- Mi chiamo Giovanni. Anche se il mio sogno era chiamarmi Elvis Costello.
- Vivo da molti anni di rendita sul clamoroso colpo di culo che ha trasformato una mezza ideuzza buttata lì per caso anni fa a un amico dirigente televisivo in un format di successo planetario.
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Mi chiamo Giovanni. Anche se il mio sogno era chiamarmi Elvis Costello.
Chi mi conosce mi chiama Vanni, o meglio sono Vanni per la prima cerchia di amici. Per gli altri sono il dott. Rebora, Faccio il Produttore televisivo, cioè quello che mette i soldi quando bisogna realizzare uno show, una fiction, o un qualunque altro pezzo di televisione. Posso vantare una certa autorevolezza nell’ambiente,
Qualunque cosa sia un ambiente.
Vivo da molti anni di rendita sul clamoroso colpo di culo che ha trasformato una mezza ideuzza buttata lì per caso anni fa a un amico dirigente televisivo in un format di successo planetario.
Oggi per esempio mi scrive una casa di produzione vietnamita: vogliono produrre sulla loro rete nazionale il nostro format, che in questo momento viene trasmesso in oltre settanta paesi compresi Malesia e Lesotho con straordinario successo di audience.
I colleghi Vietcong chiedono se possono sostituire la fortunata rubrica del “rischio calcolato” con un loro gioco tradizionale consistente in una serie di profondi e insistiti calci nelle palle dei concorrenti. Ci pensiamo un po’, poi optiamo per il via libera. Peggio non potrà essere.
I critici disprezzano da sempre con rigorosa e ammirevole coerenza le cose che produco e invento ma tutto sommato tra gli addetti ai lavori i miei peccati televisivi ispirano simpatia, e non sono uno di quelli che tende ad esagerare la propria importanza per cui bene così: successo di pubblico e non di critica.
Ho un più che apprezzabile conto in banca ma non essendolo nato, non sarò mai ricco: posso aspirare credibilmente ad essere percepito come benestante, con meno problemi dei miei genitori e dei loro genitori. In compenso, la mia famiglia e le prossime tre generazioni a venire di figli dei figli possono dormire tranquilli aspettando i bonifici sul conto corrente. Mi resta la speranza romantica che nel ricambio delle generazioni spunti un erede stronzo e manigoldo che in un attimo si divori il patrimonio suo e degli altri eredi.
Non che i problemi scompaiano con i soldi.
Oggi per esempio tra gli inciampi possibili della mia agenda professionale e umana mi è capitato tra capo e collo uno dei peggiori: produrre uno show nuovo, entro una settimana .
Cioè oggi, due settembre, mi è stato detto che si va in onda il nove. Per quattro puntate poi vediamo, potrebbe persino continuare: le disgrazie non vengono mai sole.
Elementi a favore: non esiste nulla, né un’idea né uno straccio di cast.
C’è solo il titolo: “Tik Tok e Tak”. E un appunto: uno show che guarda al futuro. Io per vocazione diffido del futuro, preferisco il passato che posso sempre reinventare a mio gusto,
In questi casi, penso che l’unica soluzione sia di restare solo con sé stesso, raccolto a meditare su cosa sia meglio fare, se darsi alla latitanza sui monti di una ex repubblica russa compiacente, o cercare il numero di quel fornitore che aveva messo a disposizione una casa in Uruguay “per ogni evenienza”, o fare ammuina per qualche giorno e poi sfilarsi o “quant’altro” come dice un autore di gran marca che usa a sproposito le parole pur essendo le parole il suo strumento di lavoro.
Ma purtroppo subisco il fascino dei fallimenti praticamente certi.
Non voglio sapere perché, infatti non son mai stato in analisi: mi piace essere un mistero per me stesso e voglio che molte cose della mia vita restino misteriose. D’altronde tutte le persone libere sognano una prigione.
Non resta che convocare una riunione e mettersi a guardare lo spettacolo d’arte varia che ne esce: mi piace osservare anche me, da fuori, mentre viviseziono come un entomologo i curiosi insetti che ad uno ad uno entrano nella stanza.
Quello in primo piano vestito come Lorenzo al Jova Beach Party e pettinato come Silvan è il Capo progetto informato della novità mentre pontifica con enfasi spagnolesca al cellulare spiegando i principi dell’idraulica a un idraulico. È il classico tipo che coltiva ogni nuova passione con amorevole incostanza. Gente uscita illesa dalla scuola dell’obbligo.
