Fingere un orgasmo, preparare una rapina, ragionare sulle grandi verità della vita, tutto nello stesso luogo: il diner. Elemento archetipo dell’attesa, dove si addensa il grumo della storia, i personaggi si rivelano, di colpo si scatena l’imprevisto. È il più classico dei ritrovi statunitensi: in una metropoli o sperduto in un deserto, desolato; lo frequentano malviventi donne in fuga, anime perse. Da Oceans’ 11 a Thelma & Louise: viaggio nelle scene cult
Ma quanto mangiano gli americani, anche nei film. Masticano ovunque: a casa, in ufficio, per strada – Brad Pitt ingurgita cibo in ogni sua scena di Ocean’s 11 di Steven Soderbergh – ma, soprattutto nei diner. Sono i complici affollati e silenziosi del cinema: entrate, mettetevi seduti, sorseggiate un caffè e vedrete scorrere di fronte a voi mille storie.
Fingere un orgasmo, preparare una rapina, ragionare sulle grandi verità della vita, tutto nello stesso luogo: la tavola calda. Elemento archetipo dell’attesa, dove si addensa il grumo della storia, i personaggi si rivelano, di colpo si scatena l’imprevisto. Il diner è il più classico dei ritrovi statunitensi: in una metropoli o sperduto in un deserto, desolato; lo frequentano tutti: malviventi che organizzano il colpo, donne in fuga; anime perse in attesa della scintilla, che sia amore o crimine.
Il menù
La potenza dell’immaginario cinematografico americano ne ha fatto un classico planetario. Chi visitando gli States non è andato in cerca di uno reso famoso dalle pellicole e si è fermato casualmente in uno fuori mano; l’atmosfera non delude mai. I menù spaziano da frittelle e pancakes per la colazione, all’hamburger per la fame chimica, club sandwich e patatine, frullati e frappé con ciliegia; gli orari si allungano dall’alba a notte fonda.
L’ingresso dà quasi sempre su un corridoio formato dal bancone sul lato interno e dalle file dei tavoli con vista sull’esterno. La cassa in gran parte dei casi è posta di fronte all’ingresso, per facilitare il controllo della sala e il pagamento del conto da parte dei clienti. Fuori scorre il traffico, urbano o delle highways o delle stradine secondarie – non di rado insieme a una pompa di benzina – ma una volta entrati si è nell’oasi di odori, voci e suoni musicali. Un mondo a parte che tiene separato il resto. Un luogo e, anche, un tempo sospeso. Le vetrate spesso sporche, corredate da tapparelle a lamelle, o tende a pacchetto.
L’arredamento
Elementi immancabili le panche, il più delle volte in pelle, di colore caramello o rosse, goffrate, souvenir dei primi anni Sessanta. Sfilano le tortiere, alzate in vetro mostrano torte di mele, al cioccolato, ciambelloni. Dietro, mensole ospitano tazze e tazzine. Il caffè, rigorosamente in filtro, rovente nella caraffa in vetro temperato: la prima tazza è gratis per gli avventori. E le cameriere: attente, nelle loro divise spesso turchesi, i grembiuli bianchi, crestine in testa. Visi a volte struccati, o troppo truccati, con ombretti sgargianti e pettinature improbabili. Fumatrici incallite.
Custodi di scene memorabili, di conversazioni che non dovrebbero essere ascoltate. Sorseggiare una bevanda issati su uno sgabello, o con gli occhi immersi nel menu sprofondati nel divanetto con davanti un bicchierone che verrà riempito in attesa della scelta dei piatti. Il diner è lo starter, dove prende avvio il film: scena appunto sospesa. Ci si confessa e si discute dei grandi perché o di minuzie, di amore o di omicidi: siamo tutti frequentatori di diner che vogliamo raccontare – o far parte di – una storia. Finzione e realtà si mescolano.
