Succede che le cose non vere, a forza di sentirle ripetere, fanno venire il dubbio persino a chi le ha vissute di ricordare male. Così, io ricordavo perfettamente un pezzo importante della mia vita, quello in cui, insieme a Massimo Troisi, scrivemmo la sceneggiatura di Ricomincio da tre. Avevamo un piccolo studio, una mansardina dove non c’era posto che per una scrivania, una sedia, una poltrona, e noi.

La casa era in affitto a Nemi e la condividevamo con Gaetano Daniele, amico storico e collaboratore di Massimo e Lello Arena: eravamo una piccola comune. Ricordo la macchina da scrivere, i foglietti che ancora possiedo su cui Massimo aveva annotato dialoghi, pensieri scaturiti dalle nostre lunghe chiacchiere e situazioni vissute insieme, i lunghi silenzi e le risate per una battuta nata lì per lì.

Dal lavoro di quei giorni d’inverno fino a primavera inoltrata uscì il film Ricomincio da tre, di cui è stata proiettata la versione restaurata qualche giorno fa al Teatro Olimpico, in una vetrina prestigiosa come la Festa del Cinema di Roma. Il giorno dopo l’evento mi arrivano i messaggi di chi ha assistito alla proiezione e che, come me, si è chiesto perché io non ci fossi.

Così mi faccio raccontare: «Bello bello» dicono tutti. «Ma cos’è questa cosa che hanno detto sul palco, che la sceneggiatura è stata scritta da uno sceneggiatore esperto e tu non sei stata nemmeno citata?». «Sì, hanno detto che lo sceneggiatore si è fatto convincere a togliere il nome».

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È una vecchia storia che, a sentirla nuovamente, mi fa andare in confusione. Mi viene il dubbio: ricorderò male? Fai che in quella mansarda stavamo stretti perché c’era un altro sceneggiatore e non ce ne siamo accorti? Chiedo anche a Gaetano: ma non è che quando scendevamo giù, la sera, dopo che avevamo scritto, a tavola con noi c’era uno sceneggiatore esperto e abbiamo fatto la figura di non offrirgli nemmeno un piatto di spaghetti?

Lui dice che è sicuro: eravamo solo noi. Così sono costretta a rimettere mano alla questione che, da quando non c’è più Massimo a dire la sua, mi sposta periodicamente la nervatura e a dover ribadire che la sceneggiatura di Ricomincio da tre fu scritta parola per parola da Troisi, me e nessun altro.

Le allusioni

Qualche aggiunta c’è stata poi sul set, nata dalla sintonia comica tra Massimo e Lello. E si vede che non c’è la mano di uno sceneggiatore esperto, perché la struttura, che è la prima cosa che cura un professionista, è esile e difettosa, si perdono i personaggi o saltano fuori all’improvviso, cosa che possono confermare i critici che proprio questo scrissero nelle loro recensioni: ma avevano ragione! Il valore di Ricomincio da tre era altrove, nella comicità di Troisi in primis e poi negli argomenti e sentimenti che erano il mondo di un ragazzo e di una ragazza di quegli anni.

Il produttore del film, che tutti sappiamo essere Fulvio Lucisano (anche se il progetto glielo portò Mauro Berardi) non se ne fa capace e continua a raccontare e a tramandare la storia dello sceneggiatore che sarebbe stato il vero autore di Ricomincio da tre.

Non si fa capace soprattutto del fatto che né Troisi né io avremmo mai approfittato del lavoro di un altro convincendolo a non firmare. Perché poi un professionista avrebbe dovuto farsi zittire da due esordienti che sarebbero potuti finire nell’oblio dopo la prima proiezione del film?

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Chi ancora inspiegabilmente racconta questa storia, non si fa capace che una donna, per giunta molto giovane e carina, fosse in grado di scrivere un film di successo e che Massimo mai avrebbe fatto firmare una persona solo perché era la sua ragazza, dato che a questo si allude. L’attore che spiana la strada alla fidanzata: era uno spudorato luogo comune e, come tale, Troisi lo avrebbe aborrito.

C’è stato però uno sceneggiatore – che non nomino perché non c’è più e perché non ha alcuna responsabilità nella vicenda – che il produttore, anche saggiamente, aveva scelto a supporto di chi non aveva mai scritto per il cinema.

Ma, dopo qualche riunione, Massimo si accorse che non condividevano l’immaginario, il tipo di comicità, lo stile: insomma, non riusciva a scrivere con lui. Glielo disse con garbo, l’altro ne convenne e si lasciarono in buoni rapporti, senza che nessuno dovesse convincere nessuno.

Così ricominciammo io e Massimo, e non da tre, ma da zero, dalla pagina bianca da cui scaturì il film che incredibilmente, dopo quarantatré anni, ancora fa ridere, emozionare e pensare. E, qualche volta, battibeccare chi ne ha fatto parte.

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