Dietro di lui, seminascosto alla vista ma non all’udito, urlacchia e non posso fare a meno di ascoltarne con raccapriccio le lamentele il Dirigente: un cattolico integralista, al quale quotidianamente sogno di infliggere una lentissima e atroce agonia da Controriforma. Non potendo mi limito a sottolineare come il suo parere sia sovranamente superfluo.
Il vecchio Socio mi guarda con il consueto cinismo che ha sempre cercato di trasmettere alla nostra azienda , riuscendoci benissimo.
È il solito paraculo, dallo sguardo nobilmente assonnato e gli va dato atto di non avere mai cambiato atteggiamento neppure quando le cose presero ad andare bene e poi benissimo: pertanto trovo romantico, che possa esprimere per l’ennesima volta con magnificenza posillipesca le sue idee irrealizzabili, da grandeur inattuabile.
E poi Lei.
È chiaro che questa Autrice potentemente raccomandata dal Committente fu in passato una crudelissima spia moldava sfuggita per puro caso a numerosi attentati di tutti i controspionaggi mondiali. La storia non è ancora del tutto chiarita ma mi sono fatto l’idea che la belva non solo sia sfuggita all’assedio dei buoni: li ha uccisi tutti a mani nude bevendo il loro sangue dai teschi. Oggi si batte disperatamente per dare dignità di idea a pensieri irrilevanti.
Mi chiedono «cosa vuoi vedere?» Mi piacerebbe rispondere «tutto quello che ho visto da bambino». Ma purtroppo siamo in riunione. Non si può essere troppo sofisticati. In riunione bisogna parlare di poche cose, sempre le stesse, con varianti impercettibili dettate dalle mode lessicali del momento.
La riunione è il luogo degli imprevisti e delle delusioni, il punto di caduta delle ambizioni e la ghigliottina delle felicità individuali. P. era felice per esempio perché aveva scritto un paio di scene di una serie molto attesa ed importante diretta dal grande Regista.
Ma poco prima che la serie uscisse in tv incontrando casualmente il regista colse nel suo sguardo un imbarazzo, un disagio e, sbagliando, gli chiese che cosa avesse: «Ma niente» rispose il regista «solo che per esigenze di copione ho dovuto tagliare le cose che hai scritto».
P. si arrabbiò, ebbe quasi una crisi nervosa ma qui il regista se ne usci con un moto umanitario e con voce da tenore andaluso nell’atto di calmarlo gli mise una mano sulla spalla e pronunciò in modo che lo sentissero anche i distratti passanti della via la frase: «Non ti preoccupare, anzi ricordati: io da ora ti sono debitore».
Anni dopo, incrociandolo in un’altra riunione P. gli ricordò quasi con affetto la vecchia promessa fino a quel momento disattesa e qui il regista senza nascondere una certa irritazione potè facilmente liquidarlo con un perentorio «ma che cazzo dici P.».
Il mio amico R. ha una tecnica sopraffina per risolvere in riunione i problemi: decretare che non sono problemi. Fa parte anche lui di quella serie di figurine che aspirano all’eccentricità ma hanno raggiunto tuttalpiù un malinconico effetto circense, quella bizzarra minima che non sposta gli equilibri, ma solo il malumore. Il mio malumore di oggi:
Odio i capelli lunghi.
I programmi con più di due autori.
La gente comune. Se è comune, perché?
Le insegne spiritose come Mamas and Tapas.
I giudizi sommari.
I giudizi.
Le riunioni.
Chi sta in casa con la tuta.
Chi parla delle malattie.
Le malattie.
Chi spreca le parole.
Le opinioni di chiunque non sia io.
Intanto, una mail del Committente ci ricorda che: «Dovendo consegnare un breve comunicato media sullo show, vorremmo evitare il solito niente che si scrive per annunciare un nuovo programma, ma contemporaneamente senza rivelare contenuti specifici, Vi chiedo quindi di trovare definizione intriganti, come “Fictshow” “Lifentertainement” aggiungendo che si tratta di un varietà con un twist, che unisce Guessing a Comedy, in un affresco altamente spettacolare etc etc etc. Sforziamoci di trovare nuove immagini che possano creare un clima di attesa e di mistero adatto all’Evento e in grado di creare il massimo interesse nel pubblico. Vi appuntate qualche annotazione e poi le sintetizziamo?»
Io vorrei appuntare la seguente riflessione: «Per cominciare, questo programma ha un titolo di merda».
Appunto.
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