L’abbigliamento
Riuniti attorno a un tavolo, vestiti tutti uguali, camicie immacolate, a fare colazione che è anche una riunione per una giornata che sarà particolare: stupidaggini, piccoli ricordi, ognuno ha il suo, e poi il momento della mancia, perché la mancia è sacra anche per delle Iene (Reservoir Dog), e una parte importante dei guadagni, per i waiter dei diner che molto spesso hanno un ruolo, più o meno breve, più meno intenso, nella pellicola; come Debora la cameriera che fa innamorare Baby in Baby driver o il cameriere che si avvicina alla cliente seduta vicino al tavolo dove Sally ha appena finito di fingere un orgasmo dinanzi a Harry e chiede “cosa prende”, accendendo una delle risposte cult che tanti spettatori hanno poi citato: «Quello che ha preso la signorina».
«Posso avere un bicchier d’acqua?» chiede la “resuscitata” Beatrix Riddò (Uma Thurman di Bill Kill) sedendosi sullo sgabello della tavola calda dall’altra parte del cimitero dove era stata seppellita.
Gli incontri
Il luogo riserva sorprese: vi avvengono incontri decisivi e immortali, punto di svolta della storia: il duello verbale, che prelude a quello reale per le strade di Los Angeles, tra Al Pacino (il poliziotto) e De Niro (il criminale) rimasto storico non solo perché era il primo che li vedeva insieme, ma anche perché girato in contemporanea con due telecamere fisse alle spalle dei protagonisti e poi montato con ritmo serrato da Michael Mann (il diner ha chiuso 10 anni dopo l’uscita del film, pur avendo approfittato della popolarità ottenuta, esibendo all'ingesso il titolo di The Heat scritto in neon, un enorme poster della scena e permettendo agli avventori di prenotare il tavolo 71 – definito semplicemente come il Tavolo – dove fu girata la sequenza).
Una scena in un diner, ma di Boston, vede protagoniste due donne, in questo caso tutte e due poliziotte – Sandra Bullock e Melissa McCarthy – anche nel film che ha lo stesso nome The Heat (Corpi da reato in Italia). Due donne in fuga e un ragazzo girovago si incrociano prima in un piazzale di un distributore di carburanti e poi Thelma, seduta a un diner, confessa a Louise l’avventura di una notte con il giovane: il fortunato era Brad Pitt, l’anno il 1991, il regista Ridley Scott.
Il cinema può cambiare il nome ai luoghi: ne è esempio The Place, film del 2017 di Paolo Genovese, protagonista Valerio Mastandrea, tutto girato in un locale, quanto di più simile a un diner che si possa trovare a Roma: il nome era Sacco, poi manterrà quello del film (ed è nel frattempo divenuto The Place to beer).
Alla fine degli anni Novanta i fratelli Coen mettevano insieme Jeff Bridges (Drugo) e John Goodman (Walter Sobchak) ne Il Grande Lebowski: «Il dito non era il suo. Vuoi un dito del piede? Te lo procuro io!», domanda Sobchak a Drugo mentre, seduto al bancone del diner, sorseggia caffè.
Le facce
Sono soprattutto coppie disparate, spesso disperati e malviventi, a frequentare i diner, in incontri inaspettati oppure attesi, dove si può rimanere anonimi, ma anche tentare una rapina. Jodie Foster lolita di Taxi driver fa colazione con lo psicopatico Robert De Niro che cercherà poi di salvarla compiendo una strage; prima Travis Bikle aveva incontrato i suoi notturni colleghi driver sempre in un diner.
La coppia Ringo-Yolanda (Tim Roth, Amanda Plummer) della scena finale di Pulp Fiction, dove gli amanti provano a rubare ai due criminali Jules e Vincent, pare riproporre quella degli innamorati infernali di Natural Born Killers di Oliver Stone (autore del soggetto è lo stesso Tarantino, salvo essersi tirato poi indietro per le pesanti modifiche alla sceneggiatura di Stone), che animano la psichedelica scena iniziale del film, per rimanere impressi al pubblico televisivo americano rappresentato nello schermo e allo stesso tempo al pubblico al di là del grande schermo.
© Riproduzione riservata