Smessi i panni da marito-influencer, dopo gli scandali e il divorzio più raccontato d’Italia, torna sul palco dell’Ariston, dove già era stato al centro di enormi polemiche. Riuscirà a rinascere dalle sue ceneri o farà l’ennesimo harakiri artistico?
Dopo aver brillato della luce riflessa della moglie, ora Fedez si accontenta dell’oscurità dei suoi tormenti. E su quello ha deciso di scriverci canzoni, in un certo senso continuando a cavalcare la sua dannazione, come se fosse estro creativo. Sarà interessante capire quanto questo ritornello stantio, del bel tenebroso che si autodistrugge, continui a interessare al pubblico di Sanremo. Il rischio è che sia l’ennesimo palcoscenico offerto al peggior sponsor di sé stesso.
La depressione è ovviamente un tema serissimo e da sempre è la fonte di capolavori di musica e letteratura. Stephen King, che ha sofferto di alcolismo, sostiene che «l’idea che lo sforzo creativo e le sostanze che alterano la mente siano strettamente legati è una delle grandi mistificazioni pop-intellettuali del nostro tempo» e probabilmente ha ragione.
Non c’è dubbio però che certi temi possano ispirare dei capolavori: Comfortably Numb dei Pink Floyd, Creep dei Radiohead o Everybody Hurts dei Rem sono solo degli esempi a caso su come si possa scrivere del dolore, trasformandolo in opera d’arte. Ecco, Fedez fa un altro lavoro.
Il Sanremo di Fedez

Forse dovremmo smetterla di dare una patente di qualità a un testo solo perché tratta di un argomento sensibile. Anche perché è facile capire quale sia il gioco e se lo facesse un nostro amico, non Fedez, forse gli diremmo che rischia di essere patetico: confonde i versi sulla depressione con quelli per l’ex moglie, creando un mix di equivoci, e poi sostiene che non sia così, che la malizia sta in noi che ascoltiamo e che troviamo ancora una volta significati che non esistono.
L’apice sarà raggiunto nella serata delle cover, quando Fedez canterà Bella stronza insieme a Marco Masini. Intervistato da Nunzia De Girolamo, Carlo Conti ha detto che non sa se questo sia un riferimento a Chiara Ferragni e che in fondo non importa.
La grande provocazione sarebbe smettere semplicemente di parlarne e non fare diventare questo l’ennesimo Sanremo di Fedez, qualsiasi cosa succeda, anche nulla. Ma non sembra davvero possibile se si vuole raccontare il festival, quando alla vigilia si è continuato a parlare di lui, dell’ex moglie e di Fabrizio Corona. Non ci siamo riusciti noi e non c’è riuscito nemmeno Carlo Conti, affascinato dalla tentazione di portare sullo stesso palco Fedez e Tony Effe, con tutto il loro codazzo di polemiche, reali o costruite ad arte.
Il ritorno
Nessuno mette insomma in dubbio che lo spunto da cui la canzone parte – la depressione con le sue ombre – sia autentico e a molti capiterà pure di empatizzare con il suo interprete. Il problema semmai è il déjà vu per un’operazione che ha molti fattori di rischio: magari andrà tutto bene, magari no. E sarà interessante capire quanti saranno stanchi di questa riproposizione narcisistica, fatta di cliché ed equivoci. È davvero questo il modo migliore per parlare di depressione? Vale sempre il “purché se ne parli”?
Come la classica trama di un giallo, Fedez è stato riammesso sul “luogo del delitto”. E noi tutti, il pubblico, stiamo lì con un istinto morboso a vedere se l’omicidio si compirà di nuovo; se Fedez farà un harakiri artistico o se saprà rinascere dalle sue ceneri. Doveva essere il festival della canzone italiana, ma sappiamo tutti che non è mai stato solo questo.
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