati insieme per fare una carbonara densa e molto gialla, è figlia diretta delle creme che regnano nei video di cucine indiane per tutti. Così morbide e avvolgenti.
Su TikTok (anzi su #foodTok, la parte dedicata al cibo) è pieno di ricette italiane in cui la salsa si ottiene frullando ingredienti e quindi è una crema, data di nuovo dall’onnipresente formaggio (magari con qualche parte solida a parte per guarnire). Questo assicura densità che amalgama gli spaghetti nella grande inquadratura finale (che solitamente è anche quella che apre il video, un flashforward che è una promessa di soddisfazione).
Alla stessa maniera, sempre parlando di cucina della pasta, gli spaghetti risottati sono diventati molto comuni perché assicurano una “crema” a modo loro, o almeno ne enfatizzano la presenza. E davvero di tutte le maniere in cui potevamo contaminare la cucina italiana con quella del resto del mondo questa era la meno prevedibile.